Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

Cutro: una strage sulla coscienza. Un’altra

I presunti colpevoli della strage di Cutro rinviati a giudizio. Sono solo i presunti esecutori, nel cliché classico che si utilizza per spiegare la mafia o le morti sul lavoro. E le responsabilità politiche?

di Victor Matteucci

Come è facile alzare il ponte levatoio nel neo-medioevo Occidentale, mentre centinaia di disperati annegano nel fossato d’acqua che separa  il nostro Feudo all’aria condizionata. Quanto non vale niente la vita dei nuovi servi della gleba che arrivano dall’Africa. Cattivi “perché si ostinano a voler partire mettendo a repentaglio la vita dei bambini”. E che dire dei trafficanti… “che perseguiremo ovunque”: quando, dove, come? Cutro fa scuola.

Quattro finanziari e due militari della Guardia costiera sono le persone a carico delle quali Il sostituto procuratore della Repubblica di Crotone, Pasquale Festa, ha emesso l’avviso di conclusione delle indagini preliminari sui ritardi nei soccorsi al caicco “Summer Love”, carico di migranti, il cui naufragio, a Steccato di Cutro, la notte del 26 febbraio del 2023, provocò la morte di 94 persone, tra cui 35 bambini e un numero imprecisato di dispersi.

I reati ipotizzati a carico dei sei indagati sono naufragio colposo e omicidio colposo plurimo

Le persone che hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari sono Giuseppe Grillo, capo turno della sala operativa del Comando provinciale di Vibo Valentia della Guardia di Finanza e del Roan, il Reparto operativo aeronavale delle fiamme gialle; Alberto Lippolis, comandante del Roan di Vibo Valentia; Antonino Lopresti, ufficiale in comando e controllo tattico nel Roan di Vibo Valentia; Nicolino Vardaro, comandante del gruppo aeronavale di Taranto; Francesca Perfido, ufficiale di ispezione in servizio nel Centro di coordinamento italiano di soccorso marittimo di Roma, e Nicola Nania, ufficiale di ispezione nel centro secondario di soccorso marittimo di Reggio Calabria (ANSA).

Ma chi ha classificato come operazione di polizia quella che era un’operazione di salvataggio?

Piantedosi: «Certo dell’estraneità di Gdf e Guardia costiera»

Conosco la competenza e la dedizione di tutti gli appartenenti alla Guardia di finanza e alla Capitaneria di porto che, quotidianamente, profondono il massimo impegno nella straordinaria opera di salvataggio di vite umane e nel contrasto ai trafficanti di esseri umani. Per questo, sono certo che nel prosieguo del procedimento giudiziario, gli operatori di Crotone dimostreranno la loro estraneità rispetto ad ogni possibile responsabilità relativa al naufragio di Cutro. Auspico che anche per i servitori dello Stato valga il principio costituzionale di non colpevolezza fino a sentenza definitiva“. Lo dichiara il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

Giorgetti: «Su Cutro difendo operato Gdf e Capitaneria».

Grande rispetto per la magistratura, ne difendo l’operato e l’indipendenza. Allo stesso modo, difendo con convinzione l’operato di Guardia di Finanza e Capitaneria di Porto, certo che hanno sempre agito esclusivamente per il bene pubblico, come fanno ogni giorno insieme alle altre forze di polizia“. Così il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, commenta sui social la chiusura delle indagini sulla tragedia di Cutro.

Salvini: «Incondizionato sostegno alle forze dell’ordine»

Non solo rischiano ogni giorno la loro vita per salvare il prossimo, ma corrono addirittura il rischio di essere arrestati in caso di disgrazia. Il mio incondizionato sostegno ed il mio abbraccio a donne e uomini della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, così come a Vigili del Fuoco, Carabinieri, Polizia di Stato e Locale ed ogni altra forza armata e dell’ordine“. Così il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, dopo la chiusura dell’inchiesta sulla tragedia di Cutro.

Come afferma la segretaria del Pd, Elly Schlein: «Stiamo ancora aspettando che il Ministro Piantedosi risponda alla domanda che facciamo dal giorno del naufragio: perché non sono partiti i mezzi di soccorso più adeguati della Guardia costiera? Il Governo tace. È evidente, come dice Magi (Più Europa), che le “responsabilità politiche sono del governo».

