La pubblicazione “Io sono cultura” realizzata da Unioncamere e Fondazione Symbola consente di dare una lettura della capacità della cultura di creare impresa e ricchezza.
di Giacomo Giusti*
L’avvento della grande crisi economica che ha colpito le economie avanzate del pianeta a partire dal 2008 e che ancora oggi si fa fatica ad archiviare, ha aperto un dibattito fra gli economisti sul discorso dell’adeguatezza del Prodotto Interno Lordo come variabile atta a misurare i progressi economico-sociali di un territorio. Ed è nell’ambito di questo dibattito che si inserisce tutta una serie di valutazioni di asset che sono legati maggiormente ad un concetto di benessere delle persone più che di ricchezza come ad esempio si evince dal recente Rapporto sul Benessere Economico Sostenibile prodotto dall’Istat nelle scorse settimane. Ed è in questo rinnovato quadro concettuale che negli ultimi anni hanno trovato spazio nelle analisi economiche l’apporto che alcuni di questi asset presenti in notevole abbondanza nel nostro paese portano alla ricchezza del paese. Tra i vari ambiti che sono stati oggetto di investigazione rientra la cultura. Da alcuni anni Unioncamere e Fondazione Symbola realizzano il rapporto “Io sono cultura” (giunto nel 2015 alla sua quinta edizione). Tale pubblicazione, a partire da una puntuale definizione di quelle che sono le attività economiche analizzate nella loro massima analiticità in qualche modo correlate al concetto di cultura e del saper fare, consente di dare una lettura della capacità della cultura di creare impresa e ricchezza. Le risultanze del 2014 evidenziano come le imprese riconducibili al sistema produttivo culturale italiano (industrie culturali, industrie creative, performing arts e arti visive, attività legate alla gestione del patrimonio storico artistico e produzioni di beni e servizi a driver creativo) abbiano generato quasi 79 miliardi di euro (5,8% della ricchezza prodotta in Italia). La Sicilia da questo punto di vista dimostra di avere ancora margini di miglioramento che possono essere definiti certamente significativi. La ricchezza prodotta dalle imprese culturali dell’Isola è pari a circa 2,5 miliardi di euro con un contributo alla formazione della locale ricchezza che si ferma al 3,4%, valore più basso fra tutte le regioni italiane. Per spiegare tale deficit rispetto alla media nazionale si possono addurre due motivi. Il primo è strettamente legato alle caratteristiche della struttura produttiva delle imprese siciliane che appaiono connotate da una modesta capacità di creare ricchezza dalle proprie attività derivante probabilmente da fattori organizzativi interni decisamente migliorabili. Una riprova di quanto affermato può provenire dall’analisi dell’andamento del rapporto fra valore aggiunto prodotto dalle imprese culturali e l’occupazione da esse generate. Sempre con riferimento al 2014 se ogni occupato italiano nelle imprese culturali era in grado di generare oltre 55 mila euro, un occupato siciliano ne produceva poco più di 41.000. Ma vi è un secondo aspetto, più di tipo infrastrutturale se così possiamo dire che impedisce all’industria culturale siciliana di ricavare di più da questo asset. La regione sembra infatti lamentare una modesta presenza di luoghi della cultura. Lo dimostrano tre dati su tutti:
- La densità di luoghi della cultura così come identificati dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del turismo (http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/MenuPrincipale/LuoghiDellaCultura/index.html) evidenzia come in Sicilia esistano 297 dei 6.107 simboli della cultura del nostro paese. Rapportando questo numero rispetto alla Sicilia si nota che la densità di questi luoghi nella regione è di 11,5 luoghi ogni 1.000 chilometri quadrati di superficie rispetto ad una media nazionale di 20,2;
- Un analogo indicatore calcolato sulle biblioteche censite dall’anagrafe delle biblioteche italiane istituito presso l’ICCU (Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche) evidenzia in Sicilia una densità di quasi 46 biblioteche ogni 1.000 chilometri quadrati a fronte di una media nazionale di oltre 58;
- Secondo l’Osservatorio dello spettacolo pubblicato annualmente dalla SIAE (Società Italiana Autori ed Editori) la densità di luoghi dello spettacolo (cinema, teatri, concerti, arene sportive, sale da ballo, fiere e mostre) è pari a 285 attrazioni ogni 1.000 chilometri quadrati contro i 400 della media nazionale. In particolare appaiono deficitarie le strutture legate allo sport con appena 6 presenze ogni 1.000 chilometri quadrati contro una media nazionale di 36.
