Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

Autonomia differenziata  tra protezionismo ed espansionismo

La crisi spinge tutti a mettersi in salvo liberandosi dai pesi e dalle zavorre. Questa idea protezionistica, se viene adottata dagli USA, si trasferirà, come sta già accadendo, gradualmente all’interno di tutto l’occidente e tutti i Paesi più ricchi adotteranno politiche di difesa nazionale sia a livello commerciale che economico. E, dopo gli Stati sarà la volta delle regioni più ricche, all’interno degli Stati stessi, che si vorranno proteggere da quelle regioni più povere, appunto con leggi tipo l’autonomia differenziata

di Victor Matteucci


Mariella Volpe
, economista,  esperta di politiche macroeconomiche e degli effetti territoriali della autonomia differenziata, sul tema dell’autonomia differenziata, per conto dell’Assemblea del “Forum Disuguaglianze e Diversità“, ha diffuso una nota in cui si afferma che la legge 86 del 26 giugno 2024 (Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario) costituisce un rischio per l’unità nazionale poiché contiene le condizioni per cristallizzare i divari esistenti e aumentare le disuguaglianze.

In particolare, l’economista, avverte che si rischia di pagare i LEP con i fondi di coesione, ovvero, ciò che è un fondo aggiuntivo diverrebbe un fondo sostitutivo accentuando irreparabilmente il deficit di infrastrutture esistente nelle diverse regioni.

Il diritto a pari prestazioni dovrebbe essere garantito dai LEP, i Livelli Essenziali delle Prestazioni, la cui importanza è sancita dall’articolo 117 della Costituzione e ribadita dalla legge 42 sul Federalismo fiscale a firma dello stesso Calderoli. I Lep andrebbero definiti negli ambiti seguenti: norme generali sull’istruzione; tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali.

Sabino Cassese

Ma i 4 esperti, tra cui Sabino Cassese, che componevano Commissione CLEP che avrebbe dovuto in pochi mesi definire questi LEP  si sono dimessi affermando che:

Finché non saranno stati determinati tutti i LEP e ridefiniti in relazione ai loro costi standard gli strumenti e i modi per assicurare a tutte le Regioni un’effettiva autonomia tributaria che consenta loro di finanziare integralmente i LEP medesimi, l’effettiva portata di questi principi resta indeterminata e indeterminabile”.

La legge sull’autonomia differenziata va, dunque, combattuta perché non solo accentuerà la divisione Italiana tra nord e sud, ma determinerà una sorta di balcanizzazione, dividendo il Paese in tanti piccoli Stati che saranno privi di una coerenza politica e privi di una uniformità dei diritti. Inoltre, l’Autonomia differenziata determinerà un ulteriore impoverimento del lavoro che registrerà un ulteriore aumento di vittime, comprometterà le politiche ambientali, colpirà l’istruzione e la sanità pubblica, smantellando definitivamente ogni idea di welfare, penalizzando in modo irrimediabile i comuni e le aree interne. Per tutto questo è importante firmare la richiesta per il referendum, il cui l’obiettivo nazionale, come è noto, è di raccogliere almeno 500mila firme entro settembre. E non è così scontato.

Per fare ciò, il 20 e il 21 luglio è stata lanciata la campagna referendaria in tutta Italia con l’organizzazione di banchetti nelle piazze. La raccolta, che terminerà il 30 settembre, proseguirà dunque per tutta l’estate, con banchetti riconoscibili dal logo della campagna “Contro l’autonomia differenziata Una firma per l’Italia”. Punti di raccolta allestiti nelle principali piazze e borgate di ogni città.

“Invitiamo tutti i cittadini a partecipare deponendo la propria firma per cancellare una legge che dividerà ulteriormente il Paese tra regioni di serie A e regioni di serie B, tra aree forti e aree deboli, allargando i divari sociali ed economici già esistenti anche dentro i territori del nord – è il messaggio di un comitato referendario, quello di Palermo -. Un disegno di legge per noi deleterio, che spacca l’Italia. Già la Sicilia è carente, esistono abbastanza disparità tra Nord e Sud, nella sanità, nella scuola, nei trasporti, nelle infrastrutture, nel sociale, differenze di salari e di diritti. Gli effetti della legge sull’autonomia differenziata sarebbero disastrosi mentre noi vogliamo chiedere che siano garantite ovunque le stesse condizioni di vita”.

Da Trump a Salvini

C’è ovviamente da dire che questa riforma separatista dello Stato si colloca, inoltre, in modo coerente all’interno di una situazione di crisi mondiale. Le parole d’ordine di Trump alla Convention Repubblicana sono state due: deportazione degli immigrati e protezionismo. Scenario mondiale molto simile allo scenario ipotizzato dalle destre in Europa.

Deportazione degli intrusi

Riguardo alla deportazione Gran Bretagna, Italia e Israele si sono già portate avanti con il Piano Ruanda, i centri di accoglienza in Albania e la deportazione del popolo palestinese che non avrà alcuno Stato, così come recentemente votato dalla Knesset. Come si ricorderà l’idea di deportare gli intrusi che minacciavano lo Stato era stata di Hitler, prima della soluzione finale, che aveva immaginato la deportazione degli ebrei in Madagascar , piano poi abbandonato per i tempi e i costi eccessivi. Idee simili, comunque, sono largamente diffuse in tutta Europa.

Protezionismo

Riguardo al protezionismo, Trump individua un altro terreno fertile, largamente condiviso non solo dagli sconfitti tipici della globalizzazione, gli operai e i contadini, ma anche il capitalismo privato nazionale e le piccole imprese manifatturiere, oltre agli Stati che sono stati declassificati e privati di autonomia e sovranità.

Una politica dei dazi, tuttavia, è molto rischiosa perché molti Stati hanno ceduto il loro debiti a Fondi finanziari internazionali o ad altri Stati. In primis gli Usa, il cui debito è nelle mani della Cina. Inoltre, le multinazionali, soprattutto quelle digitali e informatiche che hanno bilanci pari, se non superiori, a molti Stati, non lo consentiranno poiché vivono sulla globalizzazione degli scambi e delle relazioni.

Inoltre, se in un primo momento una politica protezionistica potrà dare relativi risultati riguardo all’aumento dei salari, nel medio e lungo periodo, essa sarà un boomerang perché l’inflazione determinerà un aumento degli interessi sul debito, dal momento che queste economie non garantiranno gli standard finanziari di sostenibilità  e saranno considerate dalle agenzie di Rating  a rischio di insolvenza.

Donald Trump

Nella fase attuale sono indispensabili, dunque, le risorse del famoso “risparmio gestito” che negli ultimi anni si è concentrato nelle mani di pochissimi grandi fondi finanziari, destinati a divenire così essenziali per la vita stessa dei Paesi e, quindi, in grado di dettare le regole del funzionamento dell’economia e della politica.

“Anni di abbattimento del carico fiscale sui profitti e sulle rendite hanno reso l’indebitamento la strada obbligata per finanziare la spesa sociale e, quando l’inflazione, scatenata dalla speculazione, ha spinto le banche centrali al rialzo dei tassi, quel debito è diventato onerosissimo e, dunque, la strada dei grandi fondi, dei “padroni” del mondo, si è spalancata in un duplice modo: con le privatizzazioni, per il costo dello Stato sociale, e con il finanziamento del debito a tassi altissimi. Verrebbe da pensare che l’inflazione speculativa sia stata costruita dai fondi proprio per arrivare qui. In una siffatta situazione, acquistano ancor più peso le agenzie di rating” (Alessandro Volpi — 24 ottobre 2023, Altreconomia).

L’effetto domino dagli Usa alla Lombardia

Dunque, quale prospettiva reale potrà avere un protezionismo che pone dazi alle merci in entrata, considerando che questa logica potrebbe trascinare al default gran parte dei Paesi, danneggiare le multinazionali che hanno delocalizzato le produzioni in Paesi extra occidentali e, soprattutto, scontrarsi con l’opposizione dei fondi finanziari?

Matteo Salvini

Inoltre, questa idea protezionistica se viene adottata dagli USA, si trasferirà, come sta già accadendo, gradualmente all’interno di tutto l’occidente e tutti i Paesi più ricchi adotteranno politiche di difesa nazionale sia a livello commerciale che economico. E, dopo gli Stati, sarà la volta delle regioni più ricche, all’interno degli Stati stessi, che si vorranno proteggere da quelle regioni più povere, appunto con leggi tipo l’autonomia differenziata, in modo da poter disporre autonomamente del gettito fiscale dei propri territori e dell’autonomia politica per sviluppare rapporti strategici con regioni di altri Paesi.

La conseguenza è che si amplierà il territorio di risulta e si creerà un terzo mondo interno nelle periferie e nei territori di sottosviluppo.

Globalizzazione neoliberista

Paradossalmente i progressisti e i democratici spingono sull’innovazione tecnologica e sulla globalizzazione. Ma questa idea dei democratici e dei progressisti di spingere sulla globalizzazione neoliberista è altrettanto drammatica. Questa seconda ipotesi molto cara ai centri finanziari londinesi e al capitale multinazionale ha un altro punto debole che stiamo sperimentando in questi anni. Deve, cioè, garantire l’egemonia americana e del dollaro come moneta di riferimento per gli scambi e impedire ogni ipotesi di multilateralismo come propongono i Paesi BRICS. Inoltre, richiede un continuo espansionismo alla ricerca i nuovi mercati. La guerra in Ucraina e le ripetute provocazioni alla Cina sono la prova di questo limite insormontabile dei Paesi con economie emergenti. Senza contare che il neoliberismo globale sta provocando, anch’esso, oltre alla crisi degli Stati nazione, quelle sacche di povertà dentro l’Occidente che Trump sollecita e agita pericolosamente.

Medioevo prossimo venturo

In entrambi i casi, la prospettiva occidentale è di un medioevo che alza i muri per difendere i feudi e che presidia i confini marittimi per impedire l’accesso agli intrusi e, contemporaneamente, l’espulsione o il confinamento degli esclusi in aree di sottosviluppo interno. Per i poveri del Pianeta, in ogni caso, non cambierà nulla.

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