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Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Francesco Domilici, il fotografo bagherese che ha conquistato il Regno Unito

Le sue foto sono state scelte tra quelle di migliaia di artisti in tutto il mondo. Da Bagheria a Londra, Francesco Domilici è oggi tra i fotografi più apprezzati e quotati nel Regno Unito, premiato per due anni dalla Royal Academy of Arts per la sua capacità di interpretare la realtà con uno sguardo che esce dai confini e apre a nuovi mondi

di Gilda Sciortino

Scontato dire che le foto facciano sognare, rime baciate da frame che congelano attimi. Che sia la fortuna, il “caso” che nel momento giusto ci porta in un luogo fortunato, o la costruzione di un’idea che dall’immaginario diventa reale, solo chi ha dentro la poesia può creare quella magia che ci fa rimanere a bocca aperta davanti alla meraviglia del mondo, magari rappresentata proprio da quell’immagine. Ci vuole chimica, come quella che Francesco Domilici, classe 1979, bagherese di nascita, crea naturalmente, ma perché lui ha la scintilla ce l’ha dentro. È anche la concreta dimostrazione che il valore viene riconosciuto; nel suo caso, però, non a casa propria.07

Solo per fare un esempio, la sua opera “Impero delle ombre” che echeggia, sul piano formale ma con ribaltamento cromatico, la celeberrima opera di R. Magritte, è stata selezionata, come unico fotografo Italiano, in una delle mostre d’arte più prestigiose al mondo: la Summer Exhibition 2021 alla Royal Academy of Arts di Londra. Oggi campeggia in bella vista, già ammirata da migliaia di persone, insieme ai capolavori di artisti contemporanei del calibro di Julian Schnabel, Allen Jones, William Kentridge, Anselm Kiefer, George Baselitz, Tracey Emin, Sarah Jones, e non solo.

Il bello è che questa notorietà, che in molti sventolerebbero con superbia, non l’ha cambiato. Gli ha fatto solo capire cosa c’è al di fuori del nostro Paese, infatti chiacchierare con lui ti invita a entrare in mondi nuovi nei quali la miscela esplosiva è data dalla voglia di comunicare e interagire con l’arte internazionale.

Impero delle Ombre (vincitrice nel 2021)

Ma questa sua grande avventura come ha inizio, come scoppia la scintilla?

“Comincia come tutte le più belle storie, diciamo per caso se si crede che le cose accadano così – racconta Francesco Domilici -. Praticamente mi laureo in ortottica nel 2005, ma nel 2002 avevo già realizzato il mio primo reportage fotografico mentre ero in missione di pace a Sarajevo, in Bosnia Erzegovina, dove avevo portato con me la macchina fotografica, una semplice Olympus. Ovviamente un servizio rigorosamente in bianco e nero. Nel tempo, siccome la vita é breve e penso che si debba fare ciò che è più affine a noi stessi, la mente tornava indietro e mi voleva comunicare qualcosa. Il bianco e nero, poi, è sempre stato per tarlo, che neanche il miglior ebanista sarebbe riuscito a estrarre, ispirato da fotografi del calibro di Salgado, Letizia Battaglia, anche lo stesso Tornatore il cui maestro, a sua volta, è stato Mimmo Pintacuda, fotografo bagherese che ha avuto tanti riconoscimenti e si trova al Museo Guttuso di Bagheria dove sono anch’io e mi onoro di essere suo vicino di stanza. Grandi maestri ai quali mi sono ispirato, guardando al loro stile, alla cultura che rappresentano, ma non sognandomi mai di copiarli. Perché, diversamente, che valore aggiunto sarebbe il mio? La verità è che ci vuole tanto coraggio a essere se stessi nella vita: prima ti devi cercare, poi ti devi trovare. Un percorso durante il quale sei sempre alla mercé del giudizio altrui, quindi inevitabilmente devi rimanere te stesso. Almeno ci avrai provato.

