Foggia, 8 maggio 2017. Un’altra tragedia sul lavoro: morto folgorato operaio Enel di Gravina di Puglia. Michele Lopez aveva 53 anni: è morto dopo aver urtato, durante una manovra con un mezzo meccanico, un cavo di media tensione. Il 3 maggio un 24enne aveva perso la vita sul cantiere ferroviario dell’Alta velocità. L’incidente, intorno alle 18 nei pressi di una azienda in via Roma, all’ingresso del paese, dove una squadra di operai della CMA costruzioni meccaniche agroalimentari di Gravina in Puglia, stava effettuando alcuni lavori.
Michele Lopez, un 53enne di Gravina in Puglia (Bari), è morto dopo aver urtato, durante una manovra con un mezzo meccanico, un cavo di media tensione. L’uomo, al contrario di quanto riferito in un primo momento, non era un dipendente di Enel Distribuzione.
Roma 12 marzo 2019 (pubblicato il 16 luglio 2019), Cassazione Penale, Sez. 4 n. 30984 (Olympus, Osservatorio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza).
In relazione all’Infortunio mortale di C.M., e alla successiva morte per insufficienza respiratoria con grave trauma cranico, in quanto colpito al capo da un tubo montante della lunghezza di mt. 1.80 precipitato da un piano a quota 67.800 della caldaia 3° gruppo nel cantiere ENEL, sono condannati: in qualità di datore di lavoro nella ditta MCP s.r.l. appaltatrice delle opere commissionate dall’ENEL di montaggio tubazioni polverino 3° gruppo, P.G.; in qualità di datore di lavoro della ditta CEMIT s.r.l. e D.D., operaio con mansioni di caposquadra della ditta MCP s.r.l., unitamente a T.S., capocantiere della ditta MCP s.r.l. e a D.C.,; in qualità di capo-cantiere della ditta CEMIT s.r.l., in relazione al reato di cui all’art. 589, commi 1 e 2 cod. pen. perché, nelle qualità sopra indicate e D.D., quale autore materiale della condotta, per colpa, consistita in negligenza, imprudenza, nonché nella violazione di specifiche disposizioni di legge, che avevano cagionato la morte di C.M, in quanto colpito al capo da un tubo montante della lunghezza di mt. 1.80 precipitato da un piano a quota 67.800 della caldaia 3° gruppo nel cantiere ENEL.
Pietramelara, Caserta 02 gennaio 2021. Incidente sul lavoro, nel casertano, dove un tecnico dell’Enel di 54 anni, Alfonso Cassese, di Piedimonte Matese, è morto mentre riparava un guasto ad una linea elettrica in contrada Parata.
Secondo quanto accertato dai Vigili del fuoco e dai Carabinieri, ad uccidere il lavoratore è stata un’improvvisa scarica ad alto voltaggio generata da uno sbalzo di tensione avvenuto mentre Cassese stava lavorando su un palo dell’elettricità; con lui, c’era un altro collega. Il 54enne, sposato e con due figli, è stato soccorso dai sanitari del 118, chiamati dai residenti, ma non c’è stato nulla da fare. I Carabinieri della locale stazione e della Compagnia di Capua hanno sequestrato l’area e stanno svolgendo le indagini. Immediate le reazioni del mondo sindacale
Palù Verona, 26 settembre 2021. Folgorato sul lavoro, tecnico di Enel Energia muore su di un traliccio a Palù. Il 118 di Verona ha parlato di infortunio sul lavoro, nel descrivere l’incidente mortale avvenuto nel pomeriggio del 26 settembre 2021, a Palù. Poco dopo le 14.30, un tecnico di Enel Energia è rimasto folgorato ed è deceduto. Gli operatori sanitari sono arrivati a soccorrerlo con un’ambulanza ed anche con l’elicottero, ma la morte dell’operaio era già sopraggiunta e non era dunque più possibile salvarlo portandolo in ospedale.
Teramo, lunedì 25 settembre 2023. Un operaio è morto folgorato mentre stava lavorando a Valle San Giovanni, frazione di Teramo, per una ditta privata incaricata da Enel. Il giovane operaio – Gianluigi Ragni, 26 anni, di Campli – era su un traliccio della linea elettrica quando è rimasto folgorato da una potente scarica. Per il giovane operaio sono stati inutili i soccorsi del 118. Sul posto anche i Vigili del fuoco e la Polizia per gli accertamenti per far luce sul decesso. Un’altra drammatica morte sul lavoro che riapre il doloroso capitolo della sicurezza in cui operano operai e dipendenti.