Tutte queste cifre evidenziano quindi la presenza di diversi colli di bottiglia che ostano lo sviluppo delle attività economiche legate alla cultura in Sicilia. E che ha una ripercussione anche in termini di consumi che si possono attivare nell’ambito questo circuito. Dare una misurazione di quanto si spenda in cultura nel nostro paese e nei suoi territori non è una operazione facile. E questo non tanto per una carenza di informazioni ma quanto per una preliminare difficoltà nel delimitare precisamente i confini di cosa vada considerato come cultura. Tanto per fare un esempio le valutazioni sulla spesa delle famiglie che realizza l’Istat a livello regionale contemplano una voce piuttosto ampia che oltre al termine cultura comprende anche il tempo libero e soprattutto un capitolo che sta crescendo sempre di più nella spesa delle famiglie, vale a dire i giochi. Pertanto una definizione dell’universo di riferimento di cosa si intende per cultura è esercizio fondamentale per poter definire quanto gli italiani e i siciliani destinano alla cultura. A tale scopo appaiono essere di particolare interesse le informazioni che la SIAE (Società Italiana Autori ed Editori) mette a disposizione a cadenza semestrale nella già richiamata pubblicazione “L’Osservatorio dello spettacolo”. All’interno di questa pubblicazione la Siae identifica i seguenti capitoli di interesse:
- Attività cinematografica;
- Attività teatrale;
- Attività concertistica;
- Attività sportiva;
- Attività di ballo e concertini;
- Attrazioni dello spettacolo viaggiante;
- Mostre ed esposizioni;
- Attività con pluralità di generi.
Tali dati ci consentono di costruire quindi degli indicatori sia di fruizione dello spettacolo in termini di presenza ma anche (ed è probabilmente l’aspetto di maggiore interesse) sotto l’aspetto della spesa. Spesa che è bene precisare vengono territorialmente riferite al luogo di svolgimento dello spettacolo e non rappresentano quindi automaticamente un indicatore di quanto i residenti siciliani destinano a questi capitoli di spesa anche se ovviamente la peculiare collocazione geografica dell’Isola più difficile da raggiungere rispetto ad altre zone italiane rende questa distinzione meno significativa rispetto a quanto può accadere per altri territori più baricentrici.
A livello nazionale queste indicazioni ci dicono che nel corso del 2014 sono stati spesi al botteghino (che indica viene speso per acquistare biglietti di ingresso per i vari spettacoli e da cui abbiamo depurato i dati sulle attività sportive) all’incirca 1,9 miliardi di euro (all’incirca lo 0,12% del Pil nazionale) mantenendosi oramai su livelli stabili da circa 3 anni e circa 140 milioni di euro al di sotto del dato del 2010. Questo andamento probabilmente è il frutto di una tendenza ad una crescita continua dei prezzi medi per evento non in linea con la crescita generale dei prezzi (come come noto da un po’ di tempo a questa parte è praticamente nulla) che può avere tenuto lontano le fasce socialmente più in difficoltà in questo periodo che possono aver ridimensionato le risorse a disposizione per questo ambito soprattutto con riferimento ai giovani che sono i maggiori fruitori di alcune tipologie di eventi. Il settore leader riesce a essere ancora una volta il cinema che ha catalizzato nel 2014 oltre 600 milioni di euro. Il settore è però indiscutibilmente in crisi da un punto di vista della capacità di generare introiti. Pur in presenza di un incremento considerevole del numero di proiezioni andate in onda (dovute molto probabilmente al proliferare del fenomeno delle multisale), il numero degli spettatori nel 2014 è sceso sotto quota 100 milioni (-22 milioni rispetto al 2010) con un crollo verticale degli incassi valutabile in oltre il 22%. Se il cinema è il grande malato della cultura italiana, altri comparti certamente non ridono. Il teatro ha visto infatti flettere sia il numero degli spettacoli (oramai stabile intorno alle 