La procura di Crotone ieri ha chiuso le indagini relative alla strage di Cutro, ma al centro dell’inchiesta c’è il ruolo di 6 persone: due finanzieri e 4 militari della Guardia Costiera. Queste sono le presunte responsabilità materiali e personali. Gli esecutori. Ma i mandanti? Vi sono enormi responsabilità politiche alla base del mancato intervento di salvataggio per aver trattato questo, al pari di altri eventi di emergenza degli ultimi anni, come operazioni di polizia anziché come potenziali naufragi con rischio di vita per molte decine di persone. Tutto questo discende, infatti, da una chiara indicazione politica.

È stato fatto tutto quanto in potere delle autorità italiane per evitare quella strage? La risposta è no. Ma, come sempre accade in Italia, questo processo forse non avrà mai fine, forse si concluderà con la prescrizione degli imputati o forse non si riuscirà a dimostrarne la colpevolezza. Una cosa è certa; non sono loro o, meglio, non sono solo loro che dovrebbero rispondere di omicidio plurimo e di naufragio colposo. 

D’altra parte, che questa strage non sia stata evitata come sarebbe stato possibile fare, fu evidente immediatamente dopo aver scoperto i cadaveri a riva.

Il naufragio

Ma ricostruiamo cosa accadde, per fare memoria, come si dice in questi casi, con un po’ di vana retorica.

Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023 un caicco sarebbe partito dalla Turchia e carico — secondo le testimonianze — di almeno 180 migranti. Il natante si sarebbe arenato su una secca a poche decine di metri dalla costa di Steccato di Cutro, nei pressi della foce del fiume Tacina. L’impatto con la secca espose l’imbarcazione, già in difficoltà di navigazione, alla violenza delle onde del mare tra forza 4 e forza 5, che rovesciarono e distrussero il natante.

A soccorrere per primi i naufraghi furono due pescatori del luogo, che sentirono il frastuono del disastro e le grida di chi era in difficoltà e allertarono i carabinieri e altra gente del luogo per correre in aiuto. Nel buio più completo e al gelo della notte, i volontari e i carabinieri salvarono chi era ancora vivo, cominciando a estrarre dall’acqua numerosi corpi senza vita spinti verso la riva dalla violenza delle onde. Alle prime ore dell’alba il bilancio apparve già drammatico: il caicco sbriciolato venne trasportato dalla risacca e decine erano già i corpi distesi sulla sabbia e coperti da sudari bianchi; intanto, era scattata una tardiva ricerca e salvataggio di altri eventuali superstiti, oltre ai 54 già recuperati, ma il mare molto mosso continuava a restituire di ora in ora cadaveri di uomini, donne e bambini.

Nel pomeriggio dello stesso 26 febbraio, mentre si chiarivano le enormi dimensioni della sciagura, ma non le sue circostanze, giungeva in Calabria il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che, visitato il luogo della strage, convocava una conferenza stampa nella Prefettura di Crotone.

In quella sede, il ministro fece cenno a una segnalazione pervenuta da Frontex, a suo dire, troppo vaga per capire se fosse necessaria un’attività di soccorso e affermò che, quanto era successo, era conseguenza della “precarietà con cui era stata organizzata la traversata”, puntando il dito contro trafficanti e scafisti senza scrupoli che il Governo era impegnato a combattere. A ciò si erano aggiunte, secondo il ministro, le condizioni proibitive del mare che avevano impedito di raggiungere l’imbarcazione e di prestare eventuali soccorsi. Ciò, secondo Piantedosi, portava a concludere che l’unico modo per evitare il ripetersi di nuove tragedie era portare al mondo il messaggio che “non bisogna partire”. Poi, incalzato da domanda specifica del giornalista locale, Bruno Palermo, il ministro dichiarava che neppure la disperazione giustificava la necessità di attraversare il mare, lasciando trasparire un’attribuzione di responsabilità agli stessi migranti che avevano preferito fuggire anziché lottare per il riscatto della propria terra. Le dichiarazioni del ministro accesero polemiche infuocate. Nonostante le accuse di insensibilità e inumanità, il ministro rincarò la dose confermando il giorno dopo, mentre il numero delle vittime continuava a salire, che la disperazione non poteva “mai giustificare viaggi che mettono in pericolo i propri figli”.

Le salme di Crotone (foto Elvira Terranova)

Nel frattempo, al Palamilone di Crotone, veniva allestita la camera ardente con 67 feretri, tra cui alcune bare bianche riservate ai bambini, uno dei quali – il 46º corpo recuperato – di pochissimi mesi. Davanti al palazzetto dello sport sostavano centinaia di persone in raccoglimento e l’aiuola antistante diventava un sacrario dove portare fiori, lasciare messaggi, accendere lumi, mentre i parenti delle vittime cominciavano ad arrivare da tutta Europa per il riconoscimento delle salme. Una fila interminabile di persone diede omaggio alle salme. Tra le tante autorità, in visita privata, anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, accompagnato dal Prefetto di Crotone.

