Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Buoni fruttiferi postali: rischi e vantaggi

Buoni fruttiferi postali: cosa sono, rendimento, rischi e vantaggi

di Redazione

Tra interessi non riconosciuti correttamente e mancati avvisi di prescrizione, l’investimento in buoni fruttiferi postali si sta rivelando “rischioso” per i risparmiatori.
Prima di passare, però, all’analisi sulla redditività e sui rischi ad essi connesssi, chiariamo cosa sono i buoni fruttuferi postali.
I Bfp sono una particolare tipologia di titolo che garantiscono la restituzione del capitale, con annessi interessi, al risparmiatore che ne faccia uso. I Bfp vengono collocati all’interno della rete distributiva di Poste Italiane.

Come funzionano


Il loro funzionamento è piuttosto semplice. Si versa una somma di denaro, sulla quale vengono maturati periodicamente degli interessi. Il detentore dei Bfp può farsi restituire il capitale quando preferisce. Tuttavia gli interessi in genere maturano dopo un periodo di tempo. Periodo, che va dai 6 ai 12 mesi dal giorno di sottoscrizione dei Bfp (ciò dipende dal tipo di Bfp scelto).
I Bfp vengono considerati sicuri poiché lo Stato, attraverso la Cassa Depositi e Prestiti (CDP), si fa da garante sull’investimento. I Bfp sono uno strumento collocato da Poste, ma emesso dalla CDP.

Inoltre, i Bfp, a differenza dei Buoni del Tesoro, non sono soggetti ad oscillazioni di mercato. Ed è per questo che quando si fa richiesta di rimborso, viene restituito l’intero capitale versato. Sui Bfp non ci sono commissioni di gestione, si paga una quota di iscrizione di 50€.

Non tutto è roseo

Tutto bello, quindi? Bhé, non sembra proprio così. Anzi…
Emblematica la notizia di qualche anno fa, della sanzione di 1,4 mln di euro comminata dall’AGCM a Poste Italiane. Sanzione dovuta alla scorretta attività di collocamento e di gestione di buoni fruttiferi postali.

Nel dettaglio, Poste ha omesso e fornito informazioni ingannevoli circa la prescrizione dei titoli emessi. La normativa, a tal proposito, prevede che tali buoni si prescrivano trascorsi 10 anni dalla data di scadenza degli stessi. Rendendoli di fatto non più esigibili laddove il risparmiatore non si presenti in tempo per l’incasso degli stessi. Peccato che Poste, al momento della sottoscrizione, non forniva correttamente ed in maniera chiara tale informazione. Tanto che migliaia di cittadini si sono ritrovati in mano “carta straccia”.

Comportamento scorretto

Un comportamento inaccettabile. A maggior ragione dal momento che i risparmiatori coinvolti, e più in generale quelli che effettuano investimenti in buoni fruttiferi, lo fanno perché si aspettano un investimento sicuro e garantito.

Pur non interessando gli stessi buoni fruttiferi oggetto del provvedimento AGCM, analoga circostanza, si è verificata con la sottoscrizione dei buoni fruttiferi serie Q. Questi ultimi, emessi tra il 1 luglio 1986 e il 31 ottobre 1995). Oggetto della class action promossa da Federconsumatori, per i quali non è stato riconosciuto ai possessori il giusto corrispettivo di interessi loro spettante.

Il caso sanzionato dall’Antitrust

Nel caso sanzionato dall’Antitrust, non essendo a conoscenza dei termini di prescrizione, molti cittadini hanno perso la quota degli interessi maturati e il capitale investito.
Non è sufficiente multare Poste e obbligarla a cessare le condotte scorrette. Occorre che il Governo intervenga affinché i cittadini coinvolti siano risarciti almeno delle somme originariamente investite. Tali fondi, infatti, sono finiti nelle casse dello Stato.

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