Superare il problema dello sbarramento dell’accesso al credito conseguente all’inserimento nelle “black list” con l’inevitabile fallimento. E’ il destino, spesso segnato, delle imprese confiscate alla mafia che finalmente, in Sicilia, con la norma inserita nella manovra quater approvata, potranno avere un orizzonte di rilancio economico, con un fondo da quattro milioni di euro con prestiti a tasso zero erogato attraverso l’Irfis. Lo prevede l’articolo 16, presentato oggi dal presidente della commissione regionale Antimafia, Antonello Cracolici, insieme alle deputate della commissione Bernadette Grasso e Jose Marano. L’obiettivo dichiarato è “impedire il fallimento delle aziende che avviene con percentuali anche del 98% – ha detto Cracolici – ma soprattutto dare senso al tema del riutilizzo sociale dei beni confiscati, che non sembra essere una priorità dello Stato. Ora invece, la nostra Regione, che ha il più alto numero di beni e imprese sottratte alla mafia, potrà creare delle storie di successo da emulare in altri territori”. La norma, inoltre, prevede un sostegno a fondo perduto di 10mila euro per le attività iniziali nel settore dell’agricoltura sociale e che lavorano sui terreni confiscati.
Piani asseverati
Gli interventi agevolativi sono finalizzati al risanamento e al rilancio delle imprese, sulla base di piani asseverati, nell’ambito dei processi autorizzativi da parte delle autorità giudiziarie e dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc).
Un impegno serio per le imprese confiscate
“La Regione non guarda la partita delle imprese confiscate dagli spalti – ha aggiunto Cracolici –. Ma si impegna concretamente per risolvere i problemi che nel corso degli anni si sono manifestati. Nella gestione delle aziende e dei beni confiscati non possono esserci opacità, perché lì si gioca la credibilità dello Stato. Per questo auspico una rivisitazione del modello dell’Agenzia nazionale. E bisogna farlo, rafforzando il ruolo della Regione. Questo spezzettamento delle competenze soffoca di burocrazia anche le realtà produttive”.