“Colui che più possiede, è colui che più ha paura di perdere”. (Leonardo da Vinci)
Usucapione. Ai sensi dell’art. 1158 c.c. e ss. è possibile acquistare a titolo originario la proprietà di un bene per mezzo del possesso continuo, ininterrotto, pacifico agendo uti dominus, cioè ponendo in essere atti come se si fosse il proprietario agli occhi dei terzi.
Una deroga a tale istituto è disposta dall’art. 1164 c.c., a tenore del quale “Chi ha il possesso corrispondente all’esercizio di un diritto reale su cosa altrui non può usucapire la proprietà della cosa stessa, se il titolo del suo possesso non è mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il diritto del proprietario. Il tempo necessario per l’usucapione decorre dalla data in cui il titolo del possesso è stato mutato.”
Diritto di proprietà
Ed infatti il possesso che viene esercitato sul bene corrisponde ad un titolo che attribuisce la facoltà di possedere ed agire sul bene, senza però far venire meno il diritto di proprietà esistente.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 10620/2020 ha, però, affermato che il comproprietario di un bene immobile può usucapire il bene comune compiendo atti contrastanti con il possesso altrui e che manifestano la sua intenzione di agire come esclusivo proprietario.
Dunque, ai fini dell’usucapione di un bene comune non basta che gli altri comproprietari si siano astenuti dall’uso del bene, ma occorre provare di aver sottratto il bene medesimo all’uso comune per tutto il periodo utile all’usucapione mediante una condotta volta a rivelare in modo inequivoco che si è verificato un mutamento di fatto nel titolo del possesso. Non basta, ancora, la prova del mero non uso da parte degli altri condomini, stante l’imprescrittibilità del diritto in comproprietà.
A tal riguardo, ad esempio, è stato precisato che non è sufficiente utilizzare il bene comune provvedendo al pagamento e alla manutenzione, sussistendo una presunzione iuris tantum che egli abbia agito nella sua qualità e che abbia anticipato le spese anche relativamente alla quota degli altri.
Necessario provare l’usucapione
Pertanto, il comproprietario che invochi l’usucapione ha l’onere di provare che “il rapporto materiale con il bene si è verificato con palese manifestazione della volontà in modo da escludere gli altri dalla possibilità di instaurare analogo rapporto con il bene, dovendo atteggiarsi quale proprietario esclusivo dell’intero bene e non della propria quota, manifestando, altresì, tale volontà in modo inequivoco anche agli altri comproprietari, non essendo sufficiente che essi si astengano dal godimento del bene “(Tribunale Bari sez. I, 30/07/2018, n.3356)
Diversamente, deve presumersi la legittima possibilità concorrente, perfino parziale e saltuario, esercizio del diritto da parte dei residuali comunisti, sino alla effettiva prova che tale esercizio non possa effettivamente più sussistere (Cass. civ. sez. II, 10 novembre 2011, n. 23539)
I diritti reali per l’appunto offrono la possibilità di disporre e godere di un bene, limitando in parte il diritto di proprietà ma non possono mai scalfirlo.
Quando, infatti, il diritto reale viene meno, la proprietà torna ad espandersi sull’intero bene.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 10620/2020 è, perciò, molto interessante e pone un punto fermo sulla questione, che aveva visto nascere orientamenti giurisprudenziali contrastanti.
La Corte di Cassazione
Richiamando, infatti, alcune sentenze precedenti, la Corte di Cassazione afferma che “in tema di possesso ad usucapionem di beni immobili, la fattispecie acquisitiva del diritto di proprietà si perfeziona allorché il comportamento materiale continuo ed ininterrotto – attuato sulla res sia accompagnato dall’intenzione resa palese a tutti di esercitare sul bene una signoria di fatto corrispondente al diritto di proprietà, sicché – in materia di usucapione di beni oggetto di comunione – il comportamento del compossessore, che deve manifestarsi in un’attività apertamente ed obiettivamente contrastante con il possesso altrui, deve rivelare in modo certo ed inequivocabile l’intenzione di comportarsi come proprietario esclusivo”.
Dunque, tale comportamento può anche essere posto in essere dal comproprietario e per tale motivo lo stesso potrà usucapire la quota del bene immobile appartenente agli altri comproprietari rimasti inerti, sussitendo nel caso concreto di tutti i requisiti previsti dagli artt.1158 c.c. e ss.