Ddl sugli Enti Locali. Un passo avanti e due indietro. E’ così che vanno le cose in Sicilia, fuori e dentro la politica. Come nel caso delle “quote rosa”. Uno strumento sociopolitico approdato in Italia, dopo anni di battaglie, nel giugno del 2011 per garantire una rappresentanza paritaria dei genere. Un’azione strategica finalizzata a impedire che le donne fossero sottorappresentate rispetto agli uomini.
La legge 120 del 2011, infatti, ha introdotto le quote di genere, stabilendo una percentuale di presenza femminile obbligatoria nell’ambito politico e non solo.
Oggi, dopo un radicamento nel tessuto sociopolitico, evolutosi nell’arco di oltre un decennio sull’intera Penisola, in Sicilia, sbarca all’Ars, la legge sugli enti locali che prevede solo il 20 per cento di assessori donne nei Comuni. Mentre nel resto d’Italia sono il doppio.
Approfondiamo l’argomento con le due deputate del Movimento 5 Stelle, tra le prime a scendere in campo, Josè Marano e Roberta Schillaci.
Le spaccature provocate dal Ddl sugli Enti Locali
In merito alla Ddl sugli Enti Locali che prevede solo il 20 per cento di assessori donne nei Comuni, sbarcata in Assemblea, la maggioranza si spacca. Possiamo entrare nel dettaglio della spaccatura, visto che alcune delle firmatarie contro il Ddl sono proprio del Centro destra?
Josè Marano – “Quando si parla di parità di genere e di diritti sacrosanti non dovrebbero esistere schieramenti politici, se non il pensiero che una cosa è giusta o meno. L’equità tra uomo e donna prescinde dall’appartenenza partitica e la presa di distanza da parte di esponenti del Parlamento Siciliano da quella ridicola soglia del 20 percento non solo conferma quanto dico ma impone una seria riflessione sulla strada giusta da intraprendere per garantire pari trattamento tra uomo e donna”.
Roberta Schillaci: Innanzitutto devo dire che è una vergogna ed è ridicolo. Fino a oggi, i Consigli e le Giunte comunali hanno semplicemente recepito un principio e non la norma nazionale, che prevede il 40% con la legge 56 del 2014. Quindi, è, soprattutto, ridicolo che nel 2024 non si recepisca il 40 per cento e si dia questo contentino come una riserva di legge.
Noi donne del Movimento 5 Stelle siamo particolarmente offese, in generale da tutto il Parlamento siciliano.
I primi a volere l’abbassamento
Chi, esattamente, vuole, per primo, questo abbassamento delle quote basato sul genere con il Ddl sugli Enti Locali e, soprattutto, perché?
J. M. – “Semplice. L’abbassamento della percentuale di rappresentanza di genere viene sostenuto da chi vuole relegare le donne ai margini”.
R. S. – In realtà, il Ddl sugli Enti Locali non è un abbassamento ma è un non recepimento di una norma nazionale del 40%, previsto anche da leggi nazionali sulla parità di genere. Non solo, ma previsto anche dalla carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e soprattutto dall’articolo 51 della Costituzione.
Cosa posso dirle, che, in linea di principio il Movimento 5 stelle non è a favore di riserve di legge. Noi abbiamo dimostrato con la rivoluzione che c’è stata nel 2018, dove per la prima volta entrò una quantità di donne al Parlamento nazionale incredibile, facendo passare la percentuale e facendola alzare dal 19 al 35 per cento della rappresentanza di genere femminile. La stessa cosa è avvenuta al Parlamento siciliano che dobbiamo ricordare che dal 1947 al 2018 solo 46 donne si sono sedute sugli scranni del Parlamento più antico d’Europa e appena il 5,6% sul totale di 811 deputati eletto nel corso delle 17 legislatura. La prima presenza significativa viene appunto con la sedicesima legislatura quella del 2012, dove sono state 15 elette donna di cui sei col Movimento 5 stelle. Poi c’è stata nella diciassettesima legislatura il più alto numero con 18 deputate; la metà del Movimento 5 stelle.
Oggi abbiamo una inflessione, perché oggi le deputate sono 13.
Distinzione di percentuali
Qualcuno vuole la soglia al venti per cento, qualcun altro al dieci, qualcun altro al trenta. Possiamo fare una distinzione tra le percentuali, attribuendo la volontà di ciascuno?
J. M. – “Partiamo dal presupposto che c’è una normativa nazionale che stabilisce un tetto minimo al 40 percento e che è stata ignorata. Al danno si è aggiunta la beffa perché non solo è stata ignorata una soglia che vale già su tutto il territorio italiano per i comuni sopra i tremila abitanti ma di fatto con uno scandaloso gioco al ribasso tale soglia è stata abbassata al 20 percento. L’ho detto anche in aula, non si fanno le passerelle per parlare di parità di genere se poi quando è il momento di legiferare si va in un’altra direzione. Il mio emendamento propone che si porti la soglia al 50%, non comprenderei una soglia inferiore se si parla di parità”.
