Nell’avvolgente e calda atmosfera natalizia palermitana, abbiamo il piacere di conoscere e di parlare con Fabrizio Lembo, in arte Faber L. Gray. Giovane uomo di 34 anni, alto, capigliatura molto, molto riccia, voce pacata e rassicurante, sguardo profondo e sincero… Professione: cantante e chitarrista!
di Daniela Giangravè
Un altro validissimo artista dei nostri tempi alle prese con le problematiche e legate alla difficoltà di far concepire la musica come un serio lavoro e in più a tutto questo spesso si associa, tristemente, la mancanza di collaborazione e di solidarietà anche tra gli artisti stessi.
Faber Gray nel 2001 fonda i reDRum, inedito gruppo di inedita musica rock, ma lo ritroviamo anche in altrettanti progetti tra i quali Beverly Marsh nel 2007 e Violavague nel 2012. Due mesi fa circa è stato contattato da un altro gruppo inedito, Bye bye Japan, per sostituire il chitarrista, e da gennaio girerà in tournée in Italia.
Un piccolo passo indietro ci conduce alla fine del 2011 quando nasce a Palermo The Holy Cadillac, progetto e gruppo d’intrattenimento, partorito dalla mente del nostro musicista con il supporto del suo storico compagno di viaggio e contrabassista del complesso Giuseppe D’Angelo. È un connubio perfetto di cover rock ‘n’ roll, in chiave elettrica, con un repertorio che spazia dalla fine degli anni ’40 alla fine degli anni ’60 nostrano e italo-americano, accenni di twist, pop-swing, canzonette italiane e d’oltreoceano: Rock’n’Swing come a Faber piace definirlo. Esuberante reinterpretazione musicale del sogno degli anni ’50 con tanto di bretelle e scarpe lucide. Attualmente il gruppo ha come capisaldi Faber Gray, Giuseppe D’Angelo e Fabrizio Pezzino, batterista e veterano dell’ambiente jazz a Palermo.
Accompagnati dall’intensa aroma di caffè approfondiamo la conoscenza di questo rock revival nel 2016…
Anno 2011- The Holy Cadillac. Parlaci degli albori di questo progetto…
In quel periodo in città non c’erano tantissime band, c’erano le più note che facevano rock’ n’ roll da tanti anni, esperti del genere rock e swing e che continuano a fare musica tuttora… Ad esempio i Jumpin Up e Jakie and his Louders.
Io e Giuseppe D’Angelo abbiamo cominciato in un box e poi abbiamo pensato di inserire anche la batteria. Sono stato di proposito rigido nella scelta di questo periodo per afferrare proprio il rock ‘n ‘roll del ventennio ’40-’60.
La stessa scelta del nome, The Holy Cadillac, non è involontaria e metaforicamente rappresenta la grande epoca degli anni ’50 e il suo sound e talvolta accompagnano le vostre esibizioni anche ragazze con abiti stile pin up…
Quando succede di poter organizzare la serata a tema è molto emozionante. Le coriste in questione le abbiamo proprio ingaggiate per la serata del 31 gennaio di quest’anno e abbiamo collaborato anche con un sassofonista in quell’occasione. Quando è possibile, collaboriamo anche con un pianista. Tendenzialmente siamo in duo o in trio.
Suonate anche in occasione di matrimoni…
Sì, è il mio lavoro e fare il musicista e compositore mi dà da vivere. Persino nella carta d’identità ho fatto scrivere “musicista” e ne sono davvero orgoglioso. Non voglio entrare nel merito di altre discussioni ma penso che tutti i commenti debbano essere critiche positive. È importante non sentirsi mai giunti a destinazione, io sono molto autocritico e cerco sempre il miglioramento. Lavoro con The Holy Cadillac ma anche con gli altri progetti e spesso è difficile perché non sempre chiamano tutti i giorni per lavorare, forse in questo periodo può capitare di più e può succedere che accada per collaborazioni, sostituzioni e quant’altro. Bisogna sempre muoversi. A Palermo si suona tantissimo, checché se ne dica, tuttavia negli ultimi anni si è innescato uno strano meccanismo per cui si suona molto ma si preferiscono le Tribute Band e il gruppo cover. Forse manca la cultura dell’ascolto, l’ascolto del nuovo…
Ci sono brani tuoi personali inediti o del gruppo che vorresti suonare?
Io ho fatto varie serate da solista, voce e chitarra, e solo due volte ho potuto inserire qualcosa di mio perché, ripeto, manca la cultura dell’ascolto e se si canta qualcosa di diverso la gente difficilmente presta il proprio orecchio. Il pubblico che va a sentire un concerto è esiguo e si ha più voglia di ascoltare una canzone conosciuta purché non venga personalizzata altrimenti non la si riconosce.
Un testo musicale legato alla tua infanzia, al tuo percorso di studi o di vita al quale sei particolarmente affezionato…
Hai detto una parola molto importante per me: infanzia. Mi ricollego ad una cassettina che mio zio aveva registrato dalla radio nel 1984 e che da allora ascolto seppur al tempo fossi molto piccolo. Parlo di Loving the alien di David Bowie, ero ancora bambino per capire ma quell’atmosfera, quel testo, mi erano entrati nelle orecchie, nello spirito, nell’anima, nell’umore.