In Sicilia, il problema della presenza dell’amianto è particolarmente sentito, dal momento che questo materiale è presente in quasi tutte le province siciliane. L’Isola è la terza regione d’Italia per rischio amianto, con un’incidenza dell’1,66 per cento ogni 100 mila abitanti. Identikit del minerale assassino.
di Patrizia Romano
Messo al bando 23 anni fa, con la legge 257 del ‘92, l’amianto continua a essere presente in tutta la Penisola, rappresentando, ancora oggi, un grave pericolo per la salute dell’intera popolazione e per l’ambiente.
La sua presenza è ancora molto diffusa in numerosi siti. Secondo dati del Ministero dell’Ambiente, che fanno riferimento al ‘Piano nazionale amianto’, in Italia permangono oltre 33.600 siti d‘amianto. Tra l’altro, il numero, decisamente alto, è inferiore rispetto al numero reale, perché mancano totalmente o parzialmente i dati di alcune regioni dalle quali emerge un desolante vuoto di informazioni non fornite dalle istituzioni competenti. Stiamo parlando, in particolare, della Calabria e della Sicilia.
Ed è proprio su quest’ultima che vogliamo puntare i riflettori.
In Sicilia, il problema della presenza dell’amianto è particolarmente sentito, dal momento che questo materiale, fino a pochi anni fa usato in alcune lavorazioni industriali e per la realizzazione di coperture di tetti e di altri oggetti, è presente in quasi tutte le province siciliane. L’Isola è la terza regione d’Italia per rischio amianto, con un’incidenza dell’1,66 per cento ogni 100 mila abitanti
Le malefiche fibre corrono per lungo e per largo, tra una provincia e l’altra dell’Isola. Tutte, nessuna esclusa, rilevano una forte presenza di amianto sul proprio territorio. Secondo dati emersi dai centri di ricerca, la città più esposta è sempre stata Catania, dove sono state realizzate più di 200 mila metri quadri di coperture in cemento amianto. Segue Palermo con quasi 4 mila tonnellate. Mentre Siracusa e Ragusa si attestano intorno ai 150 mila quadri. Anche Caltanissetta non è da meno, con i suoi 135 mila metri quadri. Sembrerebbero meno compromesse Trapani, Enna e Agrigento con una quantità di amianto che oscilla tra le 650 e 950 tonnellate. Ma, proporzionalmente alla loro estensione territoriale, anche queste tre province registrano una presenza non indifferente.
I siti contaminati in Sicilia sono ancora molti. Riscontriamo siti a Catania, ad Acireale con l’ex stabilimento Pozzillo, Biancavilla, nel catanese, dov’è presente la fluoroedenite, Priolo, in provincia di Siracusa e, con problemi di inquinamento di altra natura, anche Milazzo nel messinese, e Gela in provincia di Caltanissetta, e, poi, sul lungomare di Fiumefreddo con le due ex cartiere, senza dimenticare la situazione dei petrolchimici.
La fibra killer, nonostante le varie operazioni di bonifica, è ancora ovunque. Basti pensare che in Sicilia, il 70 per cento delle coperture dei capannoni e il 10 per cento delle abitazioni civili, in parte sono realizzate in cemento amianto. Nel 30 per cento dei casi si tratta di edifici ad alta densità abitativa.
Possiamo affermare, quindi, che sull’Isola il fenomeno ha dimensioni notevoli: circa 300 aziende hanno fatto uso di amianto e oltre 12 mila lavoratori sono stati esposti. A Palermo e provincia le aziende sono state un centinaio. Almeno 3 mila i lavoratori esposti. A questi vanno aggiunti centinaia di lavoratori edili che hanno collocato, rimosso o fatto uso di prodotti contenenti amianto.
Il ritardo con cui si è proceduto alla messa in sicurezza e alla bonifica, l’assenza, sino a ora, di discariche autorizzate, gli esigui controlli hanno fatto sì che prodotti contenenti amianto siano stati trovati sotto l’asfalto, abbandonati in decine di discariche abusive o sotterrati nei letti dei fiumi.
La commissione sanità, ufficializzando i dati di una strage lunga vent’anni, registra 850 morti, 80 ogni anno, 15 mila persone contaminate.
Che cos’è l’amianto? Caratteristiche del minerale
L’amianto, chiamato anche asbesto, è un minerale a struttura fibrosa, appartenente alla classe chimica dei silicati e alle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli. E’ presente in molte parti del globo terrestre e si ottiene facilmente dalla roccia madre dopo macinazione.
