La questione dei buoni fruttiferi postali – serie P emessi negli anni 86 e 87
di Agostino Curiale*
Torniamo ancora una volta a parlare della vicenda dei BFP. Sul retro di ogni buono fruttifero postale sono certificati gli interessi spettanti e da riscuotere in relazione agli anni maturati secondo le scadenze segnate sia ventennali che trentennali.
I possessori di tali titoli, dopo essersi recati presso gli uffici postali a scadenza trentennale per incassare quanto spettante, sono venuti a conoscenza che il rimborso non era più loro dovuto secondo i calcoli riportati nella stampigliatura sul retro dei buoni, bensì, secondo un calcolo di interessi molto inferiori e di cui sui buoni stessi non vi era assolutamente traccia.
Al riguardo, risulta, che i detentori di questi BFP non sono stai mai informati da Poste in merito alle sopravvenute modifiche dei rendimenti. E’ lecito sottolineare in tanto, secondo il corretto principio contrattuale instauratosi tra i soggetti possessori dei Buoni e l’Ente, che quest’ultimo avrebbe dovuto informare e quindi adeguare con i nuovi saggi d’interesse ogni singolo buono prima della scadenza.
In realtà, ogni possessore di titoli aveva il diritto di conoscere in tempo i cambiamenti dei rendimenti dei loro buoni e spostare eventualmente il capitale in altre forme di investimento più remunerativi, invece, la cosa assurda è stata che solamente dopo trentanni e all’atto del riscatto questi, ne sono venuti a conoscenza.
Secondo una stima, la percentuale di rimborso di questi buoni a scadenza trentennale, risulta oscillare tra il 46,85% e il 52,40% praticamente pari al valore dimezzato.
Ma cosa è successo realmente
In seguito al mutamento dei tassi di inflazione passati dal 16%, come di metà anni 70, al 4,2%, per ricorrere ai ripari e far fronte ad una svista dell’Ente emittente, il governo ha pensato bene intervenire approvando il Decreto Ministeriale nell’86, i cui effetti, sono quelli fino adesso discussi.
Fermo restando, è chiaro che ciò non può ledere i diritti dei più deboli quali i risparmiatori, molti di essi infatti, per via dei rendimenti soddisfacenti, hanno sottoscritto tali buoni anche a costo di sacrifici e privazioni, e c’è di più, ognuno, secondo la stampigliatura sul retro, aveva fatto dei progetti che, ovviamente, non potrà più realizzare.
Sullo spunto in premessa, vediamo adesso quali sono gli sviluppi giurisprudenziali
In merito alla riscossione dei buoni fruttiferi e agli interessi da applicare alla data di scadenza, è intervenuta la Cassazione a sezioni unite, che con la sentenza n. 13979/2007 ha stabilito che “nella disciplina dei buoni fruttiferi postali dettata dal testo unico approvato con il D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti; ne deriva che il contrasto tra le condizioni, in riferimento al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal D.M. che ne disponeva l’emissione deve essere risolto dando la prevalenza alle prime, essendo contrario alla funzione stessa dei buoni postali – destinati ad essere emessi in serie, per rispondere a richieste di un numero indeterminato di sottoscrittori – che le condizioni alle quali l’amministrazione postale si obbliga possano essere, sin da principio, diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore all’atto della sottoscrizione del buono. (Principio espresso in sede di risoluzione di questione di massima di particolare importanza)”.
Dunque, la Cassazione, sottolineando il principio dell’affidamento del risparmiatore all’atto dell’acquisto dei buoni fruttiferi, afferma che l’errore di Poste nel non riportare i nuovi tassi di interesse da applicare, non possa e non debba ripercuotersi sulla buona fede del consumatore che ha diritto a riscuotere la somma risultante dall’applicazione dei tassi per come riportati sui buoni fruttiferi.
La sentenza specifica che tale normativa, abrogata dall’art. 3 c. 7 del d. lgs. 284/99, è valida solo per i buoni fruttiferi già giunti a scadenza. Tuttavia, da tale sentenza della Cassazione, si evince un principio di carattere generale, cioè, la preminenza delle condizioni riportate sul buono fruttifero, prevalgono sulle modifiche stabilite da decreti ministeriali precedenti o contestuali l’emissione, se il buono fruttifero non è stato integrato con tali previsioni.
Ciò non vale nel caso di intervento di decreto ministeriale intervenuto successivamente all’emissione dei buoni fruttiferi, in quanto il D.P.R. 156/73 (Codice postale), come modificato dal d.l. 460/74, prevedeva che i tassi di interesse dei buoni fruttiferi potessero essere modificati da decreti ministeriali emessi successivamente alla data di emissione.
Secondo una recentissima sentenza, che riguarda i detentori di titoli emessi nell’epoca tra il 1974 e 1986 il Tribunale di Cassino con sent. n. 074/14, del 09.09.2016 si è espresso a favore dei consumatori, affermando che, gli interessi sui buoni fruttiferi devono essere calcolati a pieno rendimento in conformità alle condizioni riportate sul retro dei buoni senza che successive modifiche possano avere effetti retroattivi.
L’emissione del titolo serie “ P ” è avvenuta per mero errore, atteso che detta serie non era più vigente dal 1984, infatti, come si legge nella sentenza n. 6430/2016 emessa dalla quarta sez. civ. del tribunale di Catania, la discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e le indicazioni riportate sui buoni fruttiferi postali offerti in sottoscrizione ai richiedenti deve essere risolta dando la prevalenza alle seconde.
*Presidente A.E.C.I. Sicilia