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Archeologia, nuovi ritrovamenti ad Halesa, nel Messinese

Halesa
L’impianto termale venuto alla luce rappresenta un unicum in Sicilia per il ricchissimo apparato decorativo e per le dimensioni, pari a circa 800 metri quadrati, tra i più estesi dell’Isola

di Redazione

Due vani con pavimento a mosaico, un cortile con ali porticate e i resti di un impianto termale: è quanto emerso nell’area archeologica di Halesa Arconidea, a Tusa, a seguito della conclusione della quinta campagna di scavi condotta dall’Università di Palermo, in collaborazione con il Parco archeologico di Tindari e il Comune della cittadina in provincia di Messina.

«L’impianto termale venuto alla luce – ha detto l’assessore ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato – rappresenta un unicum in Sicilia per il ricchissimo apparato decorativo e per le dimensioni, pari a circa 800 metri quadrati, tra i più estesi dell’Isola».

Gli scavi di Halesa hanno portato alla luce anche un vasto complesso monumentale, fino ad ora ignoto, composto da un reticolo di strade, e un nuovo tratto di fortificazioni, utili per la ricostruzione di un nuovo assetto urbanistico della città ellenistica e romana.

«Considerata l’importanza dei ritrovamenti archeologici – ha detto Domenico Targia, direttore ad interim del Parco archeologico di Tindari – il sito sarà immediatamente oggetto di puntuali interventi di restauro conservativo e di messa in sicurezza, al fine di garantirne la valorizzazione e la fruizione».

Non solo Halesa

In Sicilia, come si può leggere anche sul sito della Regione, sono diversi gli impianti termali oggi siti archeologici di rilievo. Ricordiamo, ad esempio, le terme arabe di Cefalà Diana. Dopo una fase di lento abbandono durante la seconda metà del XIII secolo, all’inizio del XIV secolo il sito dei Bagni di Cefalà vede una nuova ridefinizione con l’impianto di un fondaco, attestato dai documenti a partire dalla fine del XIV secolo, e di un mulino a ruota orizzontale.

I bagni termali delle terme arabe di Cefalà Diana


La vita del fondaco appare legata, almeno per tutto il XV secolo, alla via publica Panormi e al Castello di Cefalà. Alla metà del Settecento Niccolò Diana, Barone di Cefalà e fondatore dell’attuale paese di Cefalà Diana, crea l’attuale vasca situata a Sud del muro, divide in tre vasche la precedente unica grande piscina del settore settentrionale, costruisce la volta in calcarenite, probabilmente per il cedimento della precedente volta in mattoni, riorganizza il sistema di captazione, di raccolta e di distribuzione dell’acqua e apre due nuovi ingressi al centro dei lati est ed ovest dell’edificio.
Risale all‘Ottocento la più recente fase di ristrutturazione dell’interno del bagno, quando le vasche sono ristrette, rialzate e dotate di vaschette quadrangolari ed è costruito un largo canale che convoglia gran parte dell’acqua dalla sorgente verso la grande vasca di alimentazione del mulino che sorge a NE del complesso

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