Resiste al fuoco e al calore, all’azione di agenti chimici e biologici, all’abrasione e all’usura. La sua struttura fibrosa gli conferisce insieme una notevole resistenza meccanica e un’alta flessibilità. E’ facilmente filabile e può essere tessuto. E’ dotato di proprietà finoassorbenti e termoisolanti. Si lega facilmente con materiali da costruzione (calce, gesso, cemento) e con alcuni polimeri (gomma, pvc)
La storia dell’amianto
La storia del diabolico minerale inizia in Italia, intorno alla seconda metà dell’800, quando una gentildonna lombarda, tale Candida Ferganzi, pensa bene di valorizzare le cave della Val Malenco, che ricadono sulla sua proprietà.
In quegli anni, l’Italia presenta alcuni campioni del minerale all’Esposizione Universale di Parigi. Ed è subito un grande successo.
Il mercato mondiale per circa dieci anni è nelle mani degli Italiani fino a quando, sul finire del secolo, non vengono scoperti giacimenti più ampi e più ricchi di materiale più pregiato di quelli italiani in altri paesi come il Canada, l’Australia e la Russia.
L’esplosione sul mercato mondiale, infatti, si registra nel 1893, con la prima produzione di cemento-amianto in Austria, che ne prende i natali.
Sin da allora, l’amianto viene considerato un materiale estremamente versatile, economico, con estese applicazioni nell’industria, nell’edilizia e in molti prodotti di largo consumo.
Il suo successo è, comunque, strettamente legato allo sviluppo dello sfruttamento minerario degli anni della prima Rivoluzione Industriale. Il Brevetto del fibrocemento, ossia del composto cemento-carta-amianto è del 1901 e porta la firma dell’ingegnere austriaco Ludwig Hatschek. Poco dopo, lo svizzero Alois Steinmann acquisisce i diritti di produzione del materiale e fonda la Schweizerische.
Sono eventi che ribaltano sulle cronache mondiali, contribuendo a una diffusione sempre più ampia e sempre più massiccia in tutto il mondo.
Inizia l’era dell’amianto. Un’era che trascinerà con sé morte e distruzione.
Aspetto sanitario dell’amianto in Sicilia
Le dimensioni degli effetti tragici dell’amianto sono enormi.
E’ un dato acquisito il fatto che l’amianto sia responsabile di gravi ed irreversibili danni per l’uomo, e, nel corso degli anni, è stata dimostrata anche un’evidente correlazione fra esposizione ad amianto e probabilità di sviluppare alcune specifiche malattie tumorali: asbestosi, cancro polmonare, mesotelioma.
La nocività degli asbesti è ormai riconosciuta da anni e molti studi dimostrano che le interazioni tra fibre e vie respiratorie sono sia di natura fisica sia di natura chimica. Studi specifici, inoltre, hanno nel tempo evidenziato la diffusione di tumori da amianto in alcune categorie di lavoratori che risultano particolarmente esposte: i minatori, i coibenta tori, i lavoratori impegnati in attività di produzione di manufatti in amianto, gli addetti alla manutenzione di mezzi di trasporto coibentati con amianto (treni, navi). A queste categorie, si aggiunge, negli ultimi anni, quella dei lavoratori impiegati in attività di bonifica dell’amianto.
Dagli studi effettuati è emerso che il mesotelioma maligno è associato nella maggior parte dei casi all’inalazione di fibre di amianto e può essere indotto anche da esposizioni di breve durata e di bassa intensità, e si può manifestare anche dopo molti anni dall’esposizione.
L’amianto può determinare effetti cancerogeni per il polmone. Il cancro ai polmoni dovuto all’amianto non appare clinicamente diverso da un cancro ai polmoni senza rapporto con l’esposizione a tale minerale. L’ademocarcinoma sarebbe più frequente nei lavoratori esposti all’amianto.
L’amianto può provocare effetti cancerogeni anche alle membrane sierose. I mesoteliomi vengono ritenuti il tumore spia di un’esposizione ad amianto. Il mesotelioma sembra correlato più al tipo di fibra che all’entità dell’esposizione. Anche un’esposizione di breve durata agli anfiboli comporterebbe un rischio apprezzabile, perché queste fibre tendono a migrare verso la pleura.
Un esposizione prolungata potrebbe essere all’origine di un cancro anche alle vie gastrointestinali e alla laringe. Sul piano clinico, tali cancri sono simili ai cancri alle vie gastrointestinali di altra eziologia.
