L’affido familiare si barcamena tra mille difficoltà di varia natura. Quali? Ne parliamo con Giuseppe Sortino, presidente dell’Afap, Associazione famiglie affidatarie Palermo
di Patrizia Romano
Sono migliaia i minori in tutta Italia che, per svariate ragioni, vengono sottratti alla propria famiglia. Si tratta di famiglie multiproblematiche in ‘temporanea’ difficoltà ad accudire i propri figli.
Una valida soluzione alle avversità che la famiglia attraversa è l’affidamento familiare, un istituto giuridico che consente al minore di crescere, ‘temporaneamente’, in un ambiente familiare adeguato, mentre la sua famiglia cerca di superare le difficoltà.
Come funziona? In quanti e quali casi interviene? Come opera sul piano del ricongiungimento? Tutti elementi di una struttura complessa in cui l’amore, purtroppo, non basta a colmare le innumerevoli carenze contingenti. Ne parliamo con Giuseppe Sortino, presidente dell’Afap, Associazione famiglie affidatarie Palermo
Come funziona l’istituto dell’affido in un paese come la Sicilia in cui le famiglie multiproblematiche sono tante?
Nonostante siano state emanate direttive interassessoriali dalla Regione Siciliana, Protocolli d’Intesa e Regolamenti nei vari Comuni, in Sicilia l’istituto dell’affidamento familiare funziona a macchia di leopardo anche in considerazione del fatto che non esistono Centri Distrettuali in grado di occuparsi dei minori in difficoltà sociale residenti nei piccoli Comuni.
L’Afap infatti riceve numerose richieste di informazioni da parte di famiglie dei Comuni limitrofi o da altre provincie e altrettanto numerose sono le richieste di famiglie disponibili all’accoglienza da parte delle comunità per minori, per la maggior parte prive di psicologi specializzati, necessari in tutte le fasi dell’affido: conoscenza del minore e della famiglia d’origine, conoscenza e formazione della famiglia che si propone, abbinamento e sostegno.
Sovente, quindi, accade che le comunità propongano le famiglie disponibili all’affido direttamente ai Tribunali dei Minori, senza una adeguata formazione delle stesse.
Quante richieste vengono inoltrate e quante ne vengono soddisfatte?
Non esistono statistiche da cui si evincano i numeri di richieste d’affido inoltrate, né dati aggiornati sul numero di affidi di tutta la Sicilia. Anche le banche dati relative alle famiglie disponibili sono frammentarie o inesistenti.
Ritiene che la legge sull’affido sia soddisfacente?
La legge sull’affido, a nostro parere, andrebbe rivista anche in considerazione dei numerosi casi di non rientro in famiglia dei minori in affido, i cosiddetti sine die, causati dalla mancata presa in carico delle famiglie d’origine spesso multi problematiche. Si potrebbe pensare contestualmente ad una rivisitazione della legge sulle adozioni per sdoganare i sine die e farli transitare, ove possibile, nelle adozioni miti.
Riteniamo, inoltre, necessario che i decreti di affido debbano essere maggiormente dettagliati, specificando compiti e responsabilità di tutte le figure interessate, dai servizi sociali, ai tutori, alle famiglie affidatarie.
In Sicilia viene sufficientemente recepita dalle istituzioni? Fino a un decennio fa, non riusciva a decollare. Le istituzioni mostravano scarsissima sensibilità. Oggi?
Oggi c’è una maggiore sensibilità nei confronti dei minori, probabilmente anche a seguito dei numerosi sbarchi di migranti provenienti dalle coste africane, che hanno portato al collasso molti centri di accoglienza, deviando, però, un po’ l’attenzione dai minori siciliani. Altrimenti non si spiegherebbe la trasformazione di numerose comunità per minori in centri di accoglienza per Misna.
Sulla carta esiste inoltre una diversificazione tra comunità per minori e case-famiglia: molte case-famiglia, che prevederebbero la presenza costante di due adulti fissi di riferimento, in realtà sono comunità nelle quali esiste un responsabile non residente e vari operatori turnanti.
Presso il Comune di Palermo, dove l’Afap opera, da un decennio a questa parte è stato creato un Centro Affidi che si è sempre occupato di seguire tutte le delicatissime fasi dell’affido. Tuttavia, recentemente, in osservanza alla legge sulla trasparenza, alcune competenze sono state affidate ai servizi sociali territoriali molti dei quali, già oberati da altre competenze, non riescono a tenere il passo con le richieste di sostegno durante gli inevitabili momenti di crisi dell’affido. Peraltro, senza avere a disposizione psicologi per il doveroso sostegno psicologico sia dei minori sia degli affidatari.
Necessario sarebbe creare un Servizio specializzato per gestire tutte le fasi dell’affido: dalla conoscenza dei casi, alla formazione delle famiglie, all’abbinamento, al sostegno psicologico fino alla conclusione dell’affido.
Quali sono i compiti delle Regioni e dei Comuni in materia di affido?
