Condividere esperienze personali sui social media è diventato un fenomeno sempre più diffuso. All’interno di questa condivisone della propria vita, ci sono anche persone che condividono la propria malattia. I social offrono alle persone con problemi di salute fisica e mentale uno spazio nuovo per narrare la propria storia. Attraverso le piattaforme digitali si può cercare sostegno sociale e trovare una connessione con altre persone che vivono situazioni simili. Nonostante ciò, questo nuovo modo di narrarsi presenta diverse implicazioni psicologiche. La condivisione online della propria condizione di salute promuove benessere emotivo e sociale. Tuttavia, ci si può esporre a rischi come, il confronto sociale negativo e la dipendenza da validazione esterna.
La narrazione della malattia: costruzione dell’identità e significato
Attraverso la condivisione sui social media del proprio stato di salute e della propria malattia, le persone ricercano il significato e la costruzione dell’identità. Secondo Bruner (1990), la narrazione è un potente strumento per dare significato alle nostre esperienze, soprattutto in momenti di crisi e sofferenza.
Dunque, questo tipo di narrazione può avere effetti positivi sul benessere psicologico. Uno studio di Di Fraia e Missaglia (2020) ha messo in evidenza come la narrazione online della malattia permetta alle persone di costruire una “comunità di senso”, in cui si trovano supporto e validazione per le proprie esperienze. Ciò riduce il senso di isolamento e rinforza la percezione di sentirsi compresi e accettati.
Il confronto sociale e i suoi rischi
Uno degli aspetti problematici della condivisione in rete della propria malattia è il fenomeno chiamato: confronto sociale. I social media vengono spesso utilizzati per mostrare versioni idealizzate delle persone e della vita. In contesti come quelli della salute e della malattia ciò può avere dei riscontri negativi.
Uno studio condotto da Vogel et al. (2014) ha dimostrato che il confronto sociale sui social media è strettamente legato a una diminuzione dell’autostima e a un aumento dei sintomi depressivi. Questo è particolarmente rilevante per chi vive una condizione di malattia cronica o grave, dove la guarigione non è sempre garantita e il percorso può essere lungo e difficile. Il continuo confronto con percorsi di guarigione che sembrano più rapidi o efficaci può portare a frustrazione, sconforto e una diminuzione della motivazione.
Il bisogno di supporto e la validazione esterna
Un altro motivo importante per cui le persone scelgono di condividere le loro esperienze sui social è la ricerca di supporto emotivo e validazione. Le piattaforme digitali permettono di entrare in contatto con persone che stanno attraversando esperienze simili, creando una comunità di sostegno che può alleviare il senso di solitudine. Secondo uno studio di Wright e Bell (2003), le persone che partecipano a gruppi di supporto online riportano una riduzione dei livelli di stress e un miglioramento del benessere emotivo.
Condivisione della malattia via social: attenzione alla ricerca di approvazione
Tuttavia, non tutto il supporto ricevuto online è necessariamente positivo. La dipendenza dalla convalida esterna, misurata attraversoi“like”, commenti e condivisioni, può portare a una continua ricerca di approvazione che diventa psicologicamente dannosa. Il fenomeno della “positività tossica” (Fersini, 2018), ovvero la tendenza a minimizzare le difficoltà della malattia attraverso frasi come “Andrà tutto bene” o “Sii forte”, può risultare dannoso. Ciò porta l’individuo a sentirsi incompreso o sotto pressione per dimostrare forza in ogni situazione.