Il CNDDU a fronte della linea adottata da taluni dirigenti scolastici di ordinare unilateralmente il rientro a scuola anche nelle zone rosse per gli alunni disabili, desidera rammentare che la Nota 1990 del 5 novembre 2020 – DPCM 3 novembre 2020 precisa che l’attivazione della didattica in presenza per gli alunni disabili deve essere disposta sulla base di parere espresso dal docente di sostegno, in coerenza con il PEI, e in considerazione della volontà della famiglia di far rientrare l’alunno a scuola.
Parere obbligatorio
Il CNDDU ritiene che il parere in questione debba considerarsi, innanzitutto, obbligatorio. Deve, però, tenere presente che non può darsi altra interpretazione alla circolare che quella derivante dalla lettura del testo. Benché in un’interpretazione teleologica delle disposizioni che disciplinano la funzione docente e, in particolare, la funzione del docente di sostegno (soggetto che insieme agli insegnanti curriculari, agli operatori U.L.S.S. ed agli Eventuali Specialisti o addetti all’assistenza redige il PEI, come previsto dall’ art. 5 del D.P.R. 24/02/1994, assume anche il compito di mediatore tra tutte le parti. Ciò, per via della complessità degli aspetti di cui la redazione del PEI si compone. Nonché, risulta la figura più idonea per valutare l’opportunità di ritornare alla didattica in presenza). Il parere in questione dovrebbe configurarsi vincolante, qualora il dirigente volesse considerare determinante e coercitivo il proprio. Dovrà necessariamente disporre, con autonomo atto motivato, il rientro a scuola dell’alunno disabile anche a fronte del parere contrario del docente di sostegno.
Il parere dell’insegnante di sostegno è assoluto
In tale ordine di idee, nemmeno le decisioni assunte dagli organi collegiali possono compensare un parere negativo del docente di sostegno. Questo, se espresso determina inevitabilmente la necessità di adozione di autonomo atto motivato da parte del dirigente scolastico. Il dirigente dovrà prendere posizione sui singoli aspetti indicati nel parere espresso dal docente di sostegno. Quanto alla manifestazione di volontà della famiglia, occorre precisare che, ad oggi, lo stato delle ricerche smentisce che adolescenti e preadolescenti siano immuni dal virus e, a fronte di un’apparente asintomaticità, si chiarisce quanto segue: Relativamente all’ipotesi di infezione da coronavirus, [a titolo non esaustivo si citano solo due studi] o Lo studio pubblicato su Jama neurology
( https://jamanetwork.com/journals/jamaneurology/fullarticle/2767979 ) conclude che “i bambini possono essere ad alto rischio di una sindrome infiammatoria secondaria. Sindrome, che provoca danni al corpo calloso, area che aiuta i due emisferi del cervello a comunicare tra loro”.
Studi pubblicati
Lo studio pubblicato su EClinicalMedicine (https://www.thelancet.com/journals/eclinm/article/PIIS2589-5370(20)30271-6/fulltext), conferma il rischio di sindrome infiammatoria multisistemica nei bambini (multisystem inflammatory syndrome in children, MIS-C). Una malattia sistemica che si può sviluppare nei bambini una volta esposti al coronavirus SARS-CoV-2. Può arrivare a danneggiare il cuore. Ciò, ad un livello di gravità tale che gli stessi bambini corrono il rischio di dover essere monitorati o trattati per tutta la vita.
I casi sotto analisi
I casi analizzati dai ricercatori dimostrano che la MIS-C può colpire i bambini anche tre o quattro settimane dopo l’avvenuta infezione senza alcun preavviso. Relativamente all’uso di mascherine per bambini e adolescenti, si riporta, invece, quanto dichiarato dalla Dr. Margarite Griesz-Brissons della London neurology& Pain Clinic “ La respirazione della nostra aria espirata creerà senza dubbio una carenza di ossigeno. Ci sono cellule nervose, per esempio nell’ippocampo, che non possono stare più di 3 minuti senza ossigeno. Non possono sopravvivere ”, con la conseguenza dicausare danni neurologici che si evidenziano nel medio e lungo termine.
Il contraddittorio
Va precisato che esistono alcuni studi che tendono a contraddire quanto dichiarato dalla Dr. Margarite Griesz-Brissons, ma ciò non esime dal dovere di informazione esaustiva alla famiglia dell’alunno. In conclusione, pare necessario che le famiglie, prima di ogni decisione, debbano essere adeguatamente informate. L’informazione, secondo il CNDDU, pare doversi configurare quale “ consenso informato ” ai sensi dell’artt. 13 e 32 Cost. , nonché dell’art. 50 del codice penale. E’ manifesto che tanto il dirigente scolastico e il docente che propongono, quanto i genitori che accettano l’ammissione del figlio disabile a scuola in periodo emergenziale, sottopongono lo studente ad un manifesto rischio di contagio.
Tutto va ricondotto al principio di inviolabiltà dei diritti umani
In tale ottica, ogni decisione va ricondotta all’alveo del principio di inviolabilità della persona umana. (Già riconosciuto dal Codice di Norimberga e, da ultimo, confermato anche all’art. 3 comma 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea). Pertanto, è necessario un procedimento ad hoc per ricevere l’accettazione da parte della famiglia dell’alunno, non potendo essere sufficiente una generica accettazione orale o scritta.
Il consenso informato
Il consenso informato per essere validamente espresso deve essere: personale, libero, esplicito, consapevole e specifico. Deve cioè essere espresso direttamente dal soggetto interessato (o chi lo rappresenta legalmente). Non può essere condizionato da pressioni psicologiche. Deve essere espresso in maniera chiara e inequivocabile. Deve essere esplicitato solo dopo aver ricevuto tutte le informazioni necessarie. Ivi incluse quelle relative allo stato della ricerca scientifica in relazione al pericolo di contagio ed alle conseguenze prospettabili. Infine, deve essere specifico, nel senso che l’accettazione da parte dell’alunno/famiglia deve essere indirizzata alla realizzazione di attività didattiche specifiche e, lo ribadiamo, non concesso genericamente.
La sentenza della Cass. Pen. n. 5639/1992
Ricordiamo che nel settore sanitario, la sentenza della Cass. Pen. n. 5639/1992 dispose la condanna per un chirurgo per il reato di omicidio preterintenzionale a seguito del decesso di una paziente avvenuto a causa delle complicanze di un intervento chirurgico eseguito senza il suo consenso. L’attività didattica svolta in periodo emergenziale, pone evidentemente a rischio la salute dell’alunno. Per cui non è da escludere che, in assenza di consenso informato scritto ovvero di un consenso genericamente prestato, anche un dirigente e/o un docente di sostegno possa/no essere individuato/i quale/i responsabile/i di una condotta illegittima rilevante ai sensi del codice penale italiano.
prof. Alessio Parente*
Segretario CNDDU prof. Romano Pesavento * Presidente CNDDU