Ci ritenta per la seconda volta. Dopo la candidatura alle amministrative del 2017, l’architetto Ciro Lomonte, si rimette in discussione per la poltrona di primo cittadino di Palermo.
Sostenuto, questa volta, da Siciliani Liberi (di cui è segretario nazionale), Italexit e Popolo della Famiglia, Ciro Lomonte ritenta la sorte a Palazzo delle Aquile, con uguale determinazione. La stessa determinazione, mostrata dai tre gruppi politici che lo sostengono. Non hanno avuto dubbi, infatti, nel puntare diritti sul suo nome, presentando una lista unitaria e compatta.
Probabilmente, nell’immaginario collettivo, quella di Lomonte e dei gruppi che lo sostengono viene vista come una candidatura anonima. Dei nomi poco incisivi e poco rilevanti sullo scenario politico.
Certo, in realtà, non parliamo di grossi schieramenti. Ma per chi ha la sensibilità e la capacità di guardare oltre le cose, vede in questa candidatura, la possibilità di compattezza, compostezza, organicità anche in politica.
Senza compromissioni di potere
E’ bello scoprire che anche in politica, si può agire senza necessariamente passare da giochi strategici che mirano al potere. Così, come è bello constatare che non sempre in politica, le candidature devono, per forza, attraversare compromessi e rivelarsi il frutto di subdole trattative di mercato.
E l’esempio, in questo percorso elettorale per le amministrative di Palermo, ci viene dato proprio dalle piccole realtà e, apparentemente, magari, poco significative.
Ma, proprio per questo, meritano la nostra attenzione. Attenzione che andrebbe distolta dalle grosse coalizioni e dai grossi nomi che circolano in questa campagna elettorale. “Forze” veramente “forti”, che danno, ancora una volta, il peggio della politica. Un’immagine deleteria che passa tra manifesti cartellonistici che svettano dall’alto e manifestazioni propagandistiche, finiti, poi, in discarica, solo perché i giochi, alla resa dei conti, sono, subdolatamente, cambiati.
Intervista a Ciro Lomonte
Alla luce di tutto questo, vogliamo conoscere meglio le piccole realtà che si contrappongono a quelle forti e di potere. Abbiamo, pertanto, scambiato quattro chiacchiere con lo stesso Ciro Lomonte.
Le tre forze che sostengono la candidatura di Ciro Lomonte
L’Inchiesta Sicilia – La sua candidatura è sostenuta da Siciliani Liberi (di cui è segretario nazionale), Italexit e Popolo della Famiglia. Chi sono queste realtà?
Ciro Lomonte – Siciliani Liberi è un partito fondato nel 2016 dal prof. Massimo Costa con lo scopo di liberare la Sicilia dalla condizione di colonia dell’Italia, in cui versa sin dal 1816, cominciando da un risveglio della coscienza identitaria soffocata da una propaganda asfissiante. Si tratta di una colonizzazione concreta e pesantissima. Lo Stato Italiano sottrae ogni anno più di 10 miliardi di euro di imposte degli stessi siciliani, lasciando alla Regione Siciliana anche gli oneri che nelle altre Regioni sono a carico dello Stato. Siciliani Liberi ha contribuito alla nascita di Autonomie e Ambiente, una federazione di realtà territoriali che stanno tentando di liberare popoli dalle radici plurimillenarie da uno Stato centralista e statalista. Siciliani Liberi è stato ammesso nell’ Alleanza Libera Europea, il quarto raggruppamento per numero di deputati al Parlamento Europeo.
Il Popolo della Famiglia
Il Popolo della Famiglia è un soggetto politico di ispirazione cristiana che mette al centro la dottrina sociale della Chiesa, il diritto alla vita, la centralità della famiglia, la dignità della persona e la sussidiarietà.
Italexit
Italexit, il partito guidato da Gianluigi Paragone, propone una visione della politica incentrata sul primato dei cittadini e sulla difesa dei diritti del lavoro, della piccola e media impresa, dei commercianti e dei ristoratori contro l’assalto delle multinazionali che vorrebbero sostituire la creatività e il genio italiani con una piatta omologazione fatta di ripetitività e di sfruttamento.
