Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Cara di Mineo: un ghetto nel cuore del Mediterraneo

di Redazione

Centro di segregazione per gli extracomunitari e  fonte di pericolo per gli abitanti della zona. Negli ultimi tempi, la situazione presso il centro di accoglienza immigrati, nella piana di Catania, è diventata insostenibile

Patrizia Romano

 

Alloggi puliti e ben strutturati, tre pasti al giorno con menù diversificato, acqua calda, consulenza psicologica, un campo di calcio, aule studio, ludoteca, bazar, telefoni pubblici, internet point. Si presentava così, al suo nascere, il centro di accoglienza per immigrati di Cara di Mineo. Una struttura sociale con tutti i requisiti necessari per ospitare i numerosi rifugiati provenienti dalle più disparate parti del mondo.

Nel giro di qualche anno, quella che rappresentava una realtà modello, il fiore all’occhiello dell’accoglienza siciliana, si è trasformata in un lager vero e proprio, dove l’emergenza è diventata quotidianità: un alloggio-prigione all’insegna della precarietà.

Ben 4 mila immigrati, vigilati da 80 tra poliziotti, finanzieri e carabinieri, in un attesa esasperante dell’agognato permesso di soggiorno, costretti a soggiornare nel centro, di controvoglia e spesso privati di diritti fondamentali.

Il Centro di accoglienza per i richiedenti asilo di Mineo è una piaga nella  piana di Catania. Stipati e pressati vivono oltre 5 mila persone. Cinquemila anime senza certezze e senza futuro, alla mercé di tutti, confusi e incerti per l’avvenire delle prossime ore. Chi entra, infatti, non sa se e quanto ci resterà, in attesa di decisioni prese attorno e in funzione dei continui dibattiti politici sul diritto d’asilo.

Intanto le lobby che nascono attorno alle remote opportunità di business sugli immigrati continuano a tramare per il SuperCara 2013 e 2014. Meglio ancora se 2015. Stanno tutti lì a spartirsi, senza ritegno, la ricca torta della supervigilanza delle migliaia di disperati.

Intanto, per l’erario è un’emorragia continua di denaro. I costi di gestione sono, infatti, sempre più insostenibili. Basti pensare che soltanto l’affitto dell’ex villaggio di Mineo ha un costo di sei milioni di euro l’anno. Per non parlare, poi, dei soldi versati per la gestione diretta del Cara che riguardano gli alimenti, i vestiti e altro ancora. A questi costi si aggiungono quelli relativi alla manutenzione generale del residence, l’acqua, la luce, eventuali danni alle infrastrutture, i costi per le trasferte delle Commissioni territoriali per la concessione del diritto d’asilo e gli stipendi del personale sanitario e, soprattutto, addetto alla vigilanza.

Con il Cara a pieno regime, duemila ospiti fatturerebbero complessivamente 17.736.000 euro più Iva.

Nulla lascia presagire cose buone per il futuro dei richiedenti asilo di Mineo. Da mesi la situazione langue nell’incertezza dei tempi di definizione delle domande d’asilo. La Commissione territoriale, attivata più di due mesi dopo l’apertura del campo, esamina poche decine di casi a settimana. Per accelerare i procedimenti, era stata prevista la costituzione di una sub-commissione da affiancare a quella di Siracusa, ma dall’autunno scorso si è tornati ad una sola operativa, dimezzando i casi esaminati settimanalmente. Così vi sono richiedenti che attendono di essere sentiti da oltre un anno.

Trovarsi all’interno della struttura è come  muoversi in una sorta di purgatorio e ci si sente come tra color che son sospesi. Camminando, affondi i piedi nelle pozzanghere, ti imbatti di continuo in uomini in divisa

La tensione si percepisce a fior di pelle e rappresenta una mina vagante che minaccia di scoppiare tutti i giorni e quando esplode si contano danni molto gravi. Oggi è diventata una situazione insostenibile e non più rinviabile. Un centro di segregazione per gli extracomunitari e una fonte di potenziali pericoli per la sicurezza dei siciliani.

In questo caos, non si capisce quali siano le iniziative poste in essere dal governo della Regione per garantire e tutelare sia la popolazione locale sia le migliaia di extracomunitari  radunati.

Non ci si rende conto che I primi hanno il  diritto di vivere serenamente nelle proprie case, gli altri  ad essere liberati dall’ingiusto status di segregati che si concretizza attraverso l’espletamento dell’intero iter burocratico, troppo lento per ottemperare a tutte le richieste di asilo e che può durare fino ad undici mesi.

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