La ricostruzione e le polemiche

Le polemiche, intanto, non accennavano a placarsi. La ricostruzione ufficiale dei fatti sostenuta dal ministro Piantedosi era la seguente. Nella serata del 25 febbraio un velivolo Frontex aveva lanciato una segnalazione di un natante a 40 miglia dalla costa calabrese che non appariva in difficoltà. La segnalazione era vaga sul numero di persone a bordo, tanto che non era stato aperto un evento SAR (Search And Rescue) né erano arrivate dal natante richieste di soccorso. Due unità della Guardia di Finanza erano comunque partite per i controlli di polizia previsti dal protocollo, mentre il velivolo Frontex era stato costretto a rientrare perché a corto di carburante. Le unità della Guardia di Finanza, tuttavia, non riuscivano a raggiungere l’imbarcazione per le pessime condizioni del mare ed erano costrette a rientrare perdendo di vista il caicco.

Tale ricostruzione dei fatti, a detta delle opposizioni e di molti esperti, presentava molte lacune e da più parti si adombrava il sospetto che il sistema dei soccorsi non fosse scattato per ragioni che rimanevano poco chiare o che si volevano tenere nascoste. Le opposizioni insistevano perché il ministro riferisse alle Camere e cominciarono a rincorrersi voci di dimissioni.

Mentre cresceva, con lo stillicidio dei corpi restituiti dal mare, la rabbia e l’indignazione dell’opinione pubblica, la Procura della Repubblica di Crotone annuncia di aver aperto una seconda indagine, dopo quella relativa agli scafisti, sugli eventuali errori e omissioni nella catena di comando.

Meloni

A quel punto la stessa Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, chiamata anche in causa da una lettera aperta del Sindaco di Crotone, Vincenzo Voce, che le rimproverava la totale assenza in una vicenda così terribile, ruppe il silenzio da Abu Dhabi – dove era in visita ufficiale – sposò in toto la versione del ministro dell’Interno Piantedosi e annunciò che il Governo avrebbe tenuto proprio a Cutro il Consiglio dei ministri per approvare nuove norme sull’immigrazione.

Il 7 e l’8 marzo il ministro Piantedosi riferì alle Camere confermando l’impianto dei fatti, escludendo ogni ipotesi di responsabilità delle forze impegnate nei soccorsi e addebitando la tragedia a una manovra errata degli scafisti. Tuttavia, anche in questa sede, secondo le opposizioni, apparivano evidenti lacune nella ricostruzione dei fatti: in particolare, emergeva un buco informativo di quattro ore almeno tra il tentativo andato a vuoto della Guardia di Finanza e il momento in cui, effettivamente, veniva lanciato l’allarme dai pescatori di Steccato. Alla vigilia del Consiglio dei Ministri straordinario convocato a Cutro per il 9 marzo, molte delle domande sul mancato intervento della Guardia Costiera restavano dunque senza risposta.

Sempre l’8 marzo si diffuse a Crotone la voce che i 71 feretri presenti al Palamilone sarebbero stati trasferiti in blocco entro quella giornata al cimitero musulmano di Bologna. La decisione, assunta unilateralmente dal ministero dell’Interno, scatenò la plateale reazione di protesta dei parenti delle vittime, che si distesero sul selciato antistante il palazzetto bloccando il traffico. La decisione rientrò in serata per intercessione del sindaco di Crotone, Vincenzo Voce, ma molti parenti dormirono nel palazzetto accanto alle bare dei propri cari per paura che i feretri fossero spostati con il favore della notte.

Il Consiglio dei ministri a Cutro e la successiva conferenza stampa

In questo clima, il Governo giunse nel pomeriggio del 9 marzo a Cutro, protetto da imponenti misure di sicurezza. 

La piazza si divise tra contestatori e sostenitori. Il Governo fu ricevuto con tutti gli onori dalle autorità locali, fatta eccezione per il sindaco di Crotone, non invitato, malgrado il forte coinvolgimento della città nella tragica vicenda. Giorgia Meloni scoprì una targa di marmo in memoria delle vittime che riportava una frase pronunciata da Papa Francesco all’Angelus della domenica precedente e una dichiarazione di impegno del Governo nella lotta ai trafficanti di esseri umani. Venne, quindi, approvato un decreto-legge che inaspriva le pene nei confronti dei trafficanti e apportava modifiche alle norme sull’immigrazione.

