Splendore e decadenza. La prima circoscrizione e le innumerevoli contraddizioni.
Un’area di grande fascino, dove le diverse culture ostentano la loro magnificenza attraverso chiese, palazzi e monumenti di grande pregio. Ma è pure un’area piena di contrarietà: criminalità, movida selvaggia, assedio dell’immondizia, pedonalizzazioni senza servizi, assenza di parcheggi, riqualificazioni mancate. Viaggio nella prima circoscrizione di Palermo, dove permangono innumerevoli contraddizioni
di Daniela Giangravè, Liliana Serio, Elèna Vitrano
“Palermo mi sembrò una città al contempo splendida e decadente, il cui aspetto un po’ in rovina mi affascinò moltissimo. Ebbi l’impressione di una città molto diversa dalle altre città italiane, con una sua identità molto particolare e una bellezza tutta sua”.
Daniel Pennac
La prima Circoscrizione in illo tempore era attraversata dai due fiumi Kemonia e Papireto. È senza dubbio la parte più antica della città di Palermo, il vero e proprio centro storico, il suo cuore pulsante, suddiviso nei quattro storici mandamenti:
- La Kalsa (o Mandamento Tribunali)
- L’Albergheria (o Mandamento Palazzo Reale)
- Il Seralcadio (o Mandamento Monte di Pietà)
- La Loggia (o Mandamento Castellammare) Comprende i due quartieri Tribunali-Castellammare e Palazzo Reale-Monte di Pietà.
Sul percorso già tracciato dall’articolo di start up di alcune settimana fa, che introduceva il nostro viaggio attraverso le otto circoscrizioni di Palermo, entriamo nel fulcro della questione.
La prima circoscrizione è, senz’altro, un’area di grande fascino, dove le diverse culture ostentano la loro magnificenza attraverso chiese, palazzi e monumenti dal grande valore storico-artistico.
Ma è pure un’area piena di contrarietà: criminalità, movida selvaggia, assedio dell’immondizia, pedonalizzazioni senza servizi, assenza di parcheggi, riqualificazioni mancate rappresentano le costanti sociali che mettono in crisi l’intero territorio.
Passeggiando lungo via Roma, tra i suoni tipici di una città pulsante di vita, tra ambulanti che vendono le loro merci, turisti dallo sguardo affascinato con il naso in su e bimbi che giocano tra i mille vicoli di questa città senza tempo, giungiamo a Piazza Giulio Cesare, dove vi è la sede della prima Circoscrizione.
Ad accoglierci è il presidente Paola Miceli. Dal 2012 a capo della I Circoscrizione, negli ultimi anni ha indirizzato il suo impegno verso la riqualificazione del centro storico, distinguendosi per l’attenzione rivolta verso quelle attività culturali che in qualche modo possono dare al territorio quel mordente in più di cui necessita per essere rivalutato.
Dopo esserci accomodate, iniziamo la nostra piacevole chiacchierata, chiedendole di farci un quadro sulla realtà sociale dei quartieri.
“La prima Circoscrizione – dice il presidente – comprendendo tutto il Centro Storico, ha la sua peculiarità. Intanto, ha quattro mandamenti e, quindi, quattro realtà totalmente diverse, con aspetti sociali molto articolati. Quello più complesso è rappresentato dall’eterogeneità della popolazione, resa tale dall’alta concentrazione di immigrati. E’ proprio in uno dei quartieri più emblematici del territorio, il quartiere di Ballarò, infatti, che si registra la più alta concentrazione di extracomunitari”.
Richiamati dagli affitti bassi e dalla presenza di connazionali, amici e parenti, numerosi immigrati hanno posto il loro luogo di residenza nel Centro Storico. Hanno trovato lavoro nelle sue vie e nelle sue piazze, hanno fissato la loro rete relazionale, hanno riorganizzato spazi di vita, lavoro e integrazione, prima fruiti da generazioni di palermitani, hanno costruito i loro itinerari quotidiani in un interscambio continuo fra il Centro Storico e il resto della città.
Nei quartieri Tribunali-Castellammare e Palazzo Reale-Monte di Pietà risiedono complessivamente più di 3 mila 500 migranti sia comunitari che extracomunitari.
