Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Alle radici della suspense

Alle radici della Suspense. Un importante lavoro di approfondimento sul principale stato emotivo che accompagna la fruizione di un film ben riuscito...

di Massimo Arciresi

 

Un importante lavoro di approfondimento sul principale stato emotivo che accompagna la fruizione di un film ben riuscito (e non solo). Con esempi illuminanti

 

di  Massimo Arciresi

Rimanere in bilico, provare empatia per le sorti pesantemente incerte di un personaggio (si tratti di un fuggitivo che attraversa una trama per intero o di una ragazza indifesa che per un istante non sa di dividere lo spazio di una stanza o di un abitacolo con un assassino), sentire e rielaborare un’angoscia (di solito finta, riprodotta) che si sviluppa su uno schermo… La difficoltà di spiegare un meccanismo – al contempo semplice e complesso – talmente diffuso che regola spesso l’indice di gradimento della visione di un film o di un’articolata serie tv nonché della lettura di un romanzo o (volgendo lo sguardo ai nuovi linguaggi) di una partita a un videogame è l’alto ostacolo che intendono scavalcare gli autori di Suspense! – Il cinema della possibilità (Orthotes, pp. 382, € 23), ovvero Damiano Cantone, direttore della rivista Scenari, e Piero Tomaselli, sceneggiatore e regista, entrambi docenti di Estetica ed esperti di Filosofia. Al punto che, in concreto, risulta piuttosto riduttivo far rientrare la loro voluminosa e minuziosa opera nella categoria dei saggi tout court, trattandosi piuttosto di una preziosa disamina accademica degna di un serio corso di Sceneggiatura, che meriterebbe un’analisi risolutamente più estesa di quella che possiamo permetterci. Peraltro, è un testo che colma una strana lacuna in materia, dato che essa soprattutto nel secolo scorso è stata lambita da eminenti studiosi di cinema e non, qui autorevolmente scandagliati e contestualizzati, i quali tuttavia non hanno mai dedicato uno specifico tomo allo stato di sospensione che investe (di proposito) il pubblico in determinati momenti di una storia, sia essa protendente verso l’azione o verso il dramma (i generi, in effetti, non contano). alfred-hitchcock

Naturalmente una delle fonti di partenza non può che essere Il cinema secondo Hitchcock, la lunga intervista che Truffaut fece al maestro del brivido (che non è sinonimo di sorpresa, come amava sottolineare egli stesso) negli anni ’60, i cui insegnamenti sono rimpolpati dalle teorie e dalle osservazioni di fini pensatori ed esaminatori dell’assai implicata psiche umana (da Lacan a Žižek) e di illustri studiosi della settima arte (da Deleuze a Di Chio). Lo scopo non è tanto trovare una definizione soddisfacente della suspense (ci si schiera sulla scelta ortografico-linguistica del termine sin dalle prime righe), quanto risalire alle sue radici e individuarne effetti collaterali e riflessi. Per esempio, che ruolo gioca il pubblico, avvolto (nella miglior condizione di fruizione) dal buio della sala? Una visione pregressa (con conseguente conoscenza dell’esito delle scene che tengono con il fiato sospeso) sciupa il gusto del coinvolgimento o continua a inchiodare misteriosamente i voyeurs (questo siamo)? E quanto dell’inconscio del regista è riversato nel risultato finale?

In maniera analoga alle ipotesi di Hawking (cfr. La teoria del tutto), Cantone e Tomaselli nella prima parte del loro certosino lavoro si inoltrano nei meandri sovente angusti di ogni eventualità legata a origini e funzioni della suspense, non temendo le antitesi e ricavando di conseguenza le loro impressioni. Il metodo d’indagine applicato si rivela pertinente e attento alle sfumature, atto a innescare paragoni costruttivi fra tesi diverse o fra vere e proprie metodologie narrative. La seconda parte è invece dedicata a un’elaborata catalogazione di Stimmung, ovvero le “tonalità d’animo” – ne sono proposte 30 – identificabili in un particolare lungometraggio (a Memento corrisponde “Identity Trouble”, Ricomincio da capo genera “Beginning/What If”, La cosa rappresenta “Invisible Enemy/Mousetrap, e così via), corredate da titoli associabili, tipologie di emozioni correlative, parole-chiave e incroci con gli altri “insiemi” messi in evidenza. Nella terza e ultima parte, per tirare le fila dell’articolato discorso, una lista schematica e “pratica” di 1000 pellicole riconducibili ai ragionamenti esposti. Una ricca documentazione a suggellare un corposo percorso.

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.