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Clochard bruciato vivo: “un gesto atroce” dice Mons. Lorefice

di Redazione

“Un gesto atroce”. L’Arcivescovo di Palermo, Mons. Corrado Lorefice, commenta così l’episodio del clochard bruciato vivo. “È terribile, perché se un uomo è capace di fare un gesto di questo genere vuol dire che il cuore realmente sta diventando di pietra, un cuore che si indurisce, che perde se stesso, che perde la propria identità, e su questo io non posso che esprimere la mia indignazione. È un gesto che si consuma anche nei confronti di gente che comunque porta dentro un disagio, il segno di una povertà non solo materiale. I
poveri ad alcuni possono dare problemi, anche fastidio, ma non è assolutamente ipotizzabile un atto scellerato del genere”.  Era Marcello Cimino, il clochard che questa notte è stato bruciato vivo mentre dormiva sotto il portico della Missione San Francesco in Piazza dei Cappuccini a Palermo.
“Ci sono clochard che sono “nostri”, nel senso che sono del luogo e altri che vengono da fuori, sono stranieri – ha proseguito Lorefice -. A Palermo abbiamo tante realtà. Penso soprattutto alla realtà di Biagio Conte che ospita più di mille persone. Abbiamo strutture della Caritas dove possiamo ospitare, ma noi sappiamo che i clochard non sempre accettano. Per esempio, l’uomo ucciso stanotte tutti i giorni andava alla mensa dei Frati cappuccini a pranzo e poi alla sera andava al “Boccone del povero” per la cena, però non voleva assolutamente
essere ospitato in una struttura. La situazione è quella di una città che sempre di più, quando succedono queste cose, dovrebbe non riuscire a trovare una giustificazione. Se non si riesce a rispettare neanche
la libertà personale di chi sceglie di stare in mezzo alla strada, non possiamo assolutamente pensare di essere arrivati, anzi, dobbiamo fare di tutto, lavorare su una cultura della non violenza. A vedere anche le immagini il cuore si strappa: è impensabile che un uomo sia capace di fare un gesto così efferato. Noi tutti siamo sempre di più interpellati a ripensare alla nostra vita in altri termini, a ripensarla dai più fragili. Questa è una cosa che sento come vescovo: una città degli uomini non può che ripensarsi a partire dai più fragili”.
Per il direttore della Caritas diocesana, don Sergio Mattaliano “a Palermo non c’è una guerra contro i senza fissa dimora. Come Caritas noi non lo conoscevamo. Non si era rivolto a noi in passato per chiederci aiuti. Ma la dinamica brutale della sua morte ci lascia sgomenti. A Palermo sono tante le persone in stato di povertà, che non hanno dove andare a mangiare o a dormire e che chiedono di essere accolte nelle strutture che forniscono assistenza. La difficoltà a fare fronte a tutte queste richieste purtroppo non aiuta a evitare guerre tra poveri ed episodi di questo genere”.

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