Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

I reati del clero

di Patrizia Romano

In due anni, più di 130 casi di sacerdoti coinvolti in gravi reati. E la chiesa, che ruolo assume? Condanna o copre? Le distanze dell’arcidiocesi di fronte al caso Nuvola

Di Patrizia Romano

Tra denunciati, indagati, arrestati e condannati, sono più di 130 i casi di sacerdoti coinvolti in reati di pedofilia, abusi, istigazione alla prostituzione e, altro ancora, venuti alla ribalta delle cronache, soprattutto locali, in soli due anni. La Sicilia ha dato un notevole contributo. Ma le altre regioni non sono da meno.

Si tratta di cifre decisamente pesanti, che diventano ancora più allarmanti se si pensa che i dati emersi rappresentano soltanto una goccia nell’oceano del sommerso. Infatti, i casi che non hanno avuto alcun risalto e che si sono spenti nel silenzio dei meandri più reconditi dell’immenso universo clericale, sono notevolmente più elevati rispetto alle cifre ufficiali. Casi che, tra l’altro, non sfociano in denuncia alle Forze dell’Ordine. Da una parte, perché le vittime sono riluttanti ad uscire allo scoperto. Spesso, infatti, non parlano neppure ai familiari dell’abuso subito. Dall’altra parte, perché le stesse vittime si limitano a denunciare il sacerdote all’autorità ecclesiastica, anziché alla Procura e la denuncia, quindi, si chiude lì. In nessun caso, infatti, il vescovo locale ha, sino a ora, avvisato la polizia del sospetto abuso. Semmai, se proprio vogliamo dirla tutta, in tutti i casi trattati, le denunce non sono mai partite da vescovi o altri sacerdoti, ma sempre dalle famiglie delle vittime, dopo che si erano rivolte alle autorità ecclesiastiche senza risultato. Presumibilmente, il Vaticano ha lavorato in Italia ancor più alacremente con i vescovi per nascondere i casi, rispetto a quanto abbia fatto all’estero. Non possiamo negare che il contatto con il clero che opera nel nostro Paese è più vicino al Vaticano e, poi, la chiesa in Italia è molto, ma molto potente.

Decisamente alti sono pure i casi dei sacerdoti che hanno ‘patteggiato’ e sui quali non è mai stata aperta un’indagine da parte delle gerarchie ecclesiastiche. Spesso, la condanna era di pochi mesi, con la sospensione della pena, e l’immediato ritorno nelle parrocchie, in mezzo ai bambini. Poi, nei casi in cui, l’accusa riguardava la detenzione e la divulgazione di materiale pedopornografico, la condanna è stata commutata in una pena pecuniaria.

Questo basta a dire che la Chiesa è, nella maggior parte dei casi, complice di reati così gravi? ‘Dio’ ce ne guardi bene dal fare affermazioni del genere. Certo che non è così. La tendenza a lavare i panni sporchi in casa, è un dato di fatto, ma che la Chiesa tenda sempre e comunque a coprire, sarebbe indegno pensarlo. E nemmeno Dio lo vuole. Soprattutto nel rispetto di quanti hanno, persino, pagato con la vita la difesa dei principi e dei valori cristiani.

A proposito di quest’ultima visione della Chiesa, riceviamo e, volentieri, pubblichiamo una nota dell’Arcidiocesi di Palermo. Lettera che, comunque vadano realmente le cose, a noi sembra giusto prenderne considerazione. Si tratta del caso del sacerdote Aldo Nuvola, sul quale è stato emesso un provvedimento per indizi di reato, volti all’istigazione verso la prostituzione.

“Con riferimento al provvedimento di fermo emesso dalla Procura della Repubblica a carico del Sacerdote Nuvola Aldo per indizi di reato in merito ai delitti di prostituzione minorile ed induzione alla prostituzione, si precisa quanto segue:

Don Aldo Nuvola era stato invitato a presentare le dimissioni dalla carica di insegnante di Religione in data 4 ottobre 2008 non appena avuta notizia della denuncia per ‘atti osceni’ in luogo pubblico e a dimettersi da Parroco della Parrocchia Regina Pacis nel dicembre 2008, allorquando si era avuta la notizia di un procedimento nei suoi riguardi per molestia nei confronti di un giovane di 17 anni.

In quella circostanza, si era proceduto ad allontanarlo dall’ufficio di parroco. Inoltre, gli era stato intimato di soggiornare presso la Casa ‘Il Cenacolo’ dei Padri Venturini a Barcellona Pozzo di Gotto per un periodo di riflessione e di accompagnamento spirituale e psicologico. Successivamente, è stato stabilito che seguisse un percorso organico e ben strutturato della durata di almeno due anni, che mirasse al consolidamento della maturità umana, affettiva e sacerdotale presso una struttura protetta.

Tenuto conto del fatto che egli non ha ottemperato a quanto disposto – anche per motivi legati, a suo dire, alle condizioni di salute e alla necessità di sottoporsi ad un trattamento chirurgico – e in considerazione degli sviluppi delle attuali indagini che hanno evidenziato la reiterazione del reato, don Aldo Nuvola incorre, ora, nella pena canonica della sospensione a divinis.

Inoltre, a norma del Motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela, nei confronti del sacerdote è già da tempo in corso la procedura canonica per la definizione del caso, non escludendo la dimissione dallo stato clericale e la dispensa dagli obblighi del celibato.

La comunità diocesana, rimanendo ferita e sgomenta riguardo alle notizie riportate dai mezzi di comunicazione sociale che svelano certamente una personalità fortemente disturbata del sacerdote, esprime in pari tempo vicinanza e solidarietà nei confronti delle vittime di inqualificabili forme di abuso e a quanti hanno sofferto e soffrono per tali incresciosi fatti. Inoltre, manifesta la piena fiducia nel lavoro della Magistratura, che auspica possa fare al più presto piena luce sull’intera vicenda.

La stessa Comunità rinnova la sua piena riconoscenza e il costante sostegno con la preghiera a tutti i sacerdoti che lavorano generosamente per il bene delle anime a loro affidate e che ora, a motivo di questo scandalo, diventano facilmente oggetto di accuse generalizzate”.

Certo di fronte a tali parole, si rimane perplessi. La piaga, comunque, è dura da sconfiggere. Ciò che più caratterizza la violenza compiuta da esponenti del clero, è il fatto che il sacerdote viene percepito come parte della famiglia del parrocchiano. I bambini cattolici vengono indotti a chiamare i membri del clero Padre, Madre, Sorella, Fratello e possono interpretare in modo letterale queste identificazioni ideali. In molti casi, i bambini provengono da famiglie problematiche e cercano all’interno della Chiesa figure parentali che possano fungere da modelli di riferimento, assicurando una certa stabilità di cui non godono in seno alla propria famiglia.

Sembra, inoltre, prendere sempre più corpo, l’ipotesi di una rete tra sacerdoti con la passione per i minorenni. In alcuni casi, fatto ancora più grave, gli investigatori hanno accertