Il nostro giornale si è occupato a lungo delle dipendenze, della ludopatia soprattutto, cosa che comincia in maniera subdola anche in tenera età, troppo spesso non riconosciuta e sottovalutata anche dagli adulti. Lo stesso è la dipendenza dallo smartphone o da altro dispositivo elettronico. Perché soprattutto gli adolescenti (ma non solo) devono acquisire la consapevolezza che ogni azione che si fa, anche l’utilizzo del cellulare, ha poi una conseguenza. In questo caso anche sulla psiche e sulle capacità di relazione e interazione con il prossimo.
Nomofobia
Questa dipendenza ha un nome: nomofobia, ovvero il terrore, letteralmente, di restare disconnesso e, quindi, tagliato fuori dal mondo digitale, dove ormai in moltissimi si sono costruiti una sorta di identità parallela. Il tutto perché questa realtà parallela è talmente “reale” da far perdere ogni cognizione del tempo, da far sentire la necessità costante di avere il cellulare con la batteria carica… quante volte abbiamo visto, persino in un ristorante, una persona con il caricatore dello smartphone in cerca di una presa. Perché trovarsi col cellulare scarico può scatenare delle vere crisi di panico in chi ha sviluppato la dipendenza.
Benessere digitale vs nomofobia
Avete mai sentito parlare di benessere digitale? È una applicazione messa a punto da Google per monitorare i tempi di utilizzo dello smartphone ma non solo: registra anche come si utilizza.
Soffermandoci sul concetto di benessere digitale, viene spontaneo chiedersi se non ci sia una contraddizione in questa definizione: può il benessere essere legato o subordinato all’utilizzo della tecnologia?
La risposta è semplice: può esserlo se capiamo come utilizzare la tecnologia e non diventarne schiavi, non farci limitare nelle “vere” relazioni sociali che non sono quelle intrattenute sui social via dispositivo.
Non perdiamo di vista il concetto che una dipendenza, anche dallo smartphone, in quanto dipendenza, è pericolosa per l’individuo, ancor di più se giovane o giovanissimo.
Il parere dell’esperto
“La comunità scientifica non è unanime nel ritenere l’uso eccessivo di internet e dei digital devices come una vera e propria dipendenza, paragonabile quindi ad altre come il gioco d’azzardo o la dipendenza da sostanze – ci dice il dottor Giuseppe Maniaci, PhD Psicologo Specialista in Psicologia Clinica e Psicoterapeuta, Dottore di Ricerca in Neuroscienze e Disturbi del Comportamento (UOC di Psichiatria, Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “P. Giaccone”) -. D’altra parte, è sempre più frequente osservare nella pratica clinica i segni e i sintomi che bambini e adolescenti riportano in seguito ad un utilizzo sempre più precoce e sempre più marcato dei vari dispositivi elettronici. Sono irritabili se non hanno il loro smartphone o dispositivo elettronico a disposizione, tendono a isolarsi per utilizzarlo e diventano euforici quando sono connessi”. E questi sono giusto alcuni esempi.
Uso, non abuso
È stato detto e ridetto… la tecnologia dobbiamo usarla per trarne il massimo in termini di profitto per il lavoro o per lo studio, come è stato nel corso di questi ultimi due anni a causa della pandemia. Ma poi il cellulare o il tablet vanno posati e messi da parte. La sera, possibilmente, lasciati in una stanza diversa da quella in cui si va a dormire. Anche la diffusione delle piattaforme per la tv in streaming ha contribuito a un maggiore utilizzo dei dispositivi elettronici che è, spesso, diventato un abuso inconsapevole.
L’effetto sulla psiche
Probabilmente ciascuno di noi avrà difficoltà ad ammettere la propria dipendenza dallo smartphone, ma il tempo che vi trascorriamo senza alcun motivo utile e necessario è davvero tanto. E questo ha un effetto deleterio sulla psiche dell’uomo, figuriamoci su quella dei bambini che, con un utilizzo precoce e smodato, indorato dall’allettante definizione nativi digitali, frequentano il mondo elettronico sin dalla primissima infanzia.
Benessere digitale o malessere?
È bene ricordare che la dipendenza dallo smartphone, a qualsiasi età, non è una meravigliosa abilità digitale ma è un vero e proprio disordine psichiatrico che va sotto la sigla PSU che significa Problematic smartphone usage, cioè uso problematico dello smartphone.
Basta camminare per strada e vedere quanti, ragazzi o adulti, camminano con la testa china sul telefonino che hanno in mano…
Come capire quanto usiamo lo smartphone?
Accedere ai dati di utilizzo del nostro cellulare è molto semplice, si va sulle impostazioni e, a seconda del sistema operativo che utilizza il nostro dispositivo, si troverà l’indicazione gestione digitale o tempo di utilizzo.
Ma non solo: ha una serie di altre funzionalità messe a punto da Google proprio per monitorare esattamente il tempo trascorso anche su uno dei canali social, come YouTube, oppure impostare il tempo di utilizzo di un videogioco.
Ricordiamoci che la tecnologia dobbiamo utilizzarla, non diventarne schiavi e che le relazioni sociali vere sono quelle costruite e coltivate in presenza, non dietro a uno schermo.