Vincenzo Ceruso, esperto del fenomeno mafia, nell’ultimo saggio “Provenzano l’ultimo padrino”, scritto per la Newton Compton, fa emergere tratti inediti della personalità di un capo che seppe gestire con intelligenza ed equilibrio il suo immenso potere
di Pippo La Barba
La morte di Bernardo Provenzano segna indubbiamente uno spartiacque tra l’epoca dei capi carismatici e un presente per certi versi indecifrabile agli stessi organi istituzionali, ma che non vede comunque sino ad ora emergere figure di tale spessore nel mondo della criminalità organizzata.
Ben documentato e con puntuali rimandi agli archivi giudiziari, il saggio di Ceruso riesce a cogliere l’evoluzione dalla rovinosa stagione delle stragi dal 91 al 93, in cui Cosa Nostra, sotto l’impulso di Riina, era diventata una struttura autonoma, a quella successiva, incarnata da Provenzano, quando si trasforma in una sorta di agenzia criminale, che agisce in maniera sotterranea mettendosi al servizio anche della politica e di poteri deviati dello Stato, mediante operazioni improntate al reciproco tornaconto, in un inquietante “do ut des”. In questa nuova strategia un ruolo preminente ha avuto Vito Ciancimino, personaggio in bilico tra politica e mafia, che viene utilizzato per far decantare le tensioni innescate dalla strategia stragista. D’altronde emerge dagli atti giudiziari una sinergia collaudata tra terrorismo di destra e mafia. Il piano inclinato dello Stato nella ricerca di collaborazioni all’interno del mondo criminale, se da un lato è uno strumento necessario a produrre frutti nel contrasto alla mafia, dall’altro procura alle istituzioni un’inquietante perdita di prestigio e di autorevolezza. La cosiddetta “trattativa”, vera o presunta che sia, acquista nell’immaginario collettivo il sapore della resa.
Di questa strategia collaborativa Bernardo Provenzano rappresenta il più alto interprete e lo rende indubbiamente un personaggio carismatico e dotato di un fascino malevolo. La sua religiosità, piena di simbolismo scaramantico, è sicuramente molto lontana dai princìpi cristiani; ma l’aura di padrino capace di comporre conflitti interni ed esterni, lo pone sopra di una spanna ai suoi predecessori e fa intuire il vuoto nella gerarchia attuale di Cosa Nostra.