Un esempio evidente del processo di rifunzionalizzazione avvenuto nel Centro Storico ad opera di gruppi di migranti è quello del centro Santa Chiara e della piazza ad esso antistante, in passato punto di riferimento per generazioni di palermitani, abitanti in questo quartiere, che frequentavano l’oratorio dei Padri Salesiani. Smarrita questa funzione, il Centro, pur continuando ad essere sede di alcune attività destinate ai ragazzi del quartiere, ha iniziato ad essere punto di riferimento per i migranti. “L’Associazione Santa Chiara – riprende Paola Miceli – fa un lavoro di accoglienza che dura da anni, cominciato con Don Meli che introdusse l’assistenza agli extracomunitari quando erano ancora un numero ridottissimo. Oggi, comunque – afferma il presidente – la situazione è diversa”.
Diversa sì, ma l’impreparazione ad accogliere e inserire in schemi ben codificati i migranti, comunque, persiste, provocando situazioni di marginalità non solo sociale, economica e politica, ma anche spaziale.
La presenza degli immigrati conferisce a questa circoscrizione una prima e forte peculiarità che, la contraddistingue, ma non certo l’unica. Pensiamo, per esempio, alla distribuzione della popolazione sul territorio, al di là della sua eterogeneità di cui abbiamo parlato.
Stranamente, da un punto di vista statistico, considerando l’estensione della superficie e la presenza di immigrati, i quartieri del centro storico risultano essere i quartieri meno abitati, pur essendo i più densamente frequentati. “Tutto questo – chiarisce subito il presidente – avviene perché molti immobili sono dichiarati inagibili, trovandosi in uno stato di degrado e di abbandono; anche se, tuttavia – chiosa Paola Miceli – i proprietari li affittano, comunque, in nero e senza rimetterli a posto”.
In seguito a un lungo processo di degrado iniziato con i bombardamenti alleati del 1944 ed aggravato dal ritardo delle opere di risanamento, il Centro Storico di Palermo è stato abbandonato dalla quasi totalità di coloro che vi abitavano; sono entrate in crisi anche le attività produttive e commerciali e i grandi mercati storici.
Il vuoto lasciato dagli abitanti è stato occupato da particolari categorie di persone: immigrati, come abbiamo già detto, studenti fuori-sede e, a risanamento iniziato, famiglie di estrazione medio-alto borghese che vivono, per lo più in immobili già ristrutturati.
Se torniamo indietro nel tempo, la vecchia amministrazione ha messo a disposizione dei contributi a fondo perduto per la ristrutturazione degli immobili. Oggi, purtroppo, mancano i fondi e questo processo, negli ultimi anni, è rallentato.
In una realtà cosi articolata sotto il profilo sociale, non sempre è facile aprire dei punti di dialogo. Però, con l’impegno reciproco tra la popolazione e l’amministrazione, le condizioni per un dialogo si creano. Un esempio è rappresentato dalla riqualificazione di alcuni mandamenti, come il Mandamento Tribunali, ovvero, quando sono state create le aree pedonali. “All’inizio – spiega la dottoressa Miceli – non è stato semplice, perché la pedonalizzazione non è stata accolta con entusiasmo e per questo processo è stato coinvolto l’intero tessuto sociale. Adesso – continua – come verificatosi per le aree chiuse al traffico di via Maqueda, comincia a essere accettato e valutato”.
A proposito della creazione delle aree pedonali, l’area di via Maqueda è nata per caso dopo che all’ex Collegio San Rocco è crollato un tetto.
È stata necessariamente ridotta la zona aperta al traffico con insulti indicibili e ribellioni incredibili al seguito, perché le attività commerciali temevano di fallire, per accorgersi poi, invece, che la gente andava a passeggiare ed era più facile che si aggirasse per quelle vie. In quell’occasione si è formato il comitato di via Maqueda ed è nata così l’idea della richiesta della pedonalizzazione. “Sono stati organizzati incontri dall’assessore Catania, a cui ho partecipato pure io, insieme ai commercianti e ai residenti con cospicue raccolte di firme: un percorso, alla fine, abbastanza condiviso insomma”.
Ci sono stati problemi relativi anche per Corso Vittorio Emanuele, il cosiddetto percorso arabo-normanno. “Anche in questo caso – interviene il presidente – ci sono state iniziali remore e incertezze a mai finire, condite da chiare rimostranze da parte dei commercianti e dei cittadini, e anche da parte della denominata ‘Palermo bene’. Il risultato finale, però – aggiunge – ci ha reso felici.