L’Inchiesta Sicilia – Come si coniugano queste tre realtà nel sostegno alla sua candidatura?
Ciro Lomonte – L’accordo è stato raggiunto dopo un anno e mezzo di consultazioni, avviate da Siciliani Liberi alla ricerca di un candidato ideale per la rinascita di Palermo Un candidato, che fosse espressione del più grande numero possibile di realtà estranee ai partiti italiani tradizionali. Non pensavo affatto di essere io il designato, poiché preferirei continuare a dedicarmi alla creatività ed alla formazione dei giovani. Peraltro, cercavo una nuova Elda Pucci, la donna sindaco che a metà degli anni Ottanta fece molto per la città, in un solo anno di governo.
Condivisione tra i tre gruppi
I tre gruppi politici che hanno costituito la lista a mio sostegno condividono l’insofferenza verso l’emergenza democratica che stiamo vivendo, in Sicilia e in Italia. Siamo d’accordo sulla necessità di coniugare alla ribellione a questo sistema oppressivo (un’autentica ribellione della bellezza più vera) la concretezza della nostra proposta politica. Che è focalizzata su un nuovo e migliore sviluppo economico, quello che a Palermo è stato sistematicamente negato proprio per colpa delle Amministrazioni che si succedono alla guida della città dal 1993.
Punti del programma
L’Inchiesta Sicilia – Quali sono i punti salienti del vostro programma?
Ciro Lo Monte – Al primo posto c’è lo sviluppo economico. Che passa anche da una valorizzazione autentica, e non macchiettistica come quella fatta da Orlando, della straordinaria bellezza di Palermo, erede di una tradizione di ricchezza che forze estranee a questa Terra soffocano in modo intollerabile. Il vero sviluppo passa anche dalla capacità di rimettere le famiglie al centro della politica comunale. Riducendo la pressione fiscale, specialmente per chi mette al mondo figli, e offrendo servizi adeguati a chi li vuole educare con passione a Palermo.
In una città ferita dal Sacco di Palermo, che è continuato impunemente anche nei lunghi anni della gestione Orlando, sviluppo significa rigenerazione radicale delle periferie, sostituzione graduale degli edifici più brutti e fatiscenti e una nuova impostazione di strade, piazze e parcheggi. Sviluppo infine sono l’aumento consistente dei mezzi pubblici su gomma, ricorrendo agli autobus elettrici ormai diffusi in tutti il mondo.
Fine agli sprechi
E fine degli sprechi: mettendo da parte sia il progetto di estensione del tram sia la vergogna della raccolta indifferenziata dei rifiuti, che vede Palermo e Catania all’ultimo posto fra le città italiane per raccolta differenziata. Una fonte di ricchezza che in questa città e a Catania si è voluto deliberatamente ignorare per continuare ad ingrassare i signori delle discariche, inclusa quella pubblica di Palermo.
Infine, ma assolutamente centrale, è l’esigenza di rinnovare completamente il management delle aziende partecipate, portandovi giovani capaci di liberarne l’enorme potenziale al posto degli attuali ex politici o amici dei politici.
Seconda candidatura: attese e prospettive
L’Inchiesta Sicilia – Lei scende in campo per la seconda volta. Reduce dalla precedente candidatura alle elezioni del 2017, cosa si aspetta in più da questa nuova candidatura?
Ciro Lo Monte – La prima volta fu per me un’esperienza totalmente nuova. Una candidatura di testimonianza. Servì molto a dare visibilità a Siciliani Liberi. Ciò non toglie che io ci abbia creduto davvero. Come ci credo adesso, con maggiore consapevolezza delle forze in campo e con spirito di sfida.
Obiettivi
Gli obiettivi principali sono tre: restituire speranza ai miei concittadini, talmente disgustati dai partiti italiani da pensare che al peggio non ci sia mai fine. Entrare in consiglio comunale per dare battaglia e difendere gli interessi dei palermitani. Infine – perché no? – provare a diventare primo cittadino al servizio di tutti i cittadini. Può sembrare un’illusione. Eppure vanno tenuti presenti gli scenari italiani e internazionali. Il sistema attuale potrebbe crollare da un momento all’altro. L’economia è in ginocchio. L’euro potrebbe avere i mesi contati. Se cadesse, cadrebbe immediatamente l’Unione europea. A quel punto non basterà più che la gente mi fermi per strada ringraziandomi. Se non mi fossi candidato non sarebbero andati a votare. No. Bisognerà che le persone libere (in questa città sono la maggioranza) si decidano a farsi carico del governo della cosa pubblica al servizio del bene comune.
