Definito il programma per la Giornata nazionale di mobilitazione per la pace di sabato 26 ottobre che coinvolgerà 7 città italiane scelte come sedi delle manifestazioni, tra cui Palermo. Nella nostra città è stato organizzato un corteo che partirà alle ore 10 da piazza delle Croci diretto a piazza Massimo.
Si è tenuta alle Acli la riunione dei soggetti promotori e aderenti alla giornata, lanciata a livello nazionale nelle piazze di Bari, Cagliari, Firenze, Milano, Palermo, Roma e Torino dal cartello di associazioni composto da Europe for Peace, Rete Italiana Pace Disarmo, Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace, Sbilanciamoci e Coalizione AssisiPaceGiusta.
La manifestazione di Palermo della Giornata nazionale di mobilitazione per la pace avrà carattere regionale: sono attese delegazioni da tutte le province della Sicilia. Nel corso della riunione, alla quale hanno partecipato una ventina di sigle, è stato deciso, in considerazione dei tempi ristretti, di delegare organizzazione e coordinamento a un gruppo ristretto formato da Acli, Arci e Cgil, aperto naturalmente al contributo di tutti. Altri aggiornamenti si avranno nei prossimi giorni.
“Fermiamo le guerre, il tempo della Pace è ora!”, è lo slogan principale delle diverse iniziative. Le associazioni scendono nelle piazze italiane per chiedere il “cessate il fuoco a Gaza, in Medio Oriente, in Ucraina e in tutti i conflitti armati nel mondo”, “insieme per buttare fuori dalla storia tutte le guerre, le invasioni, le occupazioni, i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, i genocidi, i terrorismi”.
Nel “manifesto” che accompagna la mobilitazione si chiede anche “una conferenza di pace Onu, per il rispetto e l’attuazione del diritto internazionale, dei diritti umani, del diritto dei popoli all’autodeterminazione, per il riconoscimento dello stato di Palestina, per risolvere le guerre con il diritto e la giustizia”. Le associazioni chiedono “una risoluzione nonviolenta delle guerre” e “una politica estera italiana ed europea di pace, di cooperazione e di sicurezza comune”. Da qui, il “no al riarmo, no all’aumento delle spese militari, no alla produzione e diffusione delle armi nucleari, no all’invio di armi ai paesi in guerra”.