Sostanzialmente le Regioni delegano ai Comuni tutte le attività relative all’istituto dell’affido. In rispetto alla norma nazionale, che prevede la nomina di un Garante regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, risalente all’agosto del 2012, la Regione Sicilia si è adeguata solo nel novembre 2016, nominando il Professore Luigi Bordonaro, che non abbiamo avuto ancora il piacere di conoscere.
Ogni Comune delibera autonomamente e in base alle proprie risorse, sia umane che economiche, le varie competenze in materia di affido e stabilisce l’importo del contributo ordinario previsto dalla legge, nonostante la direttiva interassessoriale numero 320/410 del 17.02.2005 preveda un contributo mensile alle famiglie affidatarie, indipendentemente dal reddito posseduto, rapportabile ad una quota pari almeno a € 400,00 da ridefinire annualmente in base alle variazioni Istat sul costo della vita. Allo stato attuale, il Comune di Palermo prevede un contributo mensile di € 248,00 che eroga annualmente, ma con tempi burocratici ingiustificatamente lunghi.
Come viene recepita dalla collettività? Emerge una certa sensibilità tra la popolazione?
Non è errato affermare che il periodo storico non agevola l’accoglienza. Tuttavia, nella nostra esperienza di promozione dell’affido, abbiamo riscontrato una maggiore sensibilità nel ceto sociale medio.
Come si pone il momento del distacco tra genitori affidatari e bambini?
Due sono i fattori dell’affido che maggiormente spaventano i potenziali affidatari: la gestione del mantenimento dei rapporti con le famiglie d’origine e l’eventuale momento del distacco.
L’affido familiare non può prescindere da una particolare attenzione a quelli che sono tutti gli aspetti psicologici relativi soprattutto ai minori che subiscono il trauma dell’allontanamento dalle famiglie d’origine, la convivenza con altri minori nelle comunità senza un adulto di riferimento, l’inserimento in una famiglia di sconosciuti, con tutto ciò che questo comporta nel caso in cui ci sia già la presenza di figli, la gestione dei rapporti con la famiglia d’origine e l’eventuale rientro del minore presso la stessa.
Per questo motivo chiediamo la costituzione di un servizio specializzato in ogni provincia e centri distrettuali sparsi per la Sicilia per coprire le necessità dei piccoli comuni. Al momento attuale e solo da alcuni mesi, a Palermo il Centro Affidi ha ripreso i gruppi di sostegno per gli affidatari, durante i quali vengono trattate svariate tematiche inerenti all’affido, mentre non esiste più il servizio di sostegno psicologo ad personam.
Cosa possiamo dire del dopo-affido?
Se il progetto d’affido è stato ben pianificato e seguito in tutte le sue fasi, il dopo-affido – se si intende un affido concluso con il rientro del minore nella famiglia biologica – in realtà non esiste. Gli affidatari che sono riusciti a creare un rapporto di collaborazione con la famiglia d’origine, restano comunque punti di riferimento importanti per i minori anche con l’approvazione della stessa famiglia biologica.
Come vivono i bambini questo periodo di allontanamento dai genitori?
Spesso i bambini, nella fase iniziale dell’affido mettono a dura prova gli affidatari, provocandoli in svariati modi, talvolta anche con azioni violente. Agli affidatari è richiesta una grande capacità di ‘mettersi nei panni’ del bambino, usando dolcezza e fermezza e agevolando, ove possibile gli incontri con le famiglie biologiche. Succede anche che, nel momento in cui i bambini iniziano ad affezionarsi agli affidatari, nasca in loro quello che viene definito ‘conflitto di lealtà’ nei confronti dei genitori biologici che può essere superato con la collaborazione di entrambe le famiglie o il sostegno psicologico.
Come sono i risultati finali? Si raggiungono gli obiettivi? Avviene un riallaccio dei rapporti con la famiglia di origine?
Il risultato finale di un affido ben riuscito è l’aver dato un modello genitoriale e familiare diverso e più idoneo alla crescita di un bambino e la conseguente interruzione della ripetizione, spesso generazionale, di scelte sbagliate fatte dalle famiglie biologiche con le quali, salvo casi particolari, si mantengono sempre i rapporti affettivi. Non esiste una casistica sul raggiungimento degli obiettivi ma noi siamo fiduciosi nell’impegno quotidiano, difficile ma sempre amorevole degli affidatari, che svolgono una attività di grande valore sociale spesso non pienamente compresa dalle istituzioni.
In quali di questi passaggi vi inserite con la vostra attività?
La nostra Associazione opera soprattutto nel Comune di Palermo, svolgendo principalmente una azione di promozione della cultura dell’affido e avviando al Centro Affidi del Comune le famiglie e le persone singole disponibili all’accoglienza dei minori, per le necessarie fasi di conoscenza e formazione. Sosteniamo gli affidatari creando momenti di confronto e auto-aiuto. Dialoghiamo attivamente con le istituzioni.