La FIL, Fondazione Italiana Linfomi, inizia il nuovo anno con un cambio al vertice: si è insediato, infatti, il nuovo Presidente, J.M. Ferreri.
Classe 1962, originario dell’Argentina, Ferreri è Professore a contratto di Ematologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Vicedirettore dell’Unità di Medicina Onco-Ematologica e Direttore dell’Unità di Linfomi dell’IRCCS Istituto Scientifico San Raffaele, Milano; Membro Fondatore dell’International Extranodal Lymphoma Study Group (IELSG) e membro delle Faculty di numerose società scientifiche internazionali, Ferreri è docente della European School of Oncology.
Esperto di linfomi non Hodgkin e opinion leader nel campo dei linfomi extranodali, è autore di oltre 300 articoli sperimentali e clinici sui linfomi su riviste scientifiche peer reviewed e oltre 330 abstract selezionati per la presentazione a convegni scientifici nazionali e internazionali, con un H-index di 74.
Nel 2011 ha ricevuto l’Ambrogino d’Oro, attestato di Benemerenza Civica del Comune di Milano. Ma conosciamo meglio il nuovo Presidente che ha risposto ad alcune domande per l’InchiestaSicilia.
Presidente, arriva a capo della Fondazione dopo due anni molto difficili a causa della pandemia da Covid-19, che purtroppo non ci siamo ancora lasciati alle spalle: in questo senso cosa si aspetta per il prossimo futuro dal punto di vista sanitario, per i pazienti onco-ematologici e quali raccomandazioni si sente di fare?
“In seguito alla pandemia si è creato uno scenario molto particolare che può essere interpretato come un mezzo bicchiere pieno e un mezzo bicchiere vuoto. Da una parte, c’è stato un enorme numero di progressi scientifici e tecnologici in un periodo relativamente breve di tempo, come mai prima era capitato. Questi progressi possono essere fonte di ispirazione per lo sviluppo di nuovi scenari da applicare a ogni forma di ricerca. Dall’altra parte, è innegabile che la pandemia ha creato enormi difficoltà diagnostiche e terapeutiche, non solo per molti pazienti affetti da linfomi, ma anche per tante persone malate di altri tumori. Molti di loro hanno subito un iter diagnostico estremamente prolungato, spesso con diagnosi tardive, che hanno avuto un impatto negativo sulla prognosi e le possibilità di guarigione. Durante questo periodo la Fondazione Linfomi ha continuato il suo percorso di ricerca clinica, superando molteplici ostacoli”.
Linfomi e Covid
“Tuttavia, dobbiamo riconoscere che la mancanza di percorsi diagnostici-terapeutici per i pazienti contagiati da SARS-CoV-2 ha comportato enormi difficoltà nella gestione dei trattamenti, convenzionali e sperimentali. Questo contesto, purtroppo, si protrarrà nel tempo creando ulteriori disagi non solo ai ricercatori clinici, ma a tutti i professionisti sanitari che hanno a che fare con pazienti oncologici ed oncoematologici. Credo che la raccomandazione più importante riguardi le istituzioni e le società scientifiche. Per le prime, è importante il disegno di percorsi specifici per la gestione di pazienti infettati da SARS-CoV-2 e non infettati, vaccinati e non vaccinati, affetti da altre malattie o meno, in modo da ottimizzare la tempistica del processo diagnostico-terapeutico. Le società scientifiche dovrebbero fare ogni sforzo per restare aggiornate e uniformare la pratica clinica producendo linee guida in tempo reale. Quest’ultimo aspetto è più facile da dire che da fare, perché la pandemia si mostra estremamente mutevole, con continue mutazioni geniche del virus e variazioni nell’efficacia delle terapie antivirali e delle vaccinazioni”.
In quale direzione sta andando la ricerca per la cura dei linfomi? E dove si colloca la FIL?
“La ricerca sui linfomi attualmente si concentra su numerosi aspetti. Sicuramente lo studio dei meccanismi di sviluppo dei linfomi ha subito un importante balzo in avanti grazie ai progressi delle tecniche di laboratorio. Sono anche migliorate le tecniche diagnostiche che oggi permettono una caratterizzazione più accurata dei diversi linfomi, che sono quasi un centinaio di tumori diversi. Riguardo al trattamento, negli ultimi dieci anni, sono state sviluppate numerose strategie terapeutiche che puntano a nuovi meccanismi di azione e bersagli terapeutici, con una maggiore efficacia e minore tossicità. Meritano di essere citate alcune forme di immunoterapia estremamente efficaci e molto promettenti come le cellule CAR-T, gli anticorpi bispecifici e i complessi anticorpo-agente citotossico (chiamati ADC, da antibody-drug complex)”.
