Sono sempre di più i comuni in dissesto. I sindacati partono proprio dalla crisi degli enti locali per parlare di piani di sviluppo dei territori
di Luca Licata
Gli Enti locali siciliani versano in una condizione finanziaria e di liquidità veramente drammatica. Secondo dati forniti dall’assessorato Autonomie locali, a secondo semestre avanzato, 300 Comuni non avevano ancora deliberato il Rendiconto di Gestione Finanziaria dello scorso anno e ben 347 Comuni non avevano ancora approvato il Bilancio di Previsione 2016, mostrando, inoltre, di non erogare servizi efficienti ai cittadini e di non pagare gli stipendi ai lavoratori (precari e non). Questo è un problema, comunque, che si propone ogni anno.
Sempre dall’inizio dell’anno, inoltre, 6 Comuni (Acate, Barrafranca, Carini, Casteltermini, Mussomeli e Scaletta Zanclea) hanno già formalizzato il dissesto finanziario e numerosi altri si apprestano a farlo nelle prossime settimane. Come se non bastasse, parecchie decine di altri Comuni hanno fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ai sensi dell’articolo 243 bis e ter del Testo Unico degli Enti locali.
Il numero dei comuni siciliani in deficit aumenta di anno in anno. Nel 2016, in particolare, sono aumentati in maniera vertiginosa.
Moltissimi Comuni già negli anni precedenti avevano dichiarato dissesto o fatto ricorso alla procedura di riequilibrio e, alla luce della situazione attuale, si trovano, oggi, nella condizione di non poter rispettare gli impegni presi.
Il quadro che emerge evidenzia come ciò che nel passato era considerato un fatto patologico per la salute dell’ente locale, oggi stia diventato un fattore quasi sistemico.
Prima che la situazione finanziaria dei territori si aggravasse ulteriormente, l’assessorato alle Autonomie locali e alla Funzione pubblica aveva revocato i commissari straordinari per l’approvazione del bilancio di previsione 2016, cercando, altresì, di sbloccare le quote dei fondi regionali in quel momento non disponibili per i comuni, comprese le somme destinate agli investimenti.
La Cgil parte proprio dalla crisi dei territori per parlare di piani di sviluppo e di lavoro. La nuova vertenza aperta dal sindacato palermitano, che chiama alla collaborazione i sindaci e le associazioni cittadine, accende i riflettori su sei comuni, Bagheria, Ficarazzi, Altavilla, Santa Flavia Casteldaccia e Villabate, che l’Istat e le analisi economiche individuano come un unico sistema locale di lavoro’. Sei centri della provincia di Palermo che in comune hanno stessa agenzia delle entrate, stesso ufficio di collocamento e ufficio dell’Inps, tutti a Bagheria.
“Noi come Camera del lavoro di Bagheria – dichiara la responsabile Adele Cinà – intendiamo mobilitarci subito, con le nostre categorie produttive, chiedendo che i progetti contenuti nel Masterplan del Mezzogiorno Patto per il Sud, nel Patto per lo Sviluppo della Regione siciliana e nell’intervento strategico ‘Riqualificazione Urbana’, che interessano alcuni Comuni di questa zona, vengano trasformati in cantieri al più presto, oltre a verificare a che punto siano alcuni interventi previsti sull’edilizia scolastica. Intendiamo – aggiunge – ritornare a parlare di sviluppo e lavoro”.
La Cgil Palermo presenta, quindi, un modello di sviluppo per Bagheria e per gli altri comuni, un modello di sviluppo sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale, fortemente segnato dall’innovazione tecnologica e sociale, che avrà il suo baricentro nel territorio e nelle risorse della zona.
Si cerca, in poche parole, di progettare e pianificare, dotandosi di Piani Strategici che siano un processo fortemente partecipato e condiviso, per primi dai cittadini. Piani che resistano ai cambi delle amministrazioni. “Siamo pronti ad aprire come sindacato – dice la Cgil – una stagione di confronto e di contrattazione territoriale che abbia come focus questi temi, nella convinzione che ci sia bisogno di avere una prospettiva capace di dare più opportunità, più giustizia sociale, più lavoro”.