L’amministrazione sta cercando di dare delle regole e bisogna prendere delle misure drastiche per stabilire una convivenza. Probabilmente si dovrebbe applicare la legge nazionale per la tutela dei centri storici che è abbastanza chiara in proposito e, per quanto, forse, alcune decisioni potrebbero sembrare apparentemente impopolari – come quella di limitare la nascita di troppi locali e pub – sicuramente gli conferirebbero una valore aggiunto e lo ristabilimento dell’ordine civile.
L’intenzione è, comunque, quella di creare altre aree pedonali. “Vorremmo completare con via Roma – agginge Paola Miceli -, ma qui il caso è più complesso perché la via adesso è diventata l’arteria principale. Quando è stato fatto un tentativo in passato, i negozianti di via Roma per protesta hanno abbassato le saracinesche. Ad ogni modo, l’aspetto positivo e confortante è quando le persone si ricredono, perché è umano ricredersi e cambiare opinione. Non è stata di certo la creazione delle aree pedonali ad aver causato la chiusura di negozi conosciutissimi, o se l’economia non gira. Non è un problema che può risolvere l’amministrazione. Anzi, l’isola pedonale dovrebbe invogliare di più”.
Al di là della piena integrazione tra il centro della città e tutto il suo contorno, in cui la prima circoscrizione assume un ruolo chiave, questa porzione di territorio rimane una delle aree socialmente più degradate della città. Un ruolo importante dovrebbe essere svolto dai centri di aggregazione che hanno pure funzione educativa. Ma la prima circoscrizione è assolutamente priva di strutture preposte a svolgere funzione sociale. Pensiamo, per esempio, alle strutture per i giovani: strutture che possano in qualche modo risolvere problemi gravi e diffusi nei quartieri come quello della dispersione scolastica e della scarsa alfabetizzazione. “Ce ne sono pochi – dice in una sola battuta Paola Miceli -. C’è, ad esempio, Padre Bucaro che ha formato un coro. Santa Chiara già nominata poc’anzi. Poi c’è Padre Furnari e pure lui sta cercando di metter su un coro. Però non sono ancora sufficienti. Il problema è sempre uno: una forza fine a se stessa non ce la fa. Non è sufficiente. Proprio come hanno fatto in alcune città – continua – bisognerebbe coordinare tutte le forze, così come dovrebbero fare le stesse forze dell’ordine. Palermo è grande del resto. Ci siamo trovati molto d’accordo nell’avviare un percorso insieme, per poter unire le risorse della Chiesa e le risorse della Pubblica Amministrazione, come avveniva negli anni ‘50-60 in cui al momento di risolvere un problema, ci si sedeva tutti intorno ad un tavolo, ognuno con le proprie idee, chi da laico, chi da cattolico e così via, ma i problemi si affrontavano”.
Anche sotto il profilo economico, la prima circoscrizione vive una situazione di forte disagio. Qui si annidano le fasce sociali più povere della popolazione palermitana.
L’economia dovrebbe essere pulsante, considerando che qui risiedono i punti vendita più importanti della città. Basti pensare ai mercati rionali più importanti del capoluogo: Vuccirìa, Capo e Ballarò. Tutti e tre sono rimasti immutati nel tempo. Romanticamente appaiono agli occhi del visitatore-turista con i medesimi profumi, gli stessi colori, le stesse atmosfere. Nella realtà, hanno perso tantissimo. Per certi versi, si sono svuotati dei contenuti originali. Così come è andata a perdere l’attività originaria, un tempo florida per molti commercianti che, adesso, stringono la cinghia, vedendosi morire, giorno dopo giorno, la propria attività.
Il lavoro di riqualificazione del territorio è cominciato da anni, ma prosegue con lentezza esasperante e non è mai stato completato. Comunque sia, residenti, commercianti, abitanti occasionali, sono tutti esasperati per le promesse non mantenute dall’amministrazione comunale proprio sulla riqualificazione del quartiere.
“Abbiamo lavorato sempre tutti all’unisono – conclude il presidente -. Certo, siamo in una fase in cui l’amministrazione si sta occupando della parte più visibile, ma non si può fare come a casa che, come si suol dire, si spazza e si mette la spazzatura sotto il tappeto. Finito il ‘percorso di facciata’, successivamente bisogna entrare all’interno delle cose e far sì che la gente si riappropri dei propri spazi e che ritorni ad abitare al centro storico e che, soprattutto, possa essere una scelta quella di abitarvi”.