Un anno caratterizzato da una netta dicotomia fra aree urbane e aree non urbanizzate.
di Giacomo Giusti*
Da sempre, il dibattito economico sui differenziali territoriali dello sviluppo economico si basa sul confronto fra il Nord e il Sud del nostro paese, evidenziando come il rapporto di forza in termini ad esempio di Prodotto Interno Lordo continui ad essere nel complesso sfavorevole al Mezzogiorno non solo in termini strutturali, ma anche evolutivi. Decisamente meno diffusi, forse anche per una parziale mancanza di informazioni quantitative di base, sono i dibattiti sui differenziali di sviluppo fra raggruppamenti di aree territoriali che si distinguono per alcune caratteristiche peculiari. Ad esempio poco si dibattono i temi dello sviluppo delle economie dei territori montani, dei territori litoranei, piuttosto che dei territori urbani rispetto a quelli non urbani e, non ultimo, quelli a forte presenza di imprenditoria immigrata, rispetto a quelli in cui tale fenomeno è meno diffuso.
I tassi di sviluppo imprenditoriale nelle province siciliane suddivisi fra aree urbane e aree non urbane
Fonte: Elaborazione Istituto Guglielmo Tagliacarne su dati
Differenziali territoriali in Sicilia tra aree urbane e aree non urbanizzate
Ebbene, l’analisi di alcuni fenomeni ci rivelano l’esistenza di differenziali di sviluppo spesso molto sostenuti fra ambiti territoriali connotati da caratteristiche diverse anche all’interno ad esempio di una regione come la Sicilia. Un esempio di questi fenomeni può essere rappresentato dall’andamento nel corso del 2014 dello sviluppo del tessuto imprenditoriale della Sicilia (ovvero l’evoluzione del numero di imprese) nelle aree urbanizzate e aree non urbanizzate della regione. Con il primo termine vengono indicati tutti i 140 comuni che al 31 dicembre 2014 presentavano una densità di popolazione superiore al parametro medio nazionale (pari a 201,3 abitanti per Kmq), mentre il secondo termine comprende il complesso dei 250 comuni che si collocano al di sotto di questa soglia. La base informativa di partenza è costituita dalle informazioni desumibili dal Registro delle Imprese dalle quali si possono desumere sia le consistenze delle imprese presenti in tutti i comuni della regione (e in generale in tutti i comuni italiani) che i flussi, intendendo con questo termine il complesso delle imprese che iniziano una nuova attività (cosiddette iscrizioni) e di quelle che la cessano (cessazioni).
Indicatori economici per valutare i differenziali territoriali
A partire da queste informazioni è possibile costruire tre indicatori che rappresentano l’evoluzione imprenditoriale di questi territori da un punto di vista meramente quantitativo. Si tratta del tasso di natalità imprenditoriale che rapporta il numero di imprese che si sono iscritte nel 2014 allo stock di imprese al 31 dicembre 2013, del tasso di mortalità imprenditoriale che rapporta il numero di imprese che si sono cancellate nel 2014 allo stock di imprese al 31 dicembre 2013 e il tasso di sviluppo (o di evoluzione) imprenditoriale che è la differenza fra i due tassi precedentemente descritti e che sintetizza l’evoluzione positiva o negativa della consistenza imprenditoriale dei territori.
L’esame dei dati sembra lasciare adito a pochi dubbi sull’esistenza di un divario fra aree urbane e aree non urbane almeno secondo questo ambito di analisi. Le aree urbane hanno chiuso il 2014 con uno sviluppo imprenditoriale decisamente positivo pari a +0,89%, che è stato considerevolmente superiore non solo a quello del totale del paese (+0,53%) ma anche rispetto a quanto accaduto in alcuni comuni metropolitani del Nord come ad esempio Torino, Genova e Bologna. Di converso i comuni non urbanizzati hanno chiuso utilizzando un gergo borsistico in territorio negativo (-0,22%) su livelli inferiori a quello del complesso dei comuni totalmente montani del nostro paese.
Eterogeneità territoriale a fronte dei differenziali territoriali
Da cosa deriva questa performance così eterogenea? I dati elaborati ci evidenziano che a scavare la differenza fra le due aree è, di fatto, la maggiore propensione ad aprire nuove imprese che si riscontra nelle aree urbane (nel 2014 se ne sono aperte 6,53 ogni 100 esistenti a inizio periodo a fronte delle 5,30 del perimetro non urbano), mentre la mortalità appare del tutto simile. In pratica quindi le aree urbanizzate appaiono quelle maggiormente ritenute idonee per l’apertura di nuove iniziative imprenditoriale probabilmente per la presenza di tutta una serie di servizi che quei territori offrono (trasporti, infrastrutturazione digitale) oltre ovviamente alla possibilità di poter disporre di bacini di utenza più ampi.
Non è, però, ovunque così. Infatti, il dato medio delle aree urbane nasconde una eterogeneità di andamenti che appare essere decisamente più marcata rispetto a quella che si osserva nell’ambito dei centri non urbani che costituiscono un ambito territoriale decisamente più coeso nei suoi andamenti. Volendo sintetizzare questa considerazione con alcuni dati, si può evidenziare che oltre il 47% dei comuni urbani ha chiuso il 2014 in controtendenza rispetto all’andamento complessivo di queste aree (ovvero hanno chiuso con un tasso di sviluppo negativo), mentre solamente il 36,4% dei comuni non urbani ha fatto segnare un indice di sviluppo imprenditoriale positivo in controtendenza con il dato complessivo.
Concludiamo con qualche considerazione su come si sono comportate le due tipologie di area che abbiamo identificato all’interno delle 9 province/città metropolitane siciliane. Le aree urbane presentano performance evolutive superiori rispetto a quelle non urbane in sei province su nove. Si estraniano a questo trend le province di Trapani, Enna e Siracusa in cui sono andate meglio le aree non urbane. Enna si segnala in particolare per essere l’unica provincia siciliana in cui il tasso di evoluzione delle aree urbane è l’unico negativo di tutta la Sicilia (-1,69%), mentre le aree non urbane con la maggiore crescita di tutta le regione si collocano in provincia di Siracusa con un tasso di sviluppo dello 0,50%. Infine in provincia di Palermo si evidenziano le aree urbane che fanno segnare la maggiore performance con un tasso di sviluppo pari a 2,59% frutto di una contestuale presenza di alta natalità e bassa mortalità.
*Istituto Guglielmo Tagliacarne – Area Studi e Ricerche – Ufficio di Statistica Sistan