Nel resto d’Italia, il doppio
Perché nel resto d’Italia sono il doppio, rispetto alle quote proposte all’Ars e tali sono rimaste, pur trattandosi di due Governi entrambi di Centro Destra?
J. M. – “Perché lo squallido gioco a danno delle donne, purtroppo, non ha colore politico. È un fatto culturale, ripeto, qui la politica c’entra relativamente. Da piccoli, alle donne e gli uomini vengono inculcati luoghi comuni per cui la donna può fare determinate cose, altre no perché si presume che non siano alla sua portata. Tra queste c’è la politica, considerata dal mainstream una partita per soli uomini”.
R. S. – Perché nel resto d’Italia si è recepita la norma della legge 56 del 2014. Quindi, anche noi proveremo a far recepire, innanzitutto chiedendo un 50%. Pertanto, abbiamo depositato come Movimento 5 stelle gli emendamenti al testo dove chiediamo il 50% di rappresentanza, ma che almeno venga rispettata e recepita la norma nazionale che prevede la legge 56 del 2014 quindi il 40% con arrotondamento aritmetico.
Motivo di ulteriore spaccatura
Pensate che questo rappresenti ulteriore motivo di spaccatura all’interno dell’Ars, governato dal Centro Destra e, quindi, del Centro Destra?
J. M. – “Questo lo vedremo, quel che è certo è che noi siamo pronti a fare le barricate. E chiederemo il voto palese affinché ciascuno si prenda la propria responsabilità, affinché elettori ed elettrici conoscano la posizione di ciascun deputato. Tutti devono metterci la faccia”.
R.S. – Bhe, la spaccatura nel centrodestra e su tanti fronti e su tanti temi. Ne è prova anche questo disegno di legge che è stato stoppato più volte col tentativo di rimandarlo in commissione ma non solo per il discorso della rappresentanza di genere nelle giunte comunali. Io credo che il motivo sia non solo culturale, in cui siamo molto indietro, e come tutti i processi culturali hanno bisogno di tempi lunghi, ma secondo me è anche un discorso di opportunità politica, perché le donne sono meno inclini a scendere a compromessi proprio per le loro capacità, la loro determinazione, il fatto che siano multitasking e meno influenzabili. Per cui, naturalmente, anche i partiti tradizionali e soprattutto di centrodestra che sono conservatori hanno difficoltà a digerire una norma che vede il 40%
Appello Bipartisan contro il Ddl sugli Enti Locali
Quando parliamo di Appello Bipartisan, vuol dire che la spaccatura nel nostro Paese è più di genere che di carattere politico?
J. M. – “In realtà io trovo assurdo che si parli di spaccatura in relazione a temi, come appunto i diritti delle donne, che dovrebbero mettere d’accordo tutti”.
R. S. – Io credo che tutte le donne siano sul piede di guerra al di là dell’appartenenza, perché l’appello è bipartisan e lo stiamo firmando tutte le deputate del Parlamento siciliano e anche molte consigliere comunali presenti sul territorio regionale. La battaglia non è solo di carattere politico.
Aspetto culturale del Ddl sugli Enti Locali
Che significato assume sul piano culturale ed evolutivo della donna, rispetto all’uomo il Ddl sugli Enti Locali?
J. M. – “Il Parlamento Siciliano ha l’occasione di dare un segnale importante sotto il profilo della sensibilizzazione dei cittadini alle pari opportunità. Un segnale che investe la coscienza collettiva di tutti noi. Questa occasione per iniziare a cambiare il paradigma non va sprecata e se tutti i rappresentanti, donne e uomini che fanno politica in quest’isola e i rispettivi leader, vogliono davvero dimostrare di avere coraggio, cominciassero a ragionare anche ad una Presidente della Regione donna ed una Presidente dell’Assemblea Regionale donna visto che la Sicilia non ne ha mai avute e questo la dice lunga su come la pensano gli uomini che fanno politica in quest’isola”.
R. S.- Secondo me l’ appello è una battaglia di tipo culturale per le cose che le ho detto prima. Le donne hanno una sensibilità diversa, scendono a meno compromessi e sono molto più determinate oltre che multitasking. Adesso, la battaglia si sposterà sulla piazza del Parlamento siciliano con la manifestazione del 15 ottobre. Molto probabilmente organizzeremo anche una conferenza stampa e speriamo di avere riscontri positivi.
In ultima cosa le volevo anche evidenziare che abbiamo chiesto il fatto di non di non far ricorrere al voto segreto al vergognoso strumento, perché su questa battaglia occorre che ognuno metta la faccia sulla votazione del 15 ottobre