Bargi, Bologna 9 aprile 2024. Centrale idroelettrica Enel di Bargi, sul lago artificiale di Suviana, nell’Appennino, in provincia di Bologna, quattro lavoratori sono morti, cinque sono rimasti feriti, tre illesi e quattro sarebbero dispersi.
L’esplosione è avvenuta nella centrale idroelettrica Enel Green Power di Bargi, situata nei pressi del lago artificiale di Suviana, nel Bolognese. Un numero che sarebbe destinato a salire: l’ultimo aggiornamento della Prefettura di Bologna segnalava 3 morti, 5 feriti gravi, quattro dispersi e 3 persone rimaste illese per un totale di 15 persone coinvolte.
Le vittime tutte di ditte esterne. Gli operai coinvolti nell’esplosione che aveva interessato una turbina della centrale elettrica Enel erano quasi tutti appartenenti a ditte esterne alla società. A causare l’incidente sarebbe stato lo scoppio di una turbina in fase di manutenzione, a 30 metri sotto il livello del lago. L’incendio era divampato al piano meno 8, successivamente aveva ceduto un solaio e gli operai erano rimasti bloccati. Il piano meno 8 e meno 9 completamente invasi dall’acqua: i sommozzatori dei Vigili del fuoco sono al lavoro per recuperare i dispersi.
Il lavoro esternalizzato e i sub-appalti al massimo ribasso
Il segretario della Cgil di Bologna: «Quello che è grave è quello che non sappiamo. Non si sa quali sono le aziende di cui erano dipendenti i lavoratori esterni. Poi scopriamo che uno è un pensionato, una partita Iva». Le domande attendono una risposta che da Enel arriva solo in parte.
Nella centrale «erano in corso lavori iniziati a settembre 2022, attività programmate che stavano terminando con timing già previsti» la versione dell’Ad, Salvatore Bernabei: «Per effettuare questi lavori di aggiornamento tecnologico abbiamo scelto alcune tra le migliori ditte del settore, parliamo di Siemens, Abb e Voith. I contractors da noi scelti sono sinonimo di prestigio a livello globale. Queste aziende, a loro volta, possono decidere di rivolgersi ad altri specialisti. Domande su questo aspetto sono da rivolgere ai contractors, noi sottolineiamo che sono lavori solo per specialisti, e a loro li abbiamo affidati».
E di certo, quelle domande, saranno il cuore dell’inchiesta aperta dalla Procura di Bologna su disastro colposo e omicidio colposo,
Le informazioni sulle mansioni di vittime e dispersi al momento sono poche. Vincenzo Garzillo, il pensionato a cui fa riferimento la Cgil, aveva 68 anni e un profilo professionale da “commissioning manager”, cioè da vero esperto. Aveva lasciato il lavoro da un anno. Quando lavorava per Enel nella Centrale di Presenzano (Caserta) si occupava della riattivazione dei macchinari delle centrali idroelettriche. Compito che ora svolgeva per la Lab Engineering, ditta di Ortona (Chieti), che si occupa di metanodotti, impianti di perforazione e produzione di olio e gas, e di tecnologie innovative. E proprio nella sua qualità di esperto sarebbe stato mandato a Suviana per supervisionare alle operazioni di riattivazione delle macchine.
Gli altri erano tecnici e manutentori di vario tipo, venivano un po’ da ogni parte d’Italia: Mestre, Milano, Pontedera. Paolo Casiraghi, che di anni ne aveva 59 e veniva da Milano, invece, lavorava da una vita come tecnico specializzato all’Abb: a Bargi era andato per controllare il corretto funzionamento delle turbine, due, che erano state installate di recente.
A poche ore dall’incidente i nodi da sciogliere sulla tragedia restano ancora tanti. A cominciare da quello sulla sicurezza dell’impianto. Secondo il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, le condizioni della centrale erano finite sotto la lente del sindacato da tempo: «Un anno fa la nostra organizzazione sindacale aveva denunciato il fatto che non si intervenisse; ci sono documenti presentati sui quali si diceva che la sicurezza non era al massimo. Avevamo scritto dicendo che c’erano procedure e sistemi da migliorare. Purtroppo, non ci sono state risposte. In una logica nella quale gli appalti al massimo ribasso e i subappalti a cascata tengono conto solo del profitto, dell’utile, e non rispettano la vita umana, poi abbiamo le tragedie».
22 i morti dal 2010
La Uil aveva scattato una fotografia generale della condizione delle centrali in Italia, evidenziando la presenza di combustibili non sempre correttamente presidiata, spazi di movimento troppo angusti, strutture datate: «Metteremo tutto a disposizione delle autorità», aveva assicurato Bombardieri.
