A poche ore dalla pubblicazione delle graduatorie nazionali per l’accesso alle facoltà di Medicina e Chirurgia e di Odontoiatria, infuriano le polemiche che nella rete, grazie anche ai numerosi gruppi Facebook, trovano una sede di dibattito tra presunte normative violate e ricorsi.
di Luca Licata e Clara Di Palermo
L’accesso a numerose facoltà universitarie è, ormai, regolato da test di ammissione ma in nessun’altra facoltà questi suscitano polemiche come accade per Medicina. Il numero è obiettivamente esiguo se paragonato al numero dei giovani che si iscrivono ai test di ammissione. In effetti viene spontaneo chiedersi se davvero ci siano tutte queste vocazioni e se il mercato richiede un così elevato numero di medici.
In alcuni paesi Europei e dell’Unione europea, in realtà, pare che negli ultimi anni si laureino un numero sempre minore di medici, diminuiscono i giovani che decidono di prestare il giuramento di Ippocrate, in alcuni casi scoraggiati dal numero di anni necessari (mediamente 10) tra corso di laurea e successiva scuola di specializzazione, prima di approdare a un lavoro, in altri per mancanza di vera vocazione.
Il post Brexit ha registrato una sorta di appello, da parte di numerosi rettori delle università europee, verso i loro colleghi britannici e il governo britannico affinché consentano la continuazione dei programmi Erasmus e la collaborazione tra gli atenei.
Molto spesso si prende come esempio il sistema francese che consente l’accesso praticamente a tutti ma prevede una serie di sbarramenti: se non si superano gli esami del primo semestre non si può accedere al secondo e ancor più dura è la selezione per l’iscrizione al secondo anno.
Negli ultimi anni c’è stato un vero boom di studenti italiani che sono andati in Spagna per studiare Medicina e Odontoiatria.
L’accesso è regolato anche lì da una selezione che tiene conto del voto di maturità, oltre che del punteggio realizzato nella prova per l’ottenimento del PAU, un esame strutturato in due parti. Gli studenti europei che volessero andare a studiare in Spagna devono, obbligatoriamente, farsi rilasciare la “Credencial”, un documento che uniforma il voto di maturità al sistema d’istruzione spagnolo e che, una volta ottenuto, ha validità due anni, in caso fosse necessario ripetere il tentativo di accesso a una università spagnola.
In Spagna, peraltro, sono numerose le Università private presso le quali si può accedere a corsi di Medicina e di Odontoiatria, con costi che prevedono una retta da 9 mila € all’anno fino a quasi ventimila.
Il fenomeno di migrazione verso le università estere, ha creato un vero e proprio indotto, basti pensare a quelle agenzie che si offrono, dietro remunerazione, di pensare a l disbrigo di tutte le pratiche burocratiche necessarie a trasferire uno studente all’estero.
Molto gettonate anche, ci riferiamo sempre alle facoltà della sfera sanitaria, le università rumene, albanesi, tedesche. Ma per provare a dipanare questa ingarbugliata matassa dei test di ammissione all’università, abbiamo chiesto delucidazioni a un esperto.
In un’intervista al Prof. Giuseppe Gallina, Vice-Presidente vicario della Scuola di Medicina, analizziamo le problematiche d’accesso alle facoltà di Medicina e Chirurgia e di Odontoiatria.
Ogni anno ai test di ammissione alla facoltà di medicina seguono, insieme con la selezione degli aspiranti medici risultati idonei in graduatoria, anche una sfilza di polemiche e ricorsi. Dovuti, in larga misura, a errori o, più in generale, ai contenuti presenti all’interno del test di ingresso. Quest’anno, ad esempio, numerose polemiche sono nate attorno alla domanda n. 16, che consentiva due risposte esatte. Per rimediare al grave errore il Miur ha deciso di assegnare a tutti il punteggio di 1,5. Decisione quest’ultima che – a quanto si apprende dai forum degli avvocati specializzati in ricorsi – potrebbe apparire non equa e dunque creare i presupposti, anche quest’anno, per i ricorsi.
Quali sono, secondo lei, la finalità di alcune di queste materie presenti nel test? Chi le elabora?
“Per come è strutturato ritengo il sistema italiano tra i migliori in assoluto. Poiché ti dice subito se sei entrano o non sei entrato. La tipologia dei test non deve essere rapportata agli insegnamenti di primo anno, ma ai saperi dello studente nel momento in cui fa il test: ovvero quelli della scuola media e superiore. Credo, dunque, che il metodo italiano sia uno dei più chiari, poiché attraverso una verifica dei saperi, consente sin da subito di effettuare una graduatoria che limita poi ai posti disponibili”. “Quest’anno i test sono stati decisamente più semplici rispetto a quelli dello scorso anno. Questo perché è venuto meno un criterio di tipo anglosassone, il Cambridge Assessment, che evidentemente risultava poco in linea con la tipologia di cultura media italiana. Quest’anno, infatti, il numero di idonei al test è stato il 94%, quasi il doppio rispetto all’anno scorso”.
Ritiene concreto il pericolo di una fuga da parte di molti studenti italiani che, non riuscendo ad accedere, decidono di andare a studiare in altre università all’estero? Per poi al termine degli studi, rientrare in Italia ad esercitare? Si perderebbe, in questo modo, il senso del numero programmato..
“Non sono d’accordo. Il numero di studenti che si sono presentati a medicina e odontoiatria, negli ultimi anni, è abbastanza stabile. Bisogna, oltretutto, considerare una cosa: tre anni fa sono entrati a medicina e odontoiatria circa ottomila studenti a seguito di ricorsi. Si tratta di uno zoccolo duro di studenti che negli ultimi anni, ogni anno, si riproponeva ai test. Essendo entrati, quindi, a seguito di ricorso, hanno contribuito notevolmente a sfoltire il numero potenziale dei partecipanti ai test di questi ultimi due anni”.
Con questa graduatoria nazionale l’intento è di dare maggiore possibilità d’accesso agli studenti del sud o era meglio prima?
“Se vogliamo ragionare in termini di equità, la graduatoria nazionale è certamente più equa, perché tiene conto di una graduatoria che non è limitata alle regioni o alle singole sedi. La necessità della graduatoria nazionale è stata dettata dal fatto che le graduatorie per singole sedi, determinavano la possibilità che uno studente, in una determinata sede, riusciva ad accedere con un punteggio più basso rispetto ad un’altra sede nella quale, col medesimo punteggio, rimaneva fuori. Questo, negli anni passati, è stato oggetto di numerosi ricorsi. Per il ministero è stata appunto una necessità introdurre la graduatoria unica nazionale, proprio per eliminare i ricorsi amministrativi”.
Ci sono famiglie che non possono sostenere i costi di un figlio che, per studiare medicina, da Palermo si trova costretto a doversi recare a Trieste. Non è anche questa una forma di negato accesso allo studio?
“Questa è una conseguenza. Dobbiamo decidere: seguiamo il diritto, che ha sancito che l’accesso deve essere unico nazionale? Oppure non seguiamo il diritto, seguendo piuttosto le condizioni socio-economiche che prevederebbero, sicuramente, una graduatoria locale, perché tiene conto di condizioni economiche che cambiano da regione a regione, se non addirittura da provincia a provincia, in alcuni casi. Credo, infine, che dalla graduatoria nazionale non ne usciremo più. Proprio perché si innescherebbe nuovamente il meccanismo dei ricorsi amministrativi”.