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Contratto di locazione verbale: nullità assoluta o relativa?

La Suprema Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi sulla nullità del contratto di locazione verbale, privo di forma scritta e non registrato, sancendone il carattere relativo e “di protezione” in favore del solo conduttore

di Redazione

Con la recente pronuncia n. 9475 del 9 aprile 2021, la Suprema Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi sulla natura della nullità del contratto di locazione verbale. Privo, cioè di forma scritta e non registrato, sancendone in parziale contrasto con la precedente sentenza n. 18214/2015 delle Sezioni Unite, il carattere relativo e “di protezione” in favore del solo conduttore.

L’invalidità dei contratti non scritti

L’articolo 13 della Legge n. 431/1998, così come novellato nel 2015 dalla Legge n. 208/2015 (e applicabile a tutti i rapporti locatizi sorti successivamente al 30 dicembre 1998), stabilisce un regime di radicale invalidità di tutti quei patti riconducibili ad un rapporto di locazione, non redatti in forma scritta e per i quali non è stato ottemperato l’obbligo di registrazione nei trenta giorni successivi alla stipulazione del contratto.


Carattere assoluto della nullità per immobili urbani ad uso abitativo

Peraltro, la modifica introdotta dall’art. 1, comma 59, legge n. 208 del 2015 intervenne a poco più di tre mesi dalla pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite n. 18214 del 17/09/2015 che aveva affermato, radicalmente innovando il precedente orientamento, il carattere assoluto della nullità per difetto di forma prevista dalla legge speciale in materia di locazioni di immobili urbani ad uso abitativo (art. 13, comma 1, legge n. 431 del 1998), con conseguente rilevabilità del vizio da entrambe le parti ovvero d’ufficio, con la sola eccezione della ipotesi prevista dal successivo art. 13, comma 5, della stessa legge (nel testo anteriore alla novella del 2015). In cui la forma verbale fosse stata abusivamente imposta dal locatore. Nel qual caso il contratto sarebbe da ritenersi affetto da nullità relativa di protezione, denunciabile dal solo conduttore.


La sentenza rileva la riconduzione che il legislatore aveva messo a disposizione del conduttore

Da tali premesse, la recente sentenza in commento, apparentemente in contrasto con il superiore principio espresso dall’Adunanza Plenaria della S.C., attentamente rileva che la configurazione in termini di nullità relativa e protettiva, valutata come “eccezionale” nella ipotesi di imposizione proveniente dalla parte “forte” del rapporto contrattuale, ossia dal locatore, fosse desumibile dalla peculiare azione di riconduzione che il legislatore aveva messo a disposizione del conduttore, con la previsione di cui al comma V dell’art. 13 (ovviamente, nel suo testo originario).

L’azione che regola il rapporto tra le parti

La suddetta azione, infatti, «in deroga ai principi generali della insanabilità del contratto nullo», consente al conduttore “non solo di fare salvi taluni effetti del rapporto locatizio prodottisi in passato, ma anche di fare in modo che il contratto stesso continui a produrre effetti in futuro, regolando, con le necessarie integrazioni, il rapporto fra le parti”.

Quando l’invalidità è relativa

Pertanto, poiché in questa particolare ipotesi l’inquilino, e soltanto lui, può sanare la nullità con l’azione di riconduzione, la sentenza delle Sezioni Unite ne deduce che in tal caso si abbia a che fare con un’invalidità relativa, finalizzata appunto alla protezione degli interessi specifici del contraente ritenuto più “debole”.

La restituzione delle somme

Tali considerazioni, afferma la Corte nella sentenza in commento, andranno combinate con il contenuto di cui al nuovo comma VI dell’art. 13, a norma del quale “nei casi di nullità di cui al comma 4 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresì richiedere, con azione proponibile dinanzi all’autorità giudiziaria, che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 2. Ovvero dal comma 3 dell’articolo 2. Tale azione è, altresì, consentita nei casi in cui il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine di cui al comma 1 del presente articolo.

Quando è accertata l’esistenza del contratto

Nel giudizio che accerta l’esistenza del contratto di locazione il giudice determina il canone dovuto. Canone, che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell’articolo 2. Ovvero quello definito ai sensi dell’articolo 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l’alloggio per i motivi ivi regolati. L’autorità giudiziaria stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti”.

L’azione di riconduzione

La ratio sottesa alla riformulazione della suddetta “azione di riconduzione”, dunque, consiste nella volontà legislativa di estendere la facoltà attribuita al conduttore di richiedere la «riconduzione del contratto a condizioni conformi» dalla ristretta ed eccezionale ipotesi in cui fosse stato il locatore a pretendere «l’instaurazione di un rapporto di locazione di fatto» a quella, più generale, in cui il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine di cui al comma 1 del medesimo articolo, e​che si verifica sia nell’ipotesi in cui il contratto sia stato concluso verbalmente (e indipendentemente dal fatto che ciò sia dipeso da una imposizione del locatore) e non sia stato poi registrato, sia in quella in cui il contratto, pur stipulato per iscritto, non sia stato poi registrato.

Ne consegue, dunque, che “se è vero che — come affermato nel menzionato arresto delle Sezioni Unite — il carattere protettivo della nullità si ricava dall’esperibilità dell’azione di riconduzione, non può non farsene coerentemente discendere che la legittimazione sia ormai divenuta relativa in tutte le ipotesi in cui detta azione è ammessa in base al testo modificato, cioè in tutti i casi di mancata registrazione. Mentre la nullità assoluta vedrebbe ridotto il proprio ambito di applicazione all’eventualità, alquanto remota nella pratica, del contratto non scritto ma registrato, in cui peraltro manca del tutto quella finalità di contrasto all’evasione fiscale che, secondo la sentenza delle Sezioni Unite, costituisce la ratio dell’assolutezza.


Il contratto di locazione verbale è affetto da nullità relativa

Il carattere relativo della nullità, per le ragioni esposte, è dunque predicabile nella fattispecie in esame. Nella quale costituisce dato fattuale pacificamente acquisito, che si tratti di contratto verbale non registrato” (Cass. Civ., n. 9475/2021). Pertanto, il contratto di locazione verbale, cioè concluso in forma verbale e non registrato è affetto da nullità relativa di protezione. Cosa, che può essere fatta valere solo dal conduttore e non rilevabile d’ufficio dal giudice. Ciò, in forza del carattere protettivo del vizio a favore del conduttore.


La stipula del contratto in forma verbale e la connessa mancata registrazione sono da ritenersi causa di nullità

A parere dei Giudici di legittimità, difatti, “la conseguenza che deriva dalla soggezione della fattispecie alla norma in questione (ripetesi, l’art. 13, comma 6, legge n. 431 del 1998, come sostituito dall’art. 1, comma 59, legge n. 208 del 2015), ancorché introdotta in data successiva alla instaurazione del giudizio, è che la stipula del contratto in forma verbale e la connessa mancata registrazione sono da ritenersi causa di nullità (solo) relativa del contratto. Come tale dunque azionabile solo dal conduttore, non anche dal locatore, né rilevabile d’ufficio dal giudice, dovendosi pertanto considerarsi errata, in diritto, la decisione di primo grado, confermata in appello, che tale nullità ha rilevato d’ufficio” (Cass. Civ., n. 9475/2021).

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