Insomma, i rischi per la salute sono molto gravi. La fibra che si sprigiona riesce a superare la protezione delle prime vie aeree di respirazione, fissandosi nei polmoni e nella pleura, scatenando le patologie incurabili.
Aspetto giuridico dell’amianto in Sicilia
In Sicilia, esisteva già un Piano Regionale di protezione dall’amianto, il Piano sanitario regionale, ma, al fine di dare attuazione al Piano nazionale amianto 2013, la regione siciliana ha emanato la legge regionale numero 10 del 2014, ‘Norme per la tutela della salute e del territorio dai rischi derivanti dall’amianto’.
Lo scopo della legge è l’eliminazione di ogni fattore di rischio derivante dall’amianto, nonché il risanamento dei siti contaminati. Tutto, entro 3 anni dalla data di entrata in vigore della legge.
Per realizzare questo obbiettivo, è stata prevista l’istituzione di un Ufficio amianto presso il Dipartimento regionale di Protezione Civile, con il compito di coordinare le competenza dei vari enti coinvolti: Arpa, Asl ed enti locali. La legge prevede, inoltre, di completare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il censimento e la mappatura della presenza di amianto nell’intero territorio regionale. Va sottolineato, pure, che il mancato rispetto, secondo la legge, comporta una riduzione percentuale delle risorse assegnate ai comuni in materia di amianto e comunque non inferiore al 40 per cento di quelle spettanti. Si è richiesto ai soggetti destinatari, tra i quali i sindaci dei comuni di fornire le informazioni richieste per il censimento e la mappatura dell’amianto.
La legge regionale cardine per la tutela della salute e del territorio dai rischi derivanti dall’amianto, anche se arriva dopo vent’anni, rimane, dunque, la Legge Regionale numero 10 del 2014.
Tra gli obiettivi principali che si pone la legge, si segnalano un efficace sistema di prevenzione primaria e prevenzione secondaria nonché il riconoscimento della pregressa esposizione dei lavoratori.
Si prevede un coordinamento tra i vari uffici della Regione, finalizzato alla mappatura dei siti a rischio della nostra Isola.
Il punto principale della legge è quello di non dover più esportare dalla Sicilia i rifiuti dell’amianto, ma di creare un impianto che renda l’amianto inerte e lo trasformi in risorsa economica.
Viene inoltre istituito presso l’assessorato al Lavoro il registro regionale dei lavoratori esposti alla fibra killer, con l’obbligo di indicare in quali siti svolgono o hanno svolto la loro attività lavorativa, con le mansioni e i periodi di riferimento, nonché l’insorgenza di eventuali patologie correlate.
La Regione contribuirà, inoltre, alle spese sanitarie e socio-assistenziali dei pazienti affetti da patologie causate dall’amianto, a condizione che risultino iscritte nel registro regionale dei mesoteliomi o nel registro dei lavoratori esposti.
Come noto, in Sicilia, il problema della presenza dell’amianto è particolarmente sentito, dal momento che questo materiale, fino a pochi anni fa usato in alcune lavorazioni industriali e per la realizzazione di coperture di tetti e di altri oggetti, è presente in quasi tutte le province siciliane.
Inoltre, entro due anni dall’entrata in vigore della legge sarà realizzato con fondi comunitari o finanza di progetto un impianto di trasformazione dell’amianto in sostanza inerte in una delle aree a rischio ambientale. L’amianto verrà bruciato ad alta temperatura e trasformato, senza alcun rischio per la salute e l’ambiente, in materiale edile.
I Comuni dovranno cominciare la raccolta, e ognuno avrà un sito di raccolta e stoccaggio temporaneo in attesa della costruzione dell’impianto di riciclo.
Per coordinare tutte le procedure, la legge stabilisce l’istituzione di un ufficio amianto nell’ambito del servizio rischi antropici, ambientali e sanitari del dipartimento regionale della Protezione civile.
Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore, la Regione dovrà fare un vero e proprio censimento delle zone a rischio attraverso un registro pubblico degli edifici, degli impianti, dei mezzi di trasporto e dei siti con presenza certa o contaminati da amianto che sarà istituito presso l’assessorato al Territorio. Sarà obbligatorio indicare il tipo, la quantità e il livello di conservazione dell’amianto, oltre al rischio sanitario e il grado di priorità della bonifica da effettuare.
