Per intraprendere il percorso verso la revoca delle misure di contenimento dalla pandemia da Covid-19 e passare, quindi, alla fase due, il Comitato scientifico siciliano ha tenuto conto di una serie di valutazioni meramente scientifiche.
In primo luogo, considerando incoraggianti i dati sul contenimento della pandemia nel territorio regionale. In secondo luogo, considerando i tassi di occupazione dei posti ospedalieri. In terzo luogo, considerando la capacità ricettiva dell’intera rete ospedaliera siciliana. E, infine, considerando la capacità di effettuare test diagnostici su vasta scala.
Alla luce di questa analisi, il Comitato ha ritenuto plausibile prevedere che la graduale riapertura possa ragionevolmente partire dal 4 maggio, con le attività a più basso rischio.
Ed è quello che si sottolinea nel parere trasmesso al presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci. Parere squisitamente scientifico, sin dal primo momento, condiviso dal governatore siciliano.
Necessario rafforzare le misure di distanziamento
Gli esperti, comunque, hanno segnalato la necessità di rafforzare le misure di distanziamento sociale, riconoscendo che non tutte le attività lavorative espongono i lavoratori e gli utenti al rischio contagio da Covid-19 nello stesso modo.
Sempre secondo gli esperti, i dispositivi di protezione individuale, diventeranno indumenti comuni nella vita di ciascuno. Semmai cambierà la tipologia a seconda delle professioni e dell’attività svolta.
Categorie più a rischio
Il Comitato tecnico-scientifico regionale, inoltre, ha individuato precise categorie di rischio corrispondenti a fasce di lavoratori, valutandole in quattro livelli: basso, medio, alto e molto alto.
A quest’ultima appartengono prevalentemente medici, infermieri e altri operatori sanitari, nonché impiegati nelle operazioni di pulizia e sanificazione, ma anche operai funebri coinvolti nella preparazione dei corpi delle persone morte per Covid-19.
Sono a rischio di esposizione media, invece, i lavoratori che possono avere un contatto frequente o stretto (cioè con distanza inferiore a un metro) con persone potenzialmente contagiate. Tra questi, addetti alle consegne di beni e merci, personale addetto alla sicurezza o all’ordine pubblico, lavoratori in punti vendita al dettaglio o all’ingrosso.
Sono a basso rischio di esposizione, infine, quanti sono impiegati in lavori che non richiedono il contatto con persone sospettate o note.
La fase due punta sul successo della fase uno
Inizialmente, in Sicilia, la fase due, partendo dai presupposti scientifici dettati dal Comitato, rappresentava una questione meramente scientifica.
Per avere successo nella fase due, però, il governo regionale ha già anticipato di dover fare leva sui punti di forza che hanno permesso di gestire la fase uno; però, non soltanto quelli dettati dal Comitato scientifico.
Ed è qui che la fase 2 comincia a trasformarsi in questione meramente politica.
Riaprire. Continuare a garantire gli standard di sicurezza. Rispondere alle istanze dei cittadini. Conciliare le direttive del Governo nazionale con le direttive del Governo regionale. Prendere decisioni, rimanendo dentro i confini della propria autonomia regionale. Non sconfinare nell’illegittimità della stessa autonomia. E, non per ultimo, ma al di sopra di tutto, seguire alla lettera le indicazioni del Comitato scientifico.
Queste, invece, sono le scelte di cui il Governatore della Sicilia dovrà tenere conto sulla base delle indicazioni del Governo centrale. Indicazioni diverse, a volte contrastanti e, comunque, poco conciliabili, rispetto alle indicazioni del Comitato scientifico.
È proprio a questo punto che la gestione della fase 2, ancora più della fase di emergenza, diventa una questione meramente politica.
Quando si cerca di entrare nel vivo della ‘fase due’, la situazione sembra sfuggire di mano.
Come conciliare le
indicazioni scientifiche del Comitato scientifico e le indicazioni politiche
del Governo Centrale?
Per le scelte qualitative, c’è un inquadramento nazionale, all’interno del
quale stanno le indicazioni del Governo di Roma, e un inquadramento regionale, all’interno
del quale si esplicano tutte le scelte di stampo autonomistico e che consentono
alla Regione siciliana un margine decisionale sulle modalità di applicazione. Sappiamo
bene, che siamo di fronte due territori, quello nazionale e quello regionale, profondamente
diversi, dove anche le curve epidemiologiche sono molto differenti.
Terza questione: conciliare con le istanze della gente
L’ordinanza di ‘allentamento’ per la fase 2 in Sicilia prevede un alleggerimento delle norme, stabilito sulla scorta dei dati positivi, che vedono la Sicilia meno stretta dalla morsa del Covid-19, rispetto ad altre Regioni. Gli ultimi dati che riguardano la Sicilia danno risultati confortanti.
Il governatore della Regione Sicilia annuncia una situazione di assoluto controllo. Sottolinea la differenza tra la Sicilia e le altre regioni d’Italia. Dichiara che la curva epidemiologica in Sicilia è diversa, rispetto alla curva delineatasi in altre aree della Penisola. Ma la cosa più raccapricciante è la sua conclusione felice, sempre citata in tutte le sue dichiarazioni pubbliche e cioè che “… il presente è il risultato del lavoro di settimane di confronto tra buona politica e competenza scientifica…”.
Margine di rischio che il male ritorni
Ma l’esperienza degli altri Paesi in cui si è registrata la seconda ondata non appena hanno ‘allargato le maglie’ delle ordinanze vigenti, sembra dire ben altro.
Pertanto, ci chiediamo: possiamo veramente considerarci verso la via di uscita? Il rischio che il male ritorni e che ci sia una ricaduta è veramente alto in tutta Italia. Per cui, qualsiasi forma di allentamento, anche minimo, anche più cauto possibile, potrebbe essere, comunque, pericoloso.
La questione diventa ancora più pericolosamente politica, nel momento in cui bisogna applicare le indicazioni del comitato praticamente sul territorio. In quel momento, bisognerà tenere conto di istanze diverse.
L’assessore regionale alla Sanità, Razza sostiene che, grazie alle indicazioni del Comitato tecnico scientifico, ci presentiamo al dialogo con Roma con solide basi. Ma nel raffronto con Roma, che carattere assumono le indicazioni del Comitato scientifico?
All’inizio dell’emergenza Covid-19, il margine decisionale sulle modalità di applicazione, si è tradotto in misure più restrittive adottate in Sicilia rispetto alle indicazioni tracciate da Roma.
Nella fase due, la situazione si è ribaltata.
Da qui il ruolo ambiguo e controverso del Comitato tecnico-scientifico, chiamato non ad assumere decisioni al posto della politica, ma ad accompagnare le decisioni che la politica vorrà assumere.