Di fronte allo Stato che ha ridotto i trasferimenti e ha pure trattenuto somme delle ex Province come contributo alla finanza pubblica, la Regione è stata costretta a dirottare 140 milioni di euro dalle opere pubbliche del “Patto per la Sicilia” per fare sopravvivere questi enti, con l’impegno che il
governo nazionale li restituirà nella prossima programmazione dei
fondi Fsc.
Il taglio di fondi è un grave danno
Ma un taglio di fondi che fino a pochi mesi fa appariva come una mera
partita di giro contabile priva di conseguenze immediate, oggi con
l’emergenza Covid-19 diventa un gravissimo danno per l’economia
siciliana che avrebbe bisogno di immediati aiuti concreti da Stato e
Regione, con più investimenti per sostenere la ripresa.
Ance Sicilia, quindi, chiede al ministro per il Sud, Giuseppe
Provenzano, di intervenire affinchè il governo nazionale attinga ai
fondi in arrivo dall’Ue per restituire subito questi 140 milioni alla
Sicilia, che non può permettersi di attendere i tempi della nuova
programmazione dei fondi Fsc.
Bisogna aprire i cantieri
C’è bisogno adesso di aprire questi cantieri per dare ossigeno alle imprese, all’occupazione e ai consumi.
Fra l’altro, nel momento in cui il governo nazionale e il Parlamento
col Dl “Sempliicazioni” cercano di sbloccare la realizzazione di
importanti opere pubbliche, la Sicilia rischia di restare doppiamente
beffata, perché proprio quando sarebbe possibile farle mancherebbero i
soldi.
Opere strategiche
Sono opere strategiche già finanziate, come la viabilità e in
particolare il viadotto Akragas la cui chiusura isola Agrigento da 5
anni, o i depuratori attesi da quasi dieci anni e la cui mancanza
costa milioni di euro di multa Ue, ma anche le vie di fuga e gli
interventi per il dissesto idrogeologico, le frane e l’erosione delle
coste.
I reali problemi
Provenzano, da siciliano, ha un motivo in più per battersi, affinchè il
governo nazionale nello stabilire il riparto degli aiuti europei
comprenda anche i reali problemi dei territori provocati, in questo
caso, dal progressivo disinvestimento da parte del potere centrale. E
se Roma non dovesse rispondere, la Regione rimetta quei soldi nel
“Patto per la Sicilia” e valuti soluzioni alternative, come
l’accensione di mutui o il taglio di spese correnti rinviabili o non
proprio necessarie in questo momento.
Addetto Stampa
Michele Guccione