In realtà, l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, di prodotti di amianto o di prodotti contenenti amianto è stata vietata in Italia con la legge 257 del 1992: quella stessa norma imponeva alle Regioni l’adozione di un piano di protezione dell’amianto e la stesura di un censimento.
Nel 1995 la Regione Sicilia costituì un’apposita Commissione regionale con il compito di realizzare la mappatura dell’amianto presente sul territorio dell’isola; la legge 93/2001 destinò poi all’isola 353 mila euro per l’attuazione del Piano Regionale di Protezione e per la stesura del catasto dell’amianto. Norme disattese e somme mai utilizzate
La competenza per la rimozione spettava alle Regioni e la Sicilia era rimasta, assieme alla Calabria, l’unica regione a non aver provveduto.
La Regione, tramite il fondo europeo per lo sviluppo regionale e quello sanitario nazionale, ha messo sul tavolo 18 milioni di euro per realizzare la totale mappatura delle zone a rischio, per creare i centri di stoccaggio nei Comuni e per realizzare una centrale regionale per la bonifica e il riutilizzo. Fondi anche per i privati cittadini che vorranno eliminare dalle loro case vasche, tubature, tetti in amianto.
Con gli attuali ritmi di bonifica, serviranno ancora 85 anni per liberare il paese dalla fibra killer.
Risultati della legge sull’amianto in Sicilia
E’ giusto precisare, però, che le azioni prese fino ad ora previste dalla legge sono quasi del tutto inesistenti. Dopo 19 mesi dalla legge, pure la nuova normativa rimane disattesa, soprattutto in materia di censimento, mappatura e bonifica.
Siamo già in forte ritardo, basti pensare che il decreto del Presidente della Regione per la nomina dei primi componenti dell’Ufficio amianto è giunto solo il 21 novembre 2014, con oltre sei mesi di ritardo rispetto a quanto previsto dalla legge.
In linea con la normativa nazionale e regionale, dovrebbe essere assolutamente prioritario che l’Ufficio amianto sia messo in adeguate condizioni di lavoro, al fine di procedere prioritariamente all’aggiornamento del Piano regionale amianto, all’avvio della mappatura e allo sblocco dei fondi destinati ai Comuni per gli interventi di smaltimento. La salute dei cittadini continua ad essere messa a repentaglio dall’inazione pubblica che purtroppo si protrae ormai da 23 anni.
Aspetto finanziario sugli interventi di bonifica dall’amianto in Sicilia
La copertura finanziaria prevede inizialmente circa 21 milioni di euro di cui dieci per la trasformazione dell’amianto da materiale pericoloso a inerte pronto per il riutilizzo; dieci milioni per la rimozione dei manufatti in amianto; 10 milioni per gli interventi di bonifica, attraverso un bando a cui dovranno partecipare i comuni siciliani in forma singola o associata per intraprendere azioni di rimozione, trasporto, stoccaggio e trasformazione dei manufatti; un milione nel triennio a disposizione dei Comuni per la prevenzione.
La Regione Siciliana non ha ancora fornito i dati sulle aree a rischio amianto che dovrebbero figurare nella mappa nazionale, così come accade per le altre regioni d’Italia. Eppure nell’isola la presenza del pericoloso materiale ha provocato gravissimi danni alla salute di migliaia di persone, soprattutto in quei comuni dove erano presenti industrie che trattavano il prodotto poi scopertosi cancerogeno”. L’ufficio amianto del dipartimento regionale della Protezione Civile, così come stabilito dalla avrebbe già dovuto trasmettere ai ministeri competenti i dati annuali nonché la mappatura dei siti interessati dalla presenza, anche naturale, di amianto.
Il Ministero dell’Ambiente dal 2003 aggiorna ogni anno, grazie alla collaborazione della Regioni, che hanno l’obbligo di trasmettere i dati entro ogni 30 giugno, la mappa completa della presenza di eternit sul territorio nazionale, il cosiddetto Piano Nazionale Amianto.
Entro la fine di aprile del 2017 in Sicilia dovrà essere totalmente rimosso ogni manufatto in cemento amianto, proprio nel rispetto delle norme vigenti sulla corretta procedura di asportazione, trasporto e stoccaggio del materiale pericoloso che dovrà essere conferito presso l’impianto regionale di trasformazione.
Quanto costa bonificare una zona dall’amianto?