Il ruolo della FIL
“Sarà importante nei prossimi anni trovare le migliori combinazioni di questi agenti e i migliori candidati nei quali usare queste terapie. In questo contesto, la Fondazione Linfomi rappresenta la principale organizzazione di ricerca italiana che raduna tutti gli esperti ricercatori e clinici che concentrano i propri sforzi nella diagnosi e nel trattamento dei pazienti affetti da linfoma. La nostra Fondazione, quindi, sarà la principale referente per le aziende farmaceutiche che producono e commercializzano i nuovi farmaci, ma anche per le strutture sanitarie governative che determinano le regole e le strategie di indicazione e approvazione dei nuovi farmaci”.
Quali sono le sfide maggiori che la Fondazione dovrà affrontare nei prossimi anni?
“La sfida più importante che dovrà affrontare la FIL riguarda la disponibilità di studi clinici e di nuovi farmaci per tutti i pazienti affetti da linfoma, per poter dare loro una speranza di vita e di qualità di vita. Spesso, oggi, il percorso della ricerca clinica è troppo lento per affrontare alcune necessità cliniche impellenti dei nostri malati. Altre volte le soluzioni per queste necessità sono di difficile fattura e richiedono enormi sforzi logistici e strategici per sviluppare studi adeguati. La FIL si presenta con una organizzazione valida e articolata, oltre che completa, per poter far fronte a queste sfide”.
Il legame con la Fondazione Linfomi
Può raccontarci il suo legame con la FIL?
“Collaboro con la FIL già da prima che essa esistesse, quando ancora era solo un gruppo di centri ospedalieri amici che, interessati allo sviluppo delle nuove terapie, organizzavano gruppi di lavoro a livello regionale, con risorse limitate ed enormi difficoltà logistiche. Ho seguito nell’arco degli anni tutte le fasi, creazione, crescita e potenziamento e oggi FIL rappresenta, per me e per il mio gruppo, una organizzazione di ricerca insostituibile che ci permette di sviluppare le nostre idee, i nostri studi e di aiutare a fare altrettanto ai nostri colleghi e amici degli altri centri italiani”.
E qualcosa di lei…l’Italia è sempre stata nei suoi pensieri?
“La mia famiglia è di origine italiana, sono nipote di immigrati, e trent’anni fa lo sono diventato anch’io, ma all’inverso. Quando ho dovuto scegliere il futuro per la mia carriera, non ho avuto dubbi, e ho scelto l’Italia, e Milano, per poter cristallizzare tutti i miei sogni e le mie ambizioni professionali. L’Italia ormai è il mio paese, è dove sono nati i miei figli, dove sono cresciuto come persona e come professionista. Questo paese mi ha dato tanto, non mi ha mai fatto sentire uno straniero, e dovrei ringraziare tante persone per tutto l’aiuto che mi hanno offerto. Tuttavia, quando si parla del tango, la buona carne e il calcio, il mio cuore argentino prende il sopravvento”.
Gli obiettivi
Infine, tre cose che intende realizzare durante il suo mandato.
“Quattro, direi. Le mie proposte per questo mandato si concentrano su alcuni aspetti che reputo fondamentali: primo, promuovere il lavoro dei giovani, per dare continuità alla Fondazione Linfomi in termini di expertise e di qualità e quantità di bravi ricercatori. Secondo, promuovere i centri del Sud: hanno le conoscenze e le capacità per sviluppare ricerca di primissimo livello, ma spesso è mancato il loro contributo agli studi italiani e ci si è sempre concentrati sulle capacità e sul lavoro dei centri del nord. Questo scenario deve cambiare. Terzo, vorrei che la FIL non sia solo una fondazione di ricerca che punti alla produzione di ottimi studi di ricerca, ma che si presenti come uno strumento di insegnamento e di aggiornamento per tutte le figure professionali sanitarie che devono diagnosticare e trattare pazienti affetti da linfoma. I nostri esperti devo sapere trasmettere e diffondere le proprie conoscenze. Infine, mi piacerebbe che la FIL possa interloquire e interagire con le strutture ministeriali per permettere che tutti i nostri pazienti abbiano accesso, rapido e sicuro, alle terapie moderne basate sugli ottimi risultati della ricerca clinica”.