Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

A proposito degli Oscar

di Massimo Arciresi

Si è tenuta, con poche vere sorprese, l’88ª cerimonia di assegnazione degli Academy Awards. Proviamo a individuarne qualche punto saliente

di Massimo Arciresi

Non ci sono stati grandi sussulti nel corso dell’annuale kermesse cinematografica più prestigiosa (chissà quanto a ragione) del mondo, tenutasi sotto il segno dell’usuale sontuosità la notte tra il 28 e il 29 febbraio presso il Dolby Theatre di Hollywood. Una lunga serata, quella degli Oscar, preceduta da una vibrante (sebbene, alla lunga, un po’ costruita) polemica sulla mancata candidatura, per il secondo anno di seguito, di attori e registi neri, argomento cavalcato, nella sua piena legittimità ma anche nei suoi risvolti paradossali, dal comico afroamericano che ha condotto la serata, Chris Rock, nonché da molti colleghi saliti sul palcoscenico per introdurre una categoria da premiare e dall’attuale presidentessa dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, Cheryl Boone Isaacs, la quale ha già deciso di far aumentare in tempi rapidi i componenti di colore (e femminili) dell’istituzione che rappresenta (ma sarà una soluzione?).

Nell’arco della sbrilluccicante manifestazione, almeno un paio di bizzarrie: la presenza accessoria sul palco di Olivia Wilde, che ha silenziosamente accompagnato sulla ribalta Sacha Baron Cohen nei panni di Ali G (dovevano presentare gli ultimi due lungometraggi in gara; sforamento sui tempi previsti?) e la programmatica mancata esecuzione di due delle canzoni in concorso, “Manta Ray” (dal documentario Racing Extinction) e “Simple Song # 3 “(da Youth – La giovinezza); per la cronaca, in tale campo l’ha spuntata “Writing’s On the Wall”, da Spectre, mentre per la colonna sonora ha prevalso il nostro Ennio Morricone (sue le musiche di The Hateful Eight). Per il resto, si accennava, tutto come da copione, eccetto forse la statuetta per il Miglior Film andata a Il caso Spotlight, che ha vinto anche per la Miglior Sceneggiatura Originale, e quella per il Miglior Attore Non Protagonista: se l’è aggiudicata il bravissimo Mark Rylance de Il ponte delle spie, sbaragliando il toccante Stallone di Creed. Il favorito Revenant si è dovuto così “accontentare” dei riconoscimenti per la fotografia (all’ottimo Emmanuel Lubezki, gratificato per la terza volta consecutiva!), per l’attore (Leonardo DiCaprio, a furor di popolo…) e per la regia (ad Alejandro G. Iñárritu, già insignito l’anno scorso per Birdman).

In effetti, in quest’ultimo caso si sarebbe potuto privilegiare piuttosto l’incredibile talento visivo di George Miller; tuttavia, il suo Mad Max – Fury Road ha ottenuto il maggior numero di allori, tutti tecnici: montaggio, scenografia, costumi, make-up, suono e missaggio. Miglior attrice è risultata la giovane e sempre più affermata Brie Larson di Room, mentre la non protagonista più in gamba per la giuria è la svedese Alica Vikander, probabilmente l’elemento più pregiato di The Danish Girl. D’altronde, è stato il suo anno; basterebbe pensare alla sua magnetica prova in Ex_Machina, peraltro vincitore nel settore degli effetti speciali. Oltre a La grande scommessa, ricompensato per il frenetico script non originale, gli altri titoli fortunati sono l’impressionante Il figlio di Saul (Miglior Film Straniero), il brillante Inside Out (Miglior Film d’Animazione) e l’intenso Amy (Miglior Documentario, incentrato sulla Winehouse). Infine, gli onori per il Miglior Cortometraggio, il Miglior Cortometraggio d’Animazione e il Miglior Cortometraggio Documentario se li sono aggiudicati rispettivamente Stutterer, Historia de un oso e A Girl in the River: The Price of Forgiveness.

Alla prossima; con qualche guizzo in più, speriamo.

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