Notturno

Lei ha sempre fotografato tantissimo, possiede un archivio sterminato, ma non aveva mai fatto una mostra, nessuno aveva mai visto le sue opere, sino a quando ecco l’incontro che cambia la sua vita…

Tanti anni sotto la sabbia, anche perchè non mi interessava fare qualcosa tanto per farlo. Poi, un giorno, incontro un artista che stimo molto, presente anche alla Biennale di Venezia, come Arrigo Musti; facciamo anche parte dello stesso collettivo. Un giorno arriva e mi dice: «Francesco, perché non provi a partecipare a questo concorso alla Royal Academy of Arts. Non ci sono speranze, ma bisogna provare perché è uno dei concorsi più importanti del mondo, uno dei più blasonati e più antichi del Regno Unito».

Mi faccio convincere e mando le mie foto. Pensate al mio stupore, quando mi arriva la mail con cui mi comunicano che ero stato selezionato. Anche perché ogni anno sono circa 20mila i partecipanti e soltanto 1000 riescono a esporre, i più importanti del mondo.  Gli artisti inglesi darebbero un braccio per esserci; non immaginate in quanti si sono trasferiti nel Regno Unito e fanno sacrifici per riuscirci. Ecco perché la mia incredulità. Ad ogni modo, era il 2021 e a vincere fu “Impero delle ombre”, scattata a Santa Flavia, in provincia di Palermo, in piena pandemia. Oggi è esposta con i più grandi fotografi del mondo, quelli che sono presenti per esempio al Moma di New York.

Royal Academy of Arts

Successo che ha bissato

Si, incredibilmente per la seconda volta, quest’anno, quando ho partecipato con altre due fotografie. Quella che ha vinto si chiama “Wonderwall“, titolo che contrasta con l’immagine perchè non ha nulla di meraviglioso.  Ho fatto un giro largo per arrivare a esprimere il concetto del dare, prendere, conquistare spazio tra le persone e le cose.  Ho fotografato due pilastri in cemento armato scarificati che assumono una forma antropomorfa, quasi umanoide, dai quali escono dei ferri che tendono a contendersi questo spazio che c’è tra di essi. Tratto uno dei temi che è sempre attuale e che è quello della guerra, una di quelle che si combattono oggi nel mondo. Parlo della distanza dello spazio che mette tra i popoli, le persone e le cose. Quest’opera è stata selezionata dalla direttrice in persona, Ann Christofer, artista eccezionale, anche raffinata scultrice. Ha collocato la mia fotografia nella stanza che ha curato lei stessa, accanto a una delle sue opere. Per me ovviamente un grande onore

Ludo

Quanto è cambiato, se è cambiato, nel tempo il suo stile? Anche in virtù dell’esperienza internazionale

«C’è stato un cambiamento direi radicale del mio operato. Lo stile iniziale – spiega Francesco Domilici – in parte lo mantengo perché mi connette alle persone, ma sono ormai proteso all’arte contemporanea, totalmente un altro mondo. Oggi mi confronto con altri pianeti, come quello a cui appartiene la Royal Academy di Londra, dove anche il più piccolo artista può stare accanto ai più grandi. Non avrei mai potuto avere questa opportunità in Italia, dove il sistema della meritocrazia non esiste. Il fatto, poi, che non abbia mai fatto una mostra è stato il mio punto di forza. Tanto lavoro in tanti anni e improvvisamente eccomi proiettato in un panorama che mai mi sarei immaginato. Oggi sono su Photo Vogue e non solo. Ho anche avuto le porte aperte quando l’anno scorso ho proposto e realizzato all’Aeroporto “Falcone e Borsellino” di Palermo la mostra “Impop archètypes”, insieme ad Arrigo Musti. Abbiamo reso vivo uno spazio dal quale passano 3 milioni di persone all’anno e forse sono pochi. Abbiamo fatto parlare alcuni degli degli archetipi per i quali non solo la Sicilia, ma tutta l’area mediterranea, è storicamente conosciuta e riconoscibile nell’immaginario collettivo. Attenzione, nulla di nuovo nella pittura come nella fotografia, non abbiamo scoperto niente, ma abbiamo parlato di contrasti impopolari e degli archetipi popolari, mettendoli a confronto attraverso le pittura di Musti e la mia fotografia. Le immagini di panorami agresti e marittimi, con i mestieri a essi collegati, che ho portato io, insieme a quelli che richiamano al benessere della pittura di Musti. Simboli del lusso e della ricercatezza entrati a fare parte della nostra vita che non demonizzo nè esalto. Dò solo l’opportunità di capire e di abituare la mente, gli occhi a non fruire passivamente delle opere ma attivare la mente».