L’Inchiesta Sicilia – Lei è un architetto. Come vede sotto il profilo urbanistico la città di Palermo?
Ciro Lomonte – Un disastro. Una delle capitali più belle del mondo, cresciuta in armonia con un territorio incantevole, è stata trasformata dal Piano Giarrusso del 1885 e dal Piano Regolatore del 1962 in una delle metropoli più brutte e congestionate del mondo. Parlo dei principi di sviluppo delle nuove parti edificate, non dei singoli episodi architettonici che, a volte, sono di straordinaria qualità.
Gli scempi urbanistici del passato
Lo stesso Teatro Massimo, in sé un’opera unica nel suo genere, è stato costruito sventrando una parte consistente della città antica, senza creare un intorno coerente.
È urgente una pianificazione urbanistica coraggiosa. Bisogna elaborare un programma intensivo di sostituzione. Non solo permettendo di costruire nuove architetture secondo criteri qualitativi al posto degli orribili casermoni che prima o poi verranno abbattuti, anche per il degrado inesorabile del calcestruzzo armato, ma anche modificando l’impianto di strade e piazze. Occorre ridisegnare la città: bella, vivibile, libera dal traffico. Per questo è indispensabile rendere autosufficienti i quartieri, dotandoli di tutti i servizi, secondo il criterio dei “dieci minuti a piedi”, e potenziare i mezzi pubblici di trasporto. Questa deve diventare una città di città, anche dal punto di vista del decentramento amministrativo.
Bilancio dell’amministrazione Orlando
L’Inchiesta Sicilia – Cosa c’è da prendere e cosa da scartare dell’attuale amministrazione, che si accinge a diventare ex?
Ciro Lomonte – Ci sono dei fenomeni che presentano aspetti simili. Dopo la caduta del muro di Berlino, nel 1989, gli orfani dell’Unione Sovietica non sono riusciti ad ammettere (neanche a sé stessi) gli errori di un modello in cui credevano ciecamente. Per loro era una religione. Dopo Tangentopoli, nel 1992, gli orfani della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista hanno vissuto di nostalgie, idealizzando luci e nascondendo ombre di una stagione di potere da cui hanno ricevuto tanti privilegi. Di fronte al drammatico – drammatico per la capitale della Sicilia – inverno della cosiddetta “primavera di Palermo”, gli orfani di Leoluca Orlando continuano a decantare successi di una lunghissima stagione in cui l’immagine è stata usata come paravento per nascondere la realtà. E la realtà è sotto gli occhi di tutti.
Una città distrutta
La città è distrutta dal punto di vista fisico: strade, marciapiedi ed eterni cantieri. E finanziario, essendo ormai ad un passo dal dissesto. Per sostenere il sistema clientelare elefantiaco messo su da Orlando e Miccichè, le cui famiglie gestiscono Palermo fin dagli anni ’60, l’amministrazione comunale ha dilapidato immense risorse economiche. In 40 anni di governo, da prendere restano la riapertura del Teatro Massimo ed il coinvolgimento delle scolaresche nella conoscenza e nella presentazione dei gioielli architettonici di Palermo. Un’idea nata dal vulcanico provveditore Mario Barreca e fatta propria dalla compianta Alessandra Siragusa, quando era assessore. Pestifera invece l’imposizione di questo tipo di linee tranviarie.
Odia i palermitani
Questa Amministrazione Comunale odia i palermitani, affermazione che potrebbe sembrare esagerata, ma non lo è affatto. Lo si è notato di nuovo nella gestione dell’emergenza sanitaria, durante la quale la Giunta ha toccato vertici di sadismo nei confronti di attività produttive e commerciali. Oppure nell’inazione per fronteggiare la crescita vertiginosa della povertà. O, ancora, il problema dei senza casa.
