Bullismo: in caso di reati a scuola dirigenti e docenti hanno l’obbligo di denunciare
Avv. Dario Coglitore
Il bullismo è una particolare manifestazione di aggressività, di natura sia fisica che psicologica, oppressiva e vessatoria, tenuta in modo sistematico nei confronti di soggetti considerati come bersagli facili e/o incapaci di difendersi.
Molte condotte poste in ambito scolastico, e produttive di danno, vengono ricondotte al fenomeno del bullismo. Gran parte di esse, però, estrinsecandosi in meri atti di inciviltà e di indisciplina, appaiono prive di rilevanza penale e pertanto non sono perseguibili direttamente dalla Autorità giudiziaria; altre condotte, invece (o purtroppo), per la loro gravità ed il danno prodotto dall’alunno alla vittima rappresentano reato.
Con riferimento a quest’ultimo caso è bene, dunque, ricordare che gli insegnanti, qualora durante le lezioni o in ambito comunque scolastico verifichino la commissione da parte di uno studente di un reato perseguibile d’ufficio, sono obbligati a riferire immediatamente all’Autorità giudiziaria l’accaduto.
Tutti gli insegnanti delle scuole pubbliche e paritarie (v. Cassazione penale, sez. V, 12/02/2014, n. 15367; Cassazione penale sentenze n. 6587/91 e n. 3304/1999), infatti, assumono durante l’esercizio delle loro funzioni (che non è limitato alla tenuta delle lezioni, estendendosi alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri con i genitori degli allievi) la qualifica di pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 357 c.p. il quale dispone: “agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”.
Ai collaboratori scolastici, la Corte di Cassazione, sentenza n. 17914 del 2003, ha loro riconosciuto, invece, la qualifica di incaricato di un pubblico servizio “laddove in ragione della spettanza ad esso di funzione di vigilanza sugli alunni, oltre che di quelle meramente materiali di custodia e di pulizia dei locali, può dirsi collaboratore alla pubblica funzione spettante alla scuola”.
Gli insegnanti, quindi, rappresentando fisicamente la pubblica amministrazione nella quale si articola lo Stato, se da un lato godono di speciali prerogative (i reati procedibili a querela se compiuti ai loro danni divengono perseguibili d’ufficio) dall’altro sono soggetti a determinati vincoli fra cui quello previsto dall’art. 331 c.p.p. di riferire eventuali notitiae criminis alla Autorità giudiziaria o ad altra autorità come il comando dei Carabinieri o la Questura. Più in particolare, alla luce della organizzazione propria dell’istituzione scolastica, l’obbligo in questione è assolto “riferendo” in forma scritta l’accaduto al Dirigente scolastico.
L’obbligo di denuncia di reato, sia che il minore ne sia vittima o autore, è sempre previsto.
La denuncia infine deve essere inoltrata anche nell’ipotesi in cui l’autore sia minore di anni 14 e quindi non imputabile.
Il Tribunale dei Minorenni, in tal caso, potrà valutare l’applicazione di misure di sicurezza, quali libertà vigilata o ricovero in riformatorio, che non costituiscono una pena.
Il docente che omette o ritarda la presentazione della denuncia incorre nel reato di cui all’art. 361 c.p., ovvero “omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale”, punibile con la multa da trenta a cinquecentosedici euro.
L’art. 331 c.p.p., quindi, sostanzialmente impone al docente un obbligo di denuncia la cui inosservanza è, a sua volta, un delitto perseguibile d’ufficio.
Nonostante la chiarezza del dettato normativo, purtroppo, molti insegnanti non hanno la percezione di essere investiti di tale obbligo e di incorrere in un illecito penale in caso di inosservanza.
Una buona fetta dell’apparato docente, nonostante i percorsi formativi di centinaia di ore, addirittura ha ammesso di non essere stata informata di tale obbligo (tale circostanza, tuttavia, non può essere invocata come scusante posto che ignorantia legis non excusat).
Ciò deriva probabilmente dall’atteggiamento della scuola ancora oggi centrato esclusivamente sull’aspetto educativo della problematica del bullismo.
E’ certamente giusto educare, recuperare, contrastare e punire i ragazzi per comportamenti negativi, ma tutto questo non basta.
La scuola deve saper superare la resistenza a denunciare i reati di cui è a conoscenza, resistenze talvolta molto forti dovute alla preoccupazione di pregiudicare il rapporto con gli studenti oppure alla scarsa fiducia nella concreta utilità della segnalazione o ancora all’imperativo di non ledere il buon nome dell’istituto scolastico.