Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Contratto preliminare con effetti anticipati e possessio ad usucapionem

Chi stipula un contratto preliminare di compravendita può, trascorsi vent’ anni, acquistare la proprietà dello stesso per usucapione?...

di Redazione

Chi stipula un contratto preliminare di compravendita ottenendo immediatamente la consegna delle chiavi dell’ immobile può, trascorsi vent’ anni, acquistare la proprietà dello stesso per usucapione?

 

Avv. Claudio Ruggieri

Spesso accade nelle compravendite aventi ad oggetto beni immobili, che le parti decidano di stipulare un contratto preliminare, attraverso il quale si obbligano a stipulare successivamente un contratto “definitivo” i cui elementi essenziali sono già stabiliti nel preliminare stesso.
Ancor più spesso succede che le parti decidano di “anticipare” alcuni effetti della pattuizione definitiva, ovvero il promissario acquirente corrisponde una somma quale anticipo del prezzo finale e il promittente venditore consegna le chiavi dell’ immobile consentendogli così la piena disponibilità del bene con riserva di stipulare in un secondo tempo il rogito.
Ma cosa succede se le parti non fissano un termine entro il quale stipulare il contratto definitivo, trascorsi 20 anni può il promissario acquirente usucapire il bene ex art. 1158 c.c.?

Ricordiamo che per aversi possesso ad usucapionem occorre che sussistano due requisiti:

  • Corpus possessionis
  • Animus possidendi

Essi si concretizzano in un possesso pacifico, pubblico, non interrotto, non equivoco, accompagnato dall’ animo di tenere la cosa come propria.
Ebbene, proprio con riguardo al secondo requisito, la Cassazione ha ritenuto che non possa essere riconosciuto al promissario acquirente, il quale, con la stipula del contratto preliminare acquista la mera detenzione del bene e non il possesso utile a maturare l’ usucapione.

Con la pronuncia a Sezioni Unite n. 7930 del 27 marzo 2008 la Suprema Corte ha affermato che “Il promissario acquirente di un bene immobile il quale, in virtù di un preliminare di compravendita, da un lato, anticipi in tutto o in parte il pagamento del prezzo e, dall’altro, ottenga l’immediata immissione nel godimento del bene per effetto dell’esecuzione anticipata della consegna della res da parte del promittente venditore, non può essere qualificato come possessore in grado di acquisirne la proprietà a titolo di usucapione, non avendo egli l’animus possidendi che, essendo uno stato di fatto, non può essere trasferito. Costui, infatti, consegue la disponibilità materiale del bene in virtù di un contratto di comodato collegato al preliminare e ha, pertanto, la semplice detenzione qualificata della res, esercitata alieno nomine. Per converso, l’anticipazione del prezzo si spiega con la stipulazione di un contratto di mutuo gratuito, anch’esso collegato al preliminare. Tale detenzione, per trasformarsi in possesso utile ai fini dell’usucapione ventennale, necessita di uno specifico atto di interversio possessionis. Quest’ultimo, peraltro, non è un semplice atto di volizione interna, ma deve chiaramente manifestarsi all’esterno attraverso il compimento di atti che consentano di desumere, anche al possessore, che il detentore ha iniziato a esercitare il potere di fatto sulla cosa nomine proprio.”

Tale costante orientamento, è stato recentemente riaffermato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 5211 del 16/03/2016, la quale ha ribadito che “Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si realizza un’anticipazione degli effetti traslativi, fondandosi la disponibilità conseguita dal promissario acquirente sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori, sicché la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile “ad usucapionem” ove non sia dimostrata una “interversio possessionis” nei modi previsti dall’art. 1141 c.c.”

Ed inoltre, la mancata stipula del contratto definitivo entro un determinato periodo di tempo comporta un ulteriore rischio per chi ha deciso di acquistare l’ immobile. Infatti, essendo il preliminare di compravendita un contratto ad effetti obbligatori, avente ad oggetto l’ obbligo di concludere il definitivo, ove non risulti fissato un termine né in sede convenzionale, né in sede giudiziale, è da ritenersi applicabile la regola dell’ immediato adempimento prevista dall’ art. 1183 c.c..
Ne consegue che, a norma degli art. 2934, 2935 e 2946 c.c., l’ inattività delle parti protrattasi per oltre dieci anni da quando il diritto poteva essere fatto valere comporta l’ estinzione dello stesso per prescrizione. (Cass. 5 aprile 2012 n. 5285; Cass. 30 giugno 2011 n. 14463).
Le ripercussioni sono notevoli poiché il promissario acquirente potrebbe essere in questo caso costretto a restituire l’ immobile al promittente venditore, perché essendo venuto meno il titolo che gli consentiva di occuparlo a causa della prescrizione decennale, la sua detenzione è divenuta abusiva.
In conclusione raccomandiamo a tutti coloro che decidano di acquistare un bene immobile procedendo preventivamente alla stipula di un contratto preliminare con effetti anticipati di non dormire troppo sugli allori sentendosi tranquilli per aver già occupato il bene e corrisposto parte del prezzo.

E’ necessario individuare un termine finale per la conclusione del definitivo ed attivarsi affinchè venga stipulato il rogito che finalmente trasferisca la proprietà del bene, essendo il preliminare un contratto ad effetti obbligatori e non traslativo della proprietà, al fine di evitare spiacevoli sorprese.

 

 

 

 

 

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