Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Dalla Sicilia a Monterey: in California si parla siciliano

Dalla Sicilia a Monterey: vi raccontiamo della comunità di siciliani nella cittadina californiana che si affaccia sull’Oceano Pacifico...

di Clara Di Palermo

Un popolo di migranti, quello siciliano, con esempi illustri di uomini e donne che hanno fatto la storia, anche se non sempre con clamore. Vi raccontiamo della comunità di siciliani a Monterey, cittadina californiana che si affaccia sull’Oceano Pacifico.

 

di  Clara Di Palermo

In un momento storico in cui si sente sempre più spesso parlare di italiani in fuga, soprattutto pensionati che lasciano il Belpaese per andare a installarsi in paesi dove la qualità della vita è nettamente superiore e dove le pensioni hanno un maggiore potere d’acquisto, ci fa piacere fare un passo indietro alle prime migrazioni. Le prime migrazioni dalla Sicilia, quando i nostri conterranei lasciavano l’Isola in cerca di miglior sorte.
Da più fonti si apprende che la prima consistente emigrazione dalla Sicilia rimonta al 1870, qualche anno dopo l’unificazione d’Italia quando, cioè, si accentuarono quelle differenze che già esistevano tra nord e sud. Argentina, Stati Uniti e Africa accolsero numerosi siciliani e lì insistono ancora oggi grandi comunità.

Oggi, però, vogliamo occuparci di un gruppo di siciliani che si stabilì a Monterey, in California, cittadina che si affaccia sull’oceano Pacifico.

Questi siciliani avevano tutti una caratteristica comune: venivano da una tradizione di pescatori che trasferirono nella città californiana le cui acque sono caratterizzate da una grande varietà di pesce. Non a caso è oggi una bellissima riserva naturalistica marina.
Si adattarono benissimo al territorio, si integrarono perfettamente nella comunità locale e addirittura si deve a uno dei primi siciliani emigrati a Monterey, Pietro Ferrante, l’introduzione di uno strumento utile alla pesca che portò grande innovazione nell’economia locale: la lampara, imbarcazione tipica siciliana utilissima per la pesca delle sardine.
Basti pensare che, grazie a questa innovazione, un industriale statunitense che inscatolava sardine, quintuplicò i suoi affari.port

La voce si sparse, arrivando in Sicilia, da dove partirono in  migliaia alla volta di Monterey, tanto che intorno agli anni ’40 un terzo della popolazione della cittadina era composto da siciliani.
La fiorente economia del piccolo centro californiano destò l’interesse non solo di industriali e uomini d’affari, ma anche di scrittori e cineasti, primo tra tutti lo scrittore John Steinbeck che la celebrò nel suo libro “Cannery Row”.
Un po’ come accade oggi nelle nostre città dove le comunità di stranieri ricostituiscono pezzi della loro terra all’estero, così i siciliani stabilitisi a Monterey, sebbene provenienti da diverse città e paesi della Sicilia, costituirono un gruppo compatto, cosa che fu fondamentale per raggiungere quei successi sociali ed economici che li videro protagonisti.

A Monterey arrivavano, inizialmente, soli uomini. Si spostavano “in avanscoperta” per capire se c’era possibilità di una vita migliore; successivamente chiamavano la famiglia per essere raggiunti. La storia, come avviene in tutti i paesi in casi di emigrazione, ci racconta anche di uomini che, giunti a Monterey, “dimenticavano” la loro famiglia lasciata in Sicilia per formarne una nuova con donne del luogo.
Ma quando  si trasferiva l’intero nucleo familiare, sia uomini che donne avevano ruoli ben precisi ma è molto importante rilevare come l’emancipazione della donna e del suo ruolo all’interno della famiglia, lì ebbero una grande accelerazione.
Con un duplice aspetto: in casa e fuori casa. In casa perché, con i mariti in mare per lunghi periodi per le battute di pesca, erano loro a dover governare le famiglie, amministrare le risorse economiche e prendere tutte le decisioni, anche riguardo ai figli. Fuori casa, invece, perché, grazie a questo forte impulso allo sviluppo economico di Monterey, le donne ebbero la possibilità di andare a lavorare, trovando impiego nei conservifici della zona e contribuendo in maniera sostanziale all’economia della famiglia. Cosa che fece acquisire loro maggiore consapevolezza delle loro capacità e maggiore forza nella società, certamente molta di più di quella che, all’epoca, avrebbero avuto restando in Sicilia.

In questo nostro breve viaggio immaginario a Monterey, un annotazione a parte merita l’uso del dialetto siciliano, ancora oggi tramandato e parlato in numerose famiglie di origine siciliana, in moltissimi casi parlato “more fluently”, più correttamente, dell’italiano. Gli uomini in mare, tra di loro, parlavano esclusivamente in dialetto, contribuendo a tramandarne l’uso…un legame mai spezzato con la terra madre.

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