Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

‘Giustizia è fatta’ …. se ci sarà tempo

di Redazione

Mentre il numero dei procedimenti in corso aumenta in maniera esponenziale, i tempi per definirli si allungano vertiginosamente. Viaggio tra i sentieri irti e tortuosi della giustizia in Sicilia tra carenze organiche e strutturali. In un’analisi del presidente del Tribunale di Palermo, Leonardo Guarnotta

di Patrizia Romano

Carenza organica. Inefficienza strutturale. Mutamenti sociali. Il corso della giustizia in Sicilia passa attraverso sentieri irti e tortuosi. Mentre il numero dei procedimenti in corso aumenta in maniera esponenziale, i tempi per definirli si allungano vertiginosamente.

Sul piano regionale, sembra che questo marasma giudiziario riguardi l’intera Isola, ma se ci introduciamo in una comparazione dei dati provenienti dai Tribunali dei vari distretti, ci si rende conto delle divergenze tra un distretto e l’altro e, soprattutto, della maggiore criticità in cui versano i distretti che inglobano le grandi aree metropolitane, come Palermo, in cui il numero dei processi cresce di anno in anno.

 “Il distretto di Palermo – dice Leonardo Guarnotta, presidente del Tribunale di Palermo – registra criticità che non è facile superare. Il motivo di base è sempre lo stesso: la scopertura dei posti in organico. Le cause di questo vuoto endemico – spiega il presidente – sono numerose. In primo luogo, i frequenti trasferimenti di magistrati, nonché il massiccio pensionamento anticipato dei magistrati più anziani. Il tutto non seguito da una contestuale sostituzione”.

La durata dei processi rimane, comunque, il problema più grave. Tra gli effetti negativi del ritardo nella definizione dei processi continua a registrarsi la cosiddetta sommarizzazione del processo. “E’ noto – conferma il giudice Guarnotta – sia nel penale sia nel civile, che le parti tendono a privilegiare l’uso, talvolta improprio, delle misure cautelari al fine di conseguire quei risultati che le lungaggini del processo stentano a garantire”.

La durata dei processi in Corte d’Appello, infatti, è aumentata notevolmente, passando da 1.400 giorni a 1.644; nei Tribunali da 837 a 872; negli uffici del giudice di pace da 389 a 405. La durata delle cause di separazione giudiziale e divorzio è aumentata in primo grado da 502 a 523 giorni, diminuendo in secondo grado. Mentre nei procedimenti penali, la durata è più ragionevole, mantenendosi nel limite massimo di 2 anni per ciascun grado di giudizio. Nel complesso, però, l’esaurimento di un processo penale, tra indagini preliminari e dibattimento di primo e secondo grado, avviene in un tempo non inferiore ai 4 anni.

“Le piante organiche dei magistrati ordinari e onorari nei singoli uffici giudiziari, sia giudicanti sia requirenti – sottolinea ancora il presidente del Tribunale di Palermo – a parte la palese inadeguatezza in relazione al consistente aumento degli affari civili e penali, presentano rilevanti scoperture che ostacolano l’originario svolgimento dell’attività giudiziaria, costringendo a continue applicazioni o supplenze di magistrati da alti uffici del distretto per la composizione dei collegi giudicanti o per esercitare le funzioni di P.M. nei dibattimenti penali. Tra giudizi e presidenti di sezioni – sottolinea il magistrato – siamo 125. E’ un organico insufficiente e inadeguato rispetto alla mole di lavoro, che aumenta ogni giorno in maniera esagerata. Abbiamo un deficit  di 12 giudici e 3 presidenti di sezione. Noi spingiamo gli organi istituzionali competenti sino allo stremo delle nostre forze, ma non arriva nessuna risposta”.

Con l’entrata in vigore, poi, del Tribunale delle imprese, che sostituisce la sezione della proprietà industriale e intellettuale, il problema è maggiore e ha bisogno di 6 giudici e un presidente, che non c’è ancora.  

La carenza organica emerge pure nel settore amministrativo, che soffre di una scopertura pari al 5,31 per cento.

Le risorse giudiziarie sono carenti anche sotto il profilo strutturale. La crisi finanziaria non ha risparmiato, infatti, neppure l’istituzione giudiziaria. Una boccata di ossigeno sarebbe dovuta venire dal Fondo Unico Giustizia nel quale confluiscono le somme di denaro sequestrate nell’ambito dei procedimenti penali, i proventi derivati dai beni confiscati o dall’irrogazione di sanzioni amministrative o da somme depositate sui cosiddetti conti dormienti. Nella realtà dei fatti, si registra, persino,  la mancata messa in sicurezza strutturale dello stesso Palazzo di Giustizia.

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