Al termine del Consiglio dei ministri, la presidente Meloni, i vicepresidenti Antonio Tajani e Matteo Salvini, e i ministri Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, si ritrovarono nel chiostro interno il Municipio di Cutro per l’annunciata conferenza stampa.

Gli esponenti di Governo illustrarono il tenore dei provvedimenti approvati, ribadendo ancora una volta la politica perseguita nel contrasto all’immigrazione clandestina che, grazie al decreto appena approvato, consentiva ora – affermò la Presidente Meloni – di cercare e perseguire i trafficanti su “tutto il globo terracqueo” Tuttavia, quando i giornalisti locali intervennero fuori dal programma per incalzare la presidente sulla ricostruzione lacunosa dei fatti, Giorgia Meloni andò in confusione mostrando scarsa conoscenza della vicenda, approssimazione e imbarazzo. Alla fine della conferenza, richiesta sulle ragioni per cui non era andata a Crotone a rendere omaggio alle vittime ancora al Palamilone (a sedici chilometri di distanza), la Meloni mostrò ancora grave imbarazzo, dicendo che avrebbe invitato i parenti a Palazzo Chigi.

Manifestazioni di massa e la solidarietà della società civile

Il 5 marzo migliaia di cittadini provenienti da tutti i centri limitrofi parteciparono a Steccato di Cutro a una Via Crucis interconfessionale in memoria delle vittime, organizzata dall’arcidiocesi di Crotone-Santa Severina, alla quale partecipò anche la comunità musulmana guidata dall’Imam di Cutro. La croce era stata appena costruita da un artigiano di Le Castella utilizzando pezzi del relitto. La lunga processione, con meditazioni inedite dedicate alla strage, partì dalla piazza della frazione marina e si concluse sulla spiaggia a poche centinaia di metri dal luogo della tragedia con una preghiera collettiva.

L’11 marzo i sindacati e le organizzazioni del terzo settore convocarono a Steccato di Cutro una manifestazione nazionale per chiedere di fermare le stragi in mare. La piccola frazione marina si ritrovò ancora inondata da una marea di persone provenienti da ogni parte d’Italia, che concluse il lungo corteo sulla spiaggia, disseminata di croci e di fiori in memoria delle vittime.

Il 25 marzo, dopo l’inaugurazione di una stele commemorativa nella piazza centrale di Steccato, l’Orchestra sinfonica della Calabria, diretta dal maestro Alberto Veronesi, ha eseguito nella chiesa dell’Annunziata di Cutro lo “Stabat Mater” di Giovanni Battista Pergolesi, in ricordo della tragedia.

Il 26 marzo, a un mese dalla strage, si è tenuto a Steccato di Cutro un raduno di artisti convocato dal drammaturgo e regista Giancarlo Cauteruccio che hanno dato luogo a una manifestazione artistica composita in memoria delle vittime della strage.

Il 9 aprile è stato pubblicato “Quale umanità“, un instant book scritto da Vincenzo Montalcini, direttore di CrotoneNews, che ripercorre tutte le tappe delle catastrofe e le storie di grande solidarietà nate con la drammatica vicenda. Il ricavato delle vendite è interamente devoluto alla ONG Emergency.

Le indagini

Il 28 febbraio 2023, la polizia italiana aveva arrestato un uomo turco e due cittadini pakistani per traffico di esseri umani. Tuttavia, con il trascorrere dei giorni, cominciavano ad emergere – anche grazie al lavoro svolto dalla difesa dei parenti delle vittime – sempre più evidenti falle nella catena di comando, secondo l’Ammiraglio Vittorio Alessandro, dovute all’interposizione di un filtro al sistema del soccorso, nei fatti gestito dalla Guardia di Finanza.

Spuntò una direttiva emessa dal ministro Salvini che intimava a rispettare vecchie norme, introdotte nel 2005 ma rimaste inattuate fino al 2018, perché in contrasto con le normative internazionali: tali regole davano priorità alle operazioni di polizia rispetto alle esigenze di salvataggio.

