La mostra personale del fotografo napoletano Guido Gosta “Corpi Strappati e altre lacerazioni …”, allestita presso lo Spazio βquadro, è stata curata da Marco Pomara; resterà visitabile fino al 4 maggio p.v. tutti i giorni dalle ore 17.00 alle ore 20.00, nei locali del Centro Culturale βιοτος , in via XII gennaio 2, a Palermo.
di Andrea di Napoli
In un arco di tempo lungo più di venticinque anni, Guido Gosta ha realizzato un gran numero di raffinate fotografie di nudo femminile curate nell’inquadratura, corrette nella scelta delle luci e nelle quali le modelle hanno assunto eleganti pose artistiche. Ma queste opere non costituiscono, realmente, il tema della mostra, sono soltanto il punto di partenza, gli oggetti da sottoporre ad ulteriori interventi di natura chimica, fisica e meccanica. Solo al termine dell’ ennesima aggressione da parte dell’artista saremo di fronte a un “prodotto finito”, benché mai assolutamente definitivo.
In una circostanza come questa, le mie considerazioni relative alla tecnica di realizzazione delle opere prevalgono sull’aspetto più meramente estetico. Secondo una generale consuetudine conservativa, tesa a salvaguardare le condizioni dei materiali fotografici, il calore, l’umidità relativa e l’esposizione a potenti fonti luminose rappresentano i principali fattori di rischio; le immagini inizialmente stampate su carta da acquarello, hanno, invece, subìto uno shock termico mediante l’impiego di freezer, forno e fuoco. In seguito vengono applicati sulla fotografia coloranti e vernici. La manifesta trasgressione di Gosta prosegue con una manipolazione violenta, senza l’utilizzo dei classici guanti bianchi, strappando via le immagini, producendo ampie lacune nell’emulsione e spesso lacerando anche lo stesso supporto delle sue opere. Quello che resta è una nuova opera, ogni volta diversa, imprevedibile ed unica. Utilizzando un adeguato plotter, tutti i lavori in mostra sono stati stampati su tela ed esposti sprovvisti delle cornici.
L’azione del feroce procedimento è incontrollabile e, sebbene sia sempre costante, pressoché ripetitivo, le esperienze precedenti non bastano ad impedire la casualità del risultato che rimane sempre una sorpresa anche per il fotografo che l’ha realizzato. Ciascuna opera deve la propria esistenza alla “scomparsa” dell’immagine di partenza, ormai resa irriconoscibile. Talvolta, comunque, l’immagine iniziale mantiene una sufficiente leggibilità anche alla conclusione di un trattamento che si potrebbe definire di finitura estrema.
Considerata la crudele violenza che le “sventurate” immagini di Guido Gosta hanno dovuto patire, appare ovvio che i soggetti siano corpi umani che, per quanto sani e seducenti, nella vita reale vengono inesorabilmente sottoposti all’aggressione selvaggia del tempo, delle malattie e delle disgrazie che la natura non fa mancare a nessuno, devastandone l’aspetto fisico oltre che la forza d’animo. Nel mondo esistono davvero individui indeboliti e maltrattati paragonabili, in un certo senso, ai “Corpi Strappati”.
Non vanno dimenticati tutti gli sforzi e gli accorgimenti che consentono ai collezionisti di mantenere, per quanto possibile, inalterati nel tempo i fototipi in loro possesso; ciò nondimeno, con la sua mostra, Gosta ci propone lo stimolante suggerimento di considerare il proprio lavoro sempre suscettibile di un ulteriore intervento. Si tratta di un’ evoluzione dell’opera che l’ artista distrugge con un azione iconoclasta “fai da te”. Dopotutto in passato anche un maestro colpì col martello la sua taciturna scultura.