Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Fabrizio Ventura tra la luce e le tenebre

Bianco e nero, male e bene, luce e tenebre. Fabrizio Ventura lascia al lettore la facoltà di esprimere un giudizio e dire se c’è o meno spazio per un lieto fine. Ce ne parla nella nostra intervista lo stesso scrittore, autore de L'origine del male

di Lavinia Castelli

Una storia d’amore ricca di misteri e colpi di scena. Una distopia dove l’Autore, Fabrizio Ventura proietta le sue paure, ma anche una riflessione filosofica sul lato oscuro che è presente nell’Uomo, sulla lotta interiore tra due anime che coesistono: Bene e Male. Questo e tanto altro è “L’origine del Male – Il Mistero di Enoch” (Algra Editore), romanzo d’esordio di Fabrizio Ventura, presentato qualche giorno fa a Catania. Abbiamo intervistato l’autore.

L’origine del romanzo

Ventura, come nasce l’idea del romanzo?
“Nasce da un sogno che ho fatto nel 2019. A partire da quel momento mi sono guardato dentro e, complice la pandemia, ho riflettuto a fondo sulla natura umana, su questo grande caos chiamato mondo, ma soprattutto sulla convinzione, sin troppo comune, che le cose non possano cambiare. A mio avviso non è così. Nel mio romanzo, infatti, racconto proprio la mia paura di vivere in un mondo fatto di difficoltà e distruzione, dove la sensazione è quella che le cose stiano per precipitare, ma la speranza non muore, così come Elpis che rimaneva, ultima, nel vaso di Pandora”.

Il sogno nel cassetto di Fabrizio Ventura

Ma, a proposito di sogno, anche la scrittura è stata sempre un suo sogno nel cassetto.
“E’ proprio così. Il tempo è la risorsa più scarsa di cui disponiamo. Io, prendendone coscienza, ho cambiato pian piano il mio rapporto con esso, cercando di andare oltre l’attesa frenetica delle vacanze o dei weekend per goderne. Solo così sono riuscito a tirare fuori dal cassetto il mio progetto, quello di un romanzo. Realizzare i nostri desideri è qualcosa che dobbiamo a noi stessi e a chi questa vita ce l’ha concessa”.

Come si combinano all’interno del romanzo le dimensioni narratologica e saggistica?
“I due livelli di lettura non sono in contrapposizione, ma camminano di pari passo e sono l’uno complementare rispetto all’altro. Insieme contribuiscono a dare spessore al libro, a fornire al lettore uno spaccato della condizione umana. Da una parte la storia dei due protagonisti, Jo e Mary, due giovani che provano a realizzare il sogno di una vita insieme. Dall’altra, invece, l’analisi filosofica del trascendente”.

Il filosofo Leibniz preso in prestito da Fabrizio Ventura

Nel libro Lei cita il filosofo Leibniz da cui prende in prestito la frase latina “Si Deus est, unde malum? Si non est, unde bonum?”.
“Rispetto al rapporto tra Bene e Male, il mio intento è quello di rappresentare una realtà senza esprimere giudizi. Semmai provo a porre interrogativi. Il Male deriva dal Non Bene. Non esiste una persona totalmente buona o totalmente malvagia. Anche i miti, soprattutto quelli ebraici, lo sostengono. Lucifero, ad esempio, cadde dal cielo perché osò guardare in faccia l’Onnipotente. Ma in quello sguardo c’era l’arroganza o il bisogno di amore? E Caino? Uccise Abele per odio nei suoi confronti o per la mancanza dell’amore di Dio?”.

Nero e bianco, luce e tenebre. L’uno necessario all’altro?
“Assolutamente. In una dualità che serve a entrambi”.

L’interpretazione al lettore

C’è un certo pessimismo di fondo nel suo romanzo. La coesistenza tra Bene e Male lascia o no speranza ai protagonisti?
“Beh, direi che dipende dai punti di vista. Lascio al lettore la facoltà di esprimere un giudizio e dire se c’è o meno spazio per un lieto fine. Citando il Talmud direi che vediamo le cose non per come sono ma per come siamo”.

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