Salvini

Il 19 marzo il quotidiano “La Repubblica” pubblicava in esclusiva un’annotazione, sul giornale delle operazioni del 25 febbraio, dell’ufficiale di turno della Guardia di Finanza che smentiva clamorosamente la versione dei fatti sostenuta con forza da tutti gli esponenti di Governo: da tale documento – contrariamente a quanto sostenuto sin dalle prime ore dal ministro Piantedosi – si evinceva che il velivolo Frontex aveva segnalato subito la presenza di numerose persone a bordo, tanto che l’ufficiale – compresa la situazione, aveva annotato immediatamente che il natante portava migranti. Tale situazione, benché conosciuta anche dalla Guardia Costiera rimase senza conseguenze: nessuno avviò il soccorso e si decise di aspettare che l’imbarcazione arrivasse nelle acque territoriali, senza avviare né alcuna ricerca né alcun soccorso.

Frontex

Il 21 marzo, durante un’audizione alla Commissione Libe del Parlamento Europeo, Hans Leijtens, direttore esecutivo di Frontex, dichiara che “la decisione, se far intervenire la Guardia di Finanza o istituire un’operazione SAR, spettava all’Italia”.

Nel frattempo, l’incidente probatorio contro i presunti scafisti ha fatto emergere altri particolari utili a ricostruire l’apparente inadeguatezza dei soccorsi. Le domande dei difensori dei familiari delle vittime (gli avvocati Francesco Verri, Luigi Li Gotti, Mitja Gialuz e Vincenzo Cardone) hanno permesso di stabilire che due migranti sono stati salvati in mare dalla Guardia Costiera alle 6.50, cioè due ore e 50 minuti dopo la strage, avvenuto alle 4. Con loro c’era un bambino, morto per ipotermia dopo un’ora dallo schianto.

Inoltre, i sopravvissuti hanno raccontato che, alle 4.30 in spiaggia non c’era ancora nessuno, ad eccezione dei pescatori. Queste notizie risultano confermate dalle relazioni dei Carabinieri e della Guardia Costiera sui tragici fatti del 26 febbraio. In effetti, la pattuglia dei Carabinieri è giunta sulla spiaggia alle 4.37 mentre la Guardia Costiera è arrivata via terra alle 5.35 e via mare alle 6.50.

Il 26 maggio, a tre mesi di distanza dalla strage, il quotidiano “La Repubblica” ha annunciato una svolta nelle indagini dopo aver intervistato il Procuratore della Repubblica di Crotone, Giuseppe Capoccia. Nello stesso articolo si riportano le dichiarazioni dell’avvocato Francesco Verri sulle intenzioni del pool di avvocati che difende i familiari delle vittime di presentare anche un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per la violazione, irrimediabile per mezzo di ricorsi nazionali, del diritto alla vita dei migranti. Uno dei presupposti è la raccomandazione della Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, rivolta ai Paesi europei nel 2019, perché considerino in pericolo una barca che trasporta migranti sin da quando lascia le coste da cui parte e non solo se sta affondando.

L’1 giugno i pubblici ministeri di Crotone hanno ordinato la perquisizione degli uffici della Guardia di Finanza di Vibo Valentia e di Taranto. Nelle stesse ore, al termine di un’inchiesta supportata da Lighthouse Reports, alcuni giornali nazionali e internazionali hanno dimostrato, pubblicando i documenti, che Frontex, la sera del 25 febbraio, aveva comunicato l’avvistamento di ‘una barca con possibili migranti’, senza lasciare quindi il proprio messaggio alle interpretazioni.

I presunti colpevoli

Ieri, infine, il rinvio a Giudizio dei quattro finanziari e di due militari della Guardia costiera. Avrebbero loro sulla coscienza la strage di Cutro. 

Come è facile  alzare il ponte levatoio nel neo-medioevo Occidentale, mentre centinaia di disperati annegano nel fossato d’acqua che separa il nostro Feudo all’aria condizionata dalla terra di nessuno. Quanto non vale niente la vita dei nuovi servi della gleba fuori le mura che arrivano dall’Africa o dall’Oriente. Cattivi “perché si ostinano a voler partire mettendo a repentaglio la vita dei bambini, invece di lottare per il riscatto della loro terra”, magari lavorando da schiavi nelle aziende che producono i nostri iPhone. E che dire dei trafficanti? Loro sono i veri responsabili “che perseguiremo ovunque!” Quando, dove, come?

Ma poi, anche loro, sono solo vittime e carnefici di un’Africa sfruttata senza scrupoli, vittime e carnefici di un Medio Oriente devastato dai campi profughi e dalle operazioni di polizia internazionale e di un Estremo Oriente in cui chi può è in fuga da Talebani, prostituzione e miseria. Ma anche qui, una devastazione senza responsabili; se non gli scafisti. La solita guerra tra poveri disperati, esattamente come nella lotta alla mafia. Niente di più. Silenzio. Giù la testa e sguardi a terra!

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