Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Allarme Imu

di Redazione

Nata come Imposta municipale unica, la nuova tassa introduce aumenti stratosferici, mettendo in ginocchio, soprattutto le piccole e medie imprese e generando allarme generale. Le preoccupazioni della Confartigianato di Trapani, un’area, quest’ultima, dove sono ancora molte le micro imprese che lavorano nella cosiddetta casa-bottega.

Imu. Se ne parla da mesi, ma cosa sia è ancora poco chiaro. Quello che sappiamo di certo è che è una nuova tassa che sta inquietando il sonno, già poco tranquillo, degli italiani.

Nasce come Imposta Municipale Unica (Imu) sulla componente immobiliare, atta ad accorpare, in un’unica tassa, l’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef), le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati e l’imposta comunale sugli immobili (Ici).

Il Governo Berlusconi, in realtà, aveva già previsto l’introduzione di questa tassa, a partire dal 2014, limitatamente agli immobili diversi dall’abitazione principale.

Il Governo Monti, dietro al paravento delle disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici, noto come ‘manovra Salva Italia’, ha profondamente modificato la natura dell’imposta, rendendola di fatto una nuova Ici e anticipandone l’introduzione, in via sperimentale, a partire dal 2012, per poi essere applicata a regime a partire dal 2015.

Il presupposto dell’imposta è il possesso di beni immobili, dove per beni immobili si intendono fabbricati e terreni, nonché  l’abitazione principale e le sue pertinenze.

In realtà, la nuova tassa sostituisce l`Ici e investe, ancora una volta, anche la prima casa. Ma su una base imponibile molto più alta e con effetti allarmanti.

A deciderne l’aliquota saranno i Comuni, anche se in realtà non prenderanno un solo centesimo in più rispetto a quanto incassavano con la vecchia Ici. Infatti,  la differenza in più andrà allo Stato. In poche parole, si ritorna a pagare sulla prima casa e in più ci saranno aumenti per tutti gli altri che non hanno mai smesso di versare.

L’unica cosa certa, comunque, è che l’introduzione di questa nuova tassa peserà parecchio sul bilancio delle famiglie italiane. Tra i più penalizzati ci saranno i negozi. Basti pensare che il rincaro sfiora il 76 per cento, ma anche gli artigiani e le piccole e medie imprese pagheranno uno scotto molto alto, tanto da provocare un moto di ribellione generalizzato. Anche la Confartigianato di Trapani esprime il proprio disappunto sull’Imu.“E un’imposta ingiusta per le imprese – dichiara Orazio Bilardo, presidente provinciale di Confartigianato Imprese Trapani -.  Si chiama Imu – continua – ma si legge incubo per le tante piccole imprese artigianali e commerciali della provincia di Trapani, che proprio in questi ultimi giorni stanno facendo i conti di una gabella che rischia di mettere molti di loro in ginocchio. Siamo i primi – sottolinea Bilardo – a dire che le tasse vanno pagate, ma l’Imu, così com’è stata adottata dal Governo, è veramente un’imposta ingiusta –.

Le ragioni della protesta sono tutte nei numeri: gli artigiani hanno sempre pagato l’Ici, che il Governo Berlusconi aveva eliminato solo per la prima casa, ma con l’Imu rischiano di spendere, quando va bene, il doppio. “Stando ai parametri dell’Imu – spiega il presidente della Confederazione – un laboratorio artigiano o una imprese commerciale vengono tassati come una seconda casa di fascia alta, così, chi ha, per esempio, un’officina si troverà a spendere cifre spropositate”.

Ma non finisce qui. “Chi con l’Ici lo scorso anno pagava 3.340,00 Euro – aggiunge Francesco La Francesca, segretario provinciale di Confartigianato imprese di Trapani – adesso non spenderà meno di 5.122,00 Euro, e questo se i vari Comuni del Trapanese decidessero di adottare le aliquote Imu nazionali senza applicare alcun aumento” -.

Una realtà che rischia di assumere toni drammatici nell’area del trapanese, dove sono molte le micro imprese che continuano a lavorare nella cosiddetta casa-bottega.

“Ci sono imprenditori che si sono costruiti il laboratorio negli anni ’60 – riprende Orazio Bilardo – cioè quando il mercato tirava e, quindi, i locali gli servivano per tenerci il materiale e le macchine. Adesso sono rimasti senza dipendenti e lavorano da soli, di conseguenza, a giugno rischiano di dover chiudere perché non hanno i soldi per pagarsi l’Imu sul laboratorio che, magari, utilizzano per un terzo della superficie. Insomma, chiediamo soltanto di pagare il giusto e non oltre le nostre possibilità. Con le banche che non fanno più credito e le tasse che sono alle stelle, l’Imu rischia di essere l’ultima goccia che fa traboccare il vaso” – conclude il presidente provinciale della Confartigianato Imprese di Trapani -.

E, comunque, hanno proprio ragione gli artigiani a lamentarsi. E non solo loro. Il decreto ‘Salva Italia’ reintroduce l’imposizione sulla prima casa al 4 per mille e fissa il resto al 7,6 per mille. Quello che cambia è la base imponibile. Prima l’aliquota si calcolava sulla rendita catastale rivalutata del 5% e moltiplicata per un fattore diverso a seconda dell’immobile. La cosa sconcertante è che, adesso, tutti quei moltiplicatori sono aumentati. Per gli appartamenti passano a 160, mentre prima era 100, per i laboratori a 140, anche questo, prima della manovra era 100, 80, invece per gli uffici, quando il precedente era 50, poi 60 per i capannoni, da 50 e, infine, 55 per i negozi.

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