Con Gastone Moschin scompare un caratterista raro, di razza, di quelli che rubano la scena senza volerlo. Oggi ne esistono ancora?
di Massimo Arciresi
Nel febbraio 1986, poco prima di una rappresentazione teatrale, ci lasciava Adolfo Celi. Amici miei atto IIIº, in cui incarnava il chirurgo Alfeo Sassaroli, era ancora in sala, il successo era tale che già si cominciava a parlare di un quarto atto (che ovviamente non si fece mai). Pian piano andarono via tutte le star (davanti e dietro alla macchina da presa) della fortunata e malinconica serie di commedie. Nel 1990 uscì di scena Ugo Tognazzi (ovvero lo spiantato conte Raffaello Mascetti), il primo dei cosiddetti “colonnelli” ad abbandonare questo mondo; nel 1995 Nanni Loy, regista dell’ultimo (e più scanzonato) episodio; tra il 1997 e il 1998 toccò a Renzo Montagnani e Duilio Del Prete, entrambi interpreti del barista Guido Necchi (uno a partire dal sequel del 1982, l’altro solo all’inizio), nel 2006 a Philippe Noiret, alias il giornalista Giorgio Perozzi (curiosamente doppiato proprio da Montagnani nel primo episodio del 1975). E nel 2010 ci fu la dipartita di Mario Monicelli, che l’universo delle “zingarate” l’aveva brillantemente avviato, sostituendo tuttavia chi l’aveva ideato, Pietro Germi, scomparso quando tutto era quasi pronto per le riprese di Amici miei.
Benché dal 1985 non abbia lavorato molto per il grande schermo (esclusi dei memorabili camei per Staino, Citti, Martinelli), Gastone Moschin, originario del veronese, particolarmente noto proprio per il ruolo dell’architetto Rambaldo Melandri, è morto a settembre, in Umbria, dove, tra la creazione di una scuola di recitazione e la realizzazione di un centro di ippoterapia, si era stabilito da tempo. Vacuo affidarsi al rituale del “con lui si chiude un’epoca”, perché su un piano anagrafico-stilistico (ma soprattutto nell’ambito del famoso trittico sugli scherzosi compagni toscani) lo sappiamo già. Più proficuo dare uno sguardo (disordinato) alla sua filmografia, per comprendere, una volta di più, che il cinema, soprattutto quello italiano, è mutato, si è rimpicciolito, non può più contare su facce e scritture d’un tempo. O forse, semplicemente, non sa valorizzarle come si deve.
Moschin poteva vantare il mestiere e la discrezione nell’applicarlo. Non è un caso che ne Gli anni ruggenti di Zampa il suo preoccupato gerarca fascista rimanga maggiormente impresso del malcapitato Manfredi, scambiato per un ispettore del regime, o se nel collettivo Signore & signori di Germi sia il suo ragioniere senza spina dorsale a lasciare un segno più profondo. In un periodo florido per la settima arte nostrana, l’attore lavorò con gli autori più innovativi e provocatori (Pietrangeli, Ferreri, Bertolucci), diventando perfino l’aguzzino di Tognazzi (in una delle sue rare regie) in Sissignore, vero precursore di Fantozzi. Ma Gastone, con quel suo appellativo nobile, non disdegnò nemmeno il cinema di genere, apparendo per esempio nello storico I cento cavalieri, impersonando uno dei 7 uomini d’oro, animando il protagonista (finalmente!) di Milano calibro 9 e la carogna di Squadra volante. Tra l’altro, per un Mario Camerini a fine carriera si inserì in un paio di degne seppur curiose operazioni di rielaborazione, sostituendo addirittura l’“istituzionale” Fernandel (già defunto) nel sequel “apocrifo” Don Camillo e i giovani d’oggi (indossando quindi l’abito talare, spesso in dote ai suoi personaggi) e dando vita a uno dei tre sospettati di Io non vedo, tu non parli, lui non sente, un remake di Crimen (che era firmato dal medesimo cineasta). In grado di distinguersi in parti minori (vedi il Turati de Il delitto Matteotti), il nostro rimpolpò le sue già numerose collaborazioni con Tognazzi accettando il ruolo-chiave del sardonico Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada (ovviamente di Lina Wertmüller).
Occasioni internazionali? Al di là delle co-produzioni, la principale è senz’altro quella offertagli da Coppola ne Il padrino – Parte II, nel quale, nel lungo e connotante flashback calato nella New York d’inizio Novecento, prestò il volto allo spregevole don Fanucci.