Sono stati anni terribili, sono cresciute vertiginosamente la povertà e l’emigrazione. Quando il sindaco attuale dichiara “missione compiuta”, si ha la sensazione che il suo obiettivo fosse proprio questo: trasformare Palermo in un cimitero. Di bare insepolte.
L’Inchiesta Sicilia – Per una sua scelta, si candida con delle forze poco conosciute o che, comunque, fanno poco clamore propagandistico. Quali chance pensa di avere, puntando su schieramenti un po’ anonimi sullo scenario politico vero e proprio?
Ciro Lomonte – La domanda è molto pertinente, come tutte le altre del resto. Non sottovalutateci, c ’è una percentuale crescente di elettori che si astiene dal voto. Si sono raggiunte punte del 65%. I dieci anni della scalata al potere del Movimento 5 Stelle, con tutte le promesse disattese, hanno accresciuto il senso di impotenza dei cittadini. Che oggi, a parte noi, non avrebbero chi votare, per esprimere il proprio dissenso rispetto alla folle gestione che ci ha portati in queste condizioni.
Non ho alcuna fiducia nei partiti italiani, ai quali molti mi hanno chiesto di aderire per potere influire sul cambiamento del sistema dall’interno. I partiti con sede a Roma, Firenze, Milano, Genova, sono tutti interessati a sfruttare la Sicilia senza dare nulla in cambio.
Il controllo del voto
Il metodo è sempre lo stesso. Più o meno piccoli feudatari del voto controllano persone asservite dal bisogno. Disposte a non protestare di fronte ad evidenti ingiustizie in cambio di favori personali. Personalità come Salvatore Aldisio e Bernardo Mattarella sono state particolarmente abili: clientelismo (e violenza) in cambio della mancata attuazione dello Statuto Siciliano. No! Il sistema si combatte dall’esterno del sistema dei partiti italiani, peraltro sempre più esautorato dal 1992 ad oggi. Ormai sono servi senza midollo spinale della finanza internazionale.
Quello che i siciliani sanno
I siciliani lontani dai compromessi lo sanno. E attendono. Calati juncu ca passa ‘a china! Si piegano, all’apparenza docili e rassegnati, in attesa del momento del riscatto. Sto lavorando a questo, a catalizzare un processo di ribellione. Non importa che sia io a raccogliere i frutti, il mio compito è provare ad accelerare i tempi. Il giorno in cui milioni di siciliani comprenderanno che è possibile riprendersi in mano il proprio destino nessuno potrà fermarli. I palermitani hanno bisogno di riconoscersi in gruppi sempre più numerosi di loro concittadini appassionati, innamorati di Palermo, liberi per davvero. Ecco perché ho scelto personalmente il motto “Palermo sia fiera di Palermo!”. I palermitani debbono tornare ad essere orgogliosi della propria identità. Ecco perché mi piace il leone bronzeo di Mario Rutelli, nell’atto di spezzare le catene. È un simbolo dal fascino inequivocabile.
Che spazio per la candidatura?
L’Inchiesta Sicilia – C’è ancora spazio per una candidatura non infarcita di inciuci e trattative politiche di mercato?
Ciro Lomonte – Non solo c’è spazio, è indispensabile! Di fronte al teatrino che ha portato ai candidati attualmente in lizza, piuttosto freddi nei confronti di un popolo che – messi alle strette – mostrano di non stimare né amare, è importante che scenda in campo qualcuno che non baratti il destino di Palermo con le poltrone dell’ARS o del Parlamento Italiano. O con qualche posto di sottogoverno.
Cittadini liberi
Sono necessari palermitani liberi! Sono in tanti, ma vanno organizzati con pazienza, in modo da dirigersi compatti verso obiettivi condivisi. Anche per questo vi sono molto grato per questa intervista. Percepisco una vera e propria congiura del silenzio da parte dei mezzi di comunicazione nei confronti della mia candidatura. Ordini di scuderia? Non saprei dirlo. In ogni caso sono un ulteriore brutto segnale, in una Repubblica in cui dovrebbe vigere la libertà di informazione. Voi mi avete dato la possibilità di dare la mia versione dei fatti. Vi ringrazio di cuore.