Per Fulvio Conti, ad ENEL, «Dall’inizio del 2010 sono 22 i morti in azienda e negli appalti. Per Samy Gattegno di Confindustria gli appalti possono dare luogo a concorrenza sleale, abbiamo gare con sconti del 50-60%» e aveva aggiunto: «Se togliamo il 50% di infortuni sul lavoro che sono in itinere, cioè per le strade, l’altro grande problema degli infortuni è legato agli appalti».
Anche Samy Gattegno, presidente del Comitato tecnico per la sicurezza di Confindustria, intervenendo a un dibattito a Roma aveva puntato il dito sulle gare di appalto, specialmente su quelle al ribasso. “Quello degli appalti – spiega Gattegno – non è un problema facile da risolvere, di sicuro dobbiamo qualificare bene le aziende all’interno delle quali cerchiamo i nostri fornitori”. “Dobbiamo fare in modo – ribadisce l’esponente di Confindustria – che siano aziende sane all’interno delle quali non si verifichino incidenti”. Gli appalti, quindi, possono dare luogo “a una concorrenza sleale”, soprattutto quando “abbiamo gare con sconti del 50-60%”.
La Storia, la geografia… e la finanza
Da qualche settimana uno spot di ENEL imperversa su tutti i canali TV, sia satellitari che terrestri. Una campagna in grande stile con costi milionari. Più che la sicurezza o lo stop alla esternalizzazione del lavoro con subappalti alle ditte esterne ribassati fino al 50/60 %, la priorità è la percezione e l’immagine dell’Azienda che va ristabilita. Il titolo: “La storia siamo noi”. Non c’è dubbio. La storia siete voi.
A cominciare dal disastro del Vajont (9 ottobre 1963, duemila vittime) e di Siracusa, il cui litorale alla fine degli anni ’50 venne immolato nel nome dello sviluppo e del progresso. Qui Angelo Moratti da Milano venne a costruire la Rasiom, in grado di raffinare otto milioni di tonnellate di greggio all’anno. In seguito, arriveranno la Esso, l’Eni e l’Enel. E la costa, tra i comuni di Priolo, Augusta e Melilli, verrà ribattezzata “triangolo della morte”. La storia siete voi anche a Cerano. L’Enel di Cerano, a pochi chilometri da Brindisi, è la più grande centrale elettrica italiana, con i suoi 2.640 MW che, pur avendo gli impianti necessari, non ha mai attivato lo smaltimento separato delle polveri e delle ceneri derivanti dall’uso di olio combustibile pesante e gasolio nella centrale, che talvolta vengono utilizzati al posto del carbone. Queste polveri sono tossiche per la presenza di metalli pesanti, andrebbero quindi smaltite separatamente dalle normali ceneri del carbone, ma possono invece essere vendute per la fabbricazione del cemento. Le ceneri mescolate, provenienti da Cerano, secondo la Procura, finivano nel cementificio Cementir di Taranto, dando luogo ad un cemento tossico e fuori norma, poiché l’ammoniaca in esso contenuto lo indebolisce. Morale: fra smaltimento evitato e vendita delle ceneri tossiche, Enel avrebbe così ricavato 523 milioni di euro di indebito profitto.
La storia siete voi, anche quando l’azienda pubblica fu trasformata in SPA nel 1996, sotto il Governo Amato, e regalata ai privati, i quali la prima cosa che fecero fu di quotarla in Borsa (dal 1999) da cui, l’attuale assetto finanziario in cui ENEL è parte di un gruppo finanziario e multinazionale di imprese private che si occupa della produzione e della distribuzione di energia elettrica e gas in 29 paesi e nei 5 continenti. La cinquantanovesima azienda al mondo per fatturato, con 147,79 miliardi di dollari e con una capitalizzazione di borsa di 68,6 miliardi di euro, uno dei 10 principali titoli azionari sulla Borsa Italiana.
Enel e Coca Cola, life style
Meno male che nel 2015 Enel ha presentato all’Expo di Milano il progetto “Powering Education”, avviato insieme a The Coca Cola Company e Givewatts, “al fine di incrementare il consumo di energia elettrica rinnovabile nelle zone rurali del Kenya, tramite la distribuzione di lampade ad energia solare in diverse scuole sul territorio”. Il che ci consola. Coca Cola è una garanzia per la sete del Terzo mondo e gli studenti del Kenia possono dirsi fortunati.