Per capire quanto costa una bonifica dell’amianto, è necessario partire dalle procedure che vanno seguite alla lettera nel processo teso alla rimozione. Il primo atto in tal senso è il piano di intervento da sottoporre alla Asl, quella competente dal punto di vista territoriale, che deve essere seguito dalla delimitazione dell’area interessata. Una volta che sia stata apposta una cartellonistica adeguata, in grado di segnalare anche agli estranei il pericolo presente nell’area, si può passare all’incapsulamento delle superfici che vanno messe in sicurezza o rimosse in maniera definitiva. Una volta che queste siano state imballate, occorre poi procedere al loro trasporto nel punto di stoccaggio, ovvero presso la discarica attrezzata per un materiale così particolare. Infine, occorre dare comunicazione alla Asl dell’avvenuta rimozione. Quanto costa una bonifica dell’amianto, è proprio il risultato delle varie operazioni descritte e può raggiungere quindi livelli abbastanza elevati, tali da far riflettere soprattutto i privati. Per dare una idea abbastanza approssimativa, possiamo affermare che i prezzi possono andare da poco più di dieci euro a circa cinquanta al metro quadrato. Con una tendenza alla diminuzione man mano che cresce la dimensione dell’area da bonificare. La domanda su quanto costa una bonifica dell’amianto deve però tenere nel debito conto anche altri oneri aggiuntivi, come quello relativo ai ponteggi, i quali sono conteggiati a parte e la lontananza della discarica dal luogo della rimozione. Trattandosi di cifre che possono raggiungere il migliaio di euro, converrebbe magari approfittare di altri lavori, ad esempio il rifacimento di una facciata, per ammortizzare meglio il costo.
Rivolgersi a ditte specializzate è necessario.
In Sicilia, molto spesso, il lavoro viene affidato a soggetti improvvisati, che esrcitano la rimozione abusivamente
Aneddotica sull’amianto
Dall’antichità, l’amianto è stato usato per scopi magici e rituali.
I Persiani e i Romani disponevano di manufatti in amianto per avvolgere i cadaveri da cremare, allo scopo di ottenere ceneri più pure e chiare.
Una credenza popolare diceva che l’amianto fosse la lana della salamandra, l’animale che, grazie a questo, poteva sfidare il fuoco senza danno.
Marco Polo sfata questa leggenda e racconta che, filando questo minerale si otteneva un tessuto impiegato per confezionare tovaglie.
Risale al 600 la ricetta del medico naturalista Boezio che dimostra l’uso dell’amianto nelle medicine dell’epoca.
Dall’asbesto si faceva un unguento miracolo per guarire le ulcerazioni alle gambe.
L’amianto è rimasto presente nei farmaci sino ai recenti anni 60 per due tipi di preparati: una polvere contro la sudorazione dei piedi e una pasta dentaria per le otturazioni.
Esistono inoltre, delle aree particolarmente compromesse per la presenza di poli industriali, come gela, augusta, Priolo, Milazzo e Biancavilla.
Quelli che abbiamo indicato, non sono, comunque, dati precisi, perché nonostante le normative sull’amianto emesse sino a ora prescrivessero un censimento a tappeto dei fabbricati e dei siti, ciò è stato fatto solo in parte e soltanto su alcuni edifici.
Negli ultimi anni sono state eseguite opere di bonifica presso le scuole , gli uffici pubblici, ma l’amianto rimane ancora diffuso, perché non è presente solo nei conglomerati cementizi e nelle pareti divisorie ignifughe realizzate agli interni degli stabili.
Perché è così difficile bonificare?
La causa di questo gap è semplice: non esistono tecnologie in grado di trattare l’amianto che deve essere, per forza di cose, tutto smaltito in discariche dedicate. I costi, inoltre, sono molto elevati. Si parla, in media, di centinaia di euro al metro quadro per la sostituzione di Eternit, ma variano da regione a regione. Al ministero arrivano ogni anno le richieste di finanziamento per la bonifica. Quasi tutte le 20 regioni d’Italia hanno fatto richiesta per il risanamento dell’edilizia scolastica: se ne deduce che le nostre scuole pubbliche siano quelle a vivere la situazione d’emergenza più grave.
Il numero totale delle discariche operative, nel 2010, che hanno smaltito rifiuti di materiali da costruzione contenenti amianto, sono 22 (10 al Nord, 4 al Centro e 8 al Sud). Anche qui si tratta di un numero irrisorio non in grado di far fronte ai milioni di tonnellate di materiale pericoloso che ancora non siamo riusciti a smaltire.