Una fotografia che, per Francesco Domilici, è un’arte in continua evoluzione

È sicuramente cambiata, anche se i grandi maestri rimangono dei capisaldi, soprattutto quando parliamo di arte fotografica in bianco e nero. Scianna, Salgado, Bresson, si sonoo ritagliati il loro spazio che rimarrà lì, a vita. Ovviamente cambiano le strumentazioni, le persone, le culture, i tempi, cambiano le concezioni, cambiano le comprensioni. È, quindi, chiaro che la fotografia diventa uno strumento che cerca di rappresentare non tanto la realtà, ma la sua interpretazione. Presumo, però, che siamo solo agli inizi perché, per esempio, con l’intelligenza artificiale abbinata alle nuove arti sarà qualcosa di ancora più diverso.

Gaetano

Quando conta avere le radici in un piccolo comune siciliano come Bagheria?

Per me è un motivo di orgoglio. Bagheria mi ha insegnato a resistere, l’Inghilterra a insistere. Non voglio enfatizzare una terra bellissima, ma dove si fanno grandi sacrifici. Dico solamente di avere una doppia cittadinanza, quella siciliana e quella inglese. Se, però, non ci fosse stata l’Inghilterra, non so se il mio destino sarebbe stato uguale. Probabilmente avrà insistito perché, avere tanta voglia di raggiungere un obiettivo, ti sprona a dare di più. Cosa che faccio ogni giorno.

Quali sono i luoghi che Francesco Domilici predilige e che lo ispirano?

Sono quelli più inaspettati, a volte quelli più banali, magari quelli sotto casa. Lo dico a dimostrazione del fatto che non c’è un luogo privilegiato rispetto a un altro. Il fatto che la Royal Academy of Arts abbia scelto una foto scattata dietro casa, sfata ogni mito, ogni pregiudizio. Per esempio, un’altra delle mie foto, Notturno, è stata scatta alle Eolie ed è esposta al Museo Guttuso. Uno scoglio che racconta un concetto contemporaneo e che diventa arte contemporanea.

A cosa vorrebbe che servisse la sua fotografia?

«Servire mi sembra un termine generoso. Non so se potrà assolvere a questo compito – conclude Francesco Domilici – ma quello che spero è che sia un’opportunità, così com’è stata per i grandi del passato, per potere interpretare personalmente l’uomo, la sua cultura, la sua vita. Non è un traslare la realtà, ma interpretarla secondo la propria visione. Se, poi, tutto questo possa avere un utilizzo, non lo so, ma sicuramente, come diceva Scianna, magari la fotografia non cambierà il mondo, ma una buona fotografia potrà aiutarlo».

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Una risposta

  1. Senza parole! …bravissimo, da fotografo professionista e appassionato, ragazzo avevo letto il libro di Calogero Cascio :- fotoreporter. Esortava ad andare via dall’ Italia! Ci ho sempre pensato, ma ho preferito rimanere e lottare nella mia amata- odiata Palermo. Adesso vecchio dopo 43 anni di attività professionale, non sono nei musei , ma con sacrifici sono rimasto a lottare ! Modi ci concepire la vita!

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