Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

CGIA, per il Covid, tutti più poveri. Il Sud torna indietro di oltre 30 anni.

Il rischio è che la gravissima difficoltà economica che stiamo vivendo in questo momento sfoci in una pericolosa crisi sociale

di Redazione

A causa del Covid, quest’anno ogni italiano perderà  mediamente quasi 2.500 euro (precisamente 2.484), con punte di 3.456 euro a Firenze, di 3.603 a Bologna,  di 3.645 a Modena, di 4.058 a Bolzano e addirittura di 5.575 euro a Milano. In Sicilia le cifre più contenute riflettono un’economia che arranca: a Siracusa 1.500 Euro, a Ragusa 1.451, a Palermo 1.355, a Catania 1.352, a Messina 1.320, a Caltanissetta 1.235, a Trapani 1.154, ad Agrigento 1.099, A Enna 1.051.

Lo studio della CGIA di Mestre

A stimare la contrazione del valore aggiunto per abitante a livello provinciale ci ha pensato l’Ufficio studi della CGIA che, inoltre, ha denunciato un altro dato particolarmente allarmante: anche se subirà una riduzione del Pil più contenuta rispetto a tutte le altre macro aree del Paese (- 9 per cento), il Sud vedrà  scivolare  il Pil allo stesso livello del 1989. In termini di ricchezza, pertanto,  “retrocederà” di ben 31 anni. Su base regionale Molise, Campania e Calabria torneranno  allo stesso livello  di Pil reale conseguito nel 1988 (32 anni fa) e la Sicilia nientemeno che a quello del 1986 (34 anni orsono).

Gli artigiani mestrini tengono a precisare che i dati emersi in questa elaborazione sono sicuramente sottostimati. Aggiornati al 13 ottobre scorso, non tengono conto degli effetti economici negativi che deriveranno dagli ultimi DPCM che sono stati introdotti in queste ultime due settimane. Altresì, precisano che in questa elaborazione la previsione della caduta del Pil nazionale dovrebbe sfiorare quest’anno il 10 per cento, quasi un punto in più rispetto alle previsioni comunicate il mese scorso dal Governo attraverso la NADEF (Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza).

La crisi delle imprese

Con meno soldi in tasca, più disoccupati e tante attività che entro la fine dell’anno chiuderanno definitivamente i battenti – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo –   rischiamo che la gravissima difficoltà economica che stiamo vivendo in questo momento sfoci in una pericolosa crisi sociale.  Soprattutto nel Mezzogiorno, che è l’area del Paese più in difficoltà, c’è il   pericolo che le organizzazioni criminali di stampo mafioso cavalchino questo disagio traendone un grande vantaggio in termini di consenso. In questa fase di emergenza, pertanto, tutto ciò va assolutamente evitato,  sostenendo con contributi a fondo perduto non solo le attività che saranno costrette a chiudere per decreto, ma anche una buona parte delle altre, in particolar modo quelle artigianali e commerciali, che, sebbene abbiano la possibilità di tenere aperto, già da una settimana denunciano che non entra quasi più nessuno nel proprio negozio. Infatti, solo se riusciremo a mantenere in vita le aziende potremo difendere i posti di lavoro, altrimenti saremo chiamati ad affrontare mesi molto difficili”.

Se nel breve periodo alle imprese sono ancora indispensabili massicce dosi di indennizzi, nel medio-lungo periodo, invece, bisogna assolutamente rilanciare la domanda interna, attraverso una drastica riduzione delle tasse alle famiglie e alle imprese per far ripartire sia i consumi che gli investimenti.

Pressione tributaria insostenibile

“Con una pressione tributaria insopportabile, una burocrazia opprimente che ingiustificatamente continua a penalizzare chi fa impresa e un calo degli investimenti molto preoccupante che colpisce soprattutto quelli di natura pubblica, c’è un’altra grossa criticità che rischia di penalizzare tante piccole e medie imprese. Ci riferiamo alla nuova misura introdotta dall’Unione Europea in materia di credito. Per evitare gli effetti negativi delle esposizioni scadute, dal primo gennaio 2021 Bruxelles ha imposto alle banche di azzerare in 3 anni i crediti a rischio non garantiti e in 7-9 anni quelli con garanzie reali. Ovviamente, l’applicazione di questo provvedimento indurrà gli istituti di credito ad erogare con estrema cautela i prestiti alle imprese, per evitare di dover sostenere delle forti perdite di bilancio nel giro di pochi anni”.

Livelli occupazionali a rischio

La preoccupazione, conclude la CGIA, riguarda la tenuta occupazionale. Se nei prossimi mesi il numero dei disoccupati fosse destinato ad aumentare a vista d’occhio, la tenuta sociale del Paese sarebbe a forte rischio. Grazie all’introduzione del blocco dei licenziamenti, quest’anno gli occupati scenderanno di circa 500 mila unità. Un dato certamente negativo, ma lo sarebbe stato ancor più se la misura sopracitata non fosse stata introdotta dal Governo nel marzo scorso.

In termini percentuali sarà sempre il Mezzogiorno la ripartizione geografica del Paese a subire la contrazione più marcata (-2,9 per cento pari a -180.700 addetti). Sicilia (- 2,9 per cento), Valle d’Aosta (-3,3 per cento), Campania (- 3,5 per cento) e Calabria (-5,1 per cento), invece, saranno le regioni più “colpite”. Tra tutte le 20 regioni monitorate dall’Ufficio studi della CGIA, solo il Friuli Venezia Giulia, invece, parrebbe registrare una variazione positiva (+0,2 per cento), pari, in termini assoluti, a +800 unità. Un risultato, quest’ultimo, che, comunque, nelle ultime settimane è peggiorato notevolmente. Pertanto, non è da escludere che anche in questa regione il dato a consuntivo possa diventare negativo.


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