131.000 unità da un triennio) con un calo delle rappresentazioni di circa il 7% rispetto al 2010 e un deterioramento degli incassi di oltre il 9%. I concerti hanno tenuto botta solo grazie all’incremento notevole dei prezzi degli eventi derivante probabilmente dal fatto che gli artisti stanno agendo sulla leva dei concerti per arginare quanto più possibile il fenomeno della pirateria musicale. Infatti nonostante un calo di circa 1.500 eventi fra 2010 e 2014, la spesa al botteghino è cresciuta passando in quattro anni da 248 a 276 milioni di euro con un prezzo medio per evento che oggi sfiora i 24 euro a fronte dei poco più di 22 di quattro anni fa. Un incremento che potrebbe aver allontanato alcuni giovani dalla fruizione di questa forma di cultura. Tutto nero. Proprio no. Gli italiani stanno comunque cercando di mantenere il loro legame con la cultura semplicemente virando su eventi a più basso costo. E in questo senso è mirabile l’esempio delle mostre. Un comparto che grazie a livelli medi di prezzo che soprattutto in certi contesti territoriali sono stati poco più che simbolici (si pensi ad esempio che nel Mezzogiorno il costo medio di ingresso ad una mostra nel 2014 è stato di 3,73 euro, circa la metà del cinema con punte anche di meno di due euro in alcuni territori) ha messo insieme nel 2014 circa 90 milioni di euro incassati al botteghino. Non si tratta di numeri monstre ma certamente di un fenomeno in espansione. Oltre a quanto fin qui sostenuto va anche sottolineato un altro aspetto. Da un punto di vista territoriale lo spettacolo è un fenomeno che non si distribuisce uniformemente sul territorio nazionale ma vede la presenza di poli di una certa rilevanza a cui si contrappongono zone che hanno ancora ampi margini di miglioramento in questo senso. Lo dimostra un semplice indicatore che è la spesa procapite, ovvero il rapporto fra spesa al botteghino e popolazione residente. Questo indicatore nel 2014 è compreso fra i 51,23 euro a persona del Veneto e i 5,89 del Molise. Per quanto detto in precedenza questa enorme disparità non riflette una diversa sensibilità da parte dei residenti nei confronti della cultura (che probabilmente può esistere ma non con questi divari) ma la presenza di poli culturali più o meno radicati e maggiormente frequentati.
La Sicilia pur non potendo vantare un valore di questo indicatore particolarmente eccelso rispetto alla media nazionale sia per le modeste condizioni complessive economiche e sia per i richiamati deficit strutturali di cui detto in precedenza rappresenta comunque un punto di riferimento almeno nell’ambito del Mezzogiorno per due motivi. Il primo di questi è relativo al fatto che l’Isola vanta il terzo valore di spesa al botteghino più elevato del Mezzogiorno con 16,17 euro per abitante. Un dato che sia pure molto inferiore a quello medio nazionale è decisamente confortante se lo confrontiamo ad esempio con quanto diffuso dall’Istat qualche giorno fa sul valore aggiunto procapite, indicatore che vede la Sicilia al terzultimo posto nel Mezzogiorno e in Italia. Ma probabilmente l’aspetto più interessante risiede nel fatto che fra 2013 e 2014 la Sicilia è stata la terza regione più performante d’Italia per variazione della spesa al botteghino dopo Lazio e Toscana con un incremento del 2,4% che significa un valore assoluto (sempre al netto delle attività sportive) di 84,3 milioni di euro. Una crescita che è stata trasversale a tutti i comparti dello spettacolo ad eccezione delle attività teatrali che hanno visto una contrazione di quasi il 16% nonostante un incremento del numero degli spettacoli e una sostanziale tenuta degli ingressi e che assume una particolare valenza per il cinema, comparto che appare decisamente in crisi a livello nazionale come abbiamo visto in precedenza ma che ha visto una crescita in due regioni. Una è il Friuli-Venezia Giulia e l’altra è proprio la Sicilia con un aumento dello 0,61%.
*Istituto Guglielmo Tagliacarne