«Non possiamo continuare a commemorare vittime che sono mariti e padri di famiglia. Il lavoro è sacro, ma è anche sacro potere tornare a casa la sera». Un grido unanime quello che si leva dai lavoratori che, ancora una volta, si ritrovano a piangere compagni, amici, parenti per una mancanza di sicurezza sul posto di lavoro che non si riesce sempre di più a garantire. Con la conseguenza che c’è chi pensa che possa essere sia normale morire per lavoro».
«In tantissimi casi i lavoratori salgono sui ponteggi sapendo di rischiare – afferma Nicola Trubia, lavoratore della “D’Agostino Costruzioni”, l’impresa che sta realizzando l’anello ferroviario di Palermo – ma cosa dovrebbero fare? Se i contratti sono precari, a tempo determinato, potrebbero mai dire di no alle condizioni che vengono proposte loro? Io mi ritengo uno fortunato, dove lavoro oggi, ma anche quando, per 18 anni, ho fatto il capocantiere insieme a mio fratello. Noi non abbiamo mai avuto alcun infortunio sul lavoro, ma non sono pochi quelli che subiscono mobbing da parte dei loro capi. E di questi ultimi, non troverai nessuno a protestare in piazza».
A scendere con le bandiere dei sindacati non sono, infatti, mai tanti
Ma semplicemente per il fatto che quanto accaduto a Casteldaccia è l’ennesima tragedia annunciata sulla quale non tutti possono esprimersi liberamente. Pena la perdita del posto di lavoro.
«Non ne usciamo più finché non si abolisce le tipologie di contratto precario che costringe il lavoratore a sottostare a regole di silenzio affinché contini a portare il pezzo di pane a casa – aggiunge Vincenzo Di Vita, Fillea Cgil Palermo -. Il problema è che qualunque protesta, denuncia, ogni manifestazione non basta se non arriva la risposta dal Governo, dalle istituzioni, dagli enti preposti, da Asp e ispettorato. Praticamente da tutti coloro i quali avrebbero il compito di vigilare e che neanche ascoltano il grido “non si può morire per lavoro”. Nel frattempo, però, non possiamo più permetterci di fare la conta dei morti in attesa del prossimo incidente. Casteldaccia si poteva evitare. Quella a cui stiamo assistendo è una strage perché una cosa è l’infortunio, che ci sta, può capitare, un’altra è la mancanza di prevenzione».
Le denunce? Possono essere fatte anonimamente, ma funzionano?
«Quando la denuncia arriva all’ispettorato – si inserisce Andrea Li Muli, presidente dell’assemblea generale della Fillea Cgil- questo non è mai nelle condizioni di muoversi tempestivamente. Così cala il silenzio su tutto. Il lavoratore non si sente ascoltato e non ha il coraggio di andare avanti. Subentra la rassegnazione e la frustrazione. Vorrebbero, per esempio, partecipare alle manifestazioni. Ma, essendo con contratto a termine, si spaventano perché perdono la giornata di lavoro, il datore di lavoro si infastidisce perché crea un disagio all’azienda. Non si fermano davanti al pericolo che si corre e che ti porta, lo ripetiamo, a morire per lavoro».
Nel caso in cui decidi di andare via, però, dietro l’angolo ce ne sono tanti altri pronti a sostituirti
«Io ho lavorato per anni in una grande azienda di cemento – aggiunge Li Muli – una realtà nella quale si osservano le norme. Ma anche lì, nonostante tutto, c’è sempre quel margine di paura. Meno di 15 giorni fa, un operaio è deceduto perchè, entrato in una cabina elettrica, è stato investito da una fiammata. Tre giorni di agonia, poi non ce l’ha fatta. Viviamo un momento molto particolare e non possiamo più essere leggeri».
Il risultato? Vite a perdere che impongono di scegliere
«Siamo al punto di non ritorno – spiega Francesco Lucchese, componente della segreteria regionale con delega alla sicurezza di Cgil- torniamo sempre al punto di partenza, non riuscendo a fare passi in avanti rispetto a una situazione che si trascina da anni. Anche perché, quando si sono palesate possibilità di trovare soluzioni, queste stesse soluzioni non vengono messe in pratica. Se, per esempio, vogliamo analizzare il quadro rispetto al territorio siciliano, oltre ai problemi condivisi a livello nazionale riguardanti il mondo del lavoro, combattiamo contro il problema degli appalti e dei subappalti e, a cascata, contro la riduzione dei diritti».
Spalmato su tutto il Paese il tema della precarietà
«Laddove la precarietà è imperante, i diritti vengono meno anche rispetto alla possibilità di rivendicare semplicemente un rinnovo del contratto. Così, stai zitto e fai buon viso a cattivo gioco perché se inizi a protestare o a lamentarti non lavori più. Una condizione – prosegue Lucchese – che ci accomuna al resto d’Italia, anche se noi disgraziatamente abbiamo specifiche problematiche territoriali: per esempio, una carenza atavica di ispettori sul lavoro, che è disarmante e vergognosa perché parliamo di 78 fugure in forze tra Ispettorati del lavoro provinciali e quelli mandati da quello nazionale. Figure che, però, non hanno autonomia territoriale e che, quando escono per fare i controlli, vengono anche trattati malissimo perché visti come un corpo estraneo. Se consideriamo che ogni ispettore dovrebbe controllare ogni giorno 12 aziende, ci rendiamo conto che è letteralmente impossibile: un’ispezione fatta bene, infatti, richiede un tempo non inferiore a una settimana. Gli ispettori tecnici che devono controllare i ponteggi, per esempio, dovrebbero essere poco meno di 200, ma non arrivano a 80. Basta fare qualche conto ed ecco il quadro nel quale ci muoviamo tutti».
Insomma, una situazione dalla quale sembra non si voglia uscire, ma che non fa tuonare solo chi è preposto o si pensa sia più logico che lo faccia. Una voce che arriva da Cinisi, dove si stanno celebrando le attività per il 46esimo anniversario dell’omicidio mafioso di Peppino Impastato.
«La nostra voce si leva per chiedere sicurezza sul lavoro, dopo l’ennesima strage, quella che ha ucciso 5 operai di Casteldaccia PA, con un sesto operaio ferito gravemente – parla “Casa Memoria impastato” -. Purtroppo non si tratta di incidenti, ma di morti sistemiche. La nostra vicinanza alle vittime e alle loro famiglie. Chiediamo di mettere al centro la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori; questo dovrebbe essere basilare in un Paese civile e democratico»
.Per approfondire: https://www.inchiestasicilia.com/vite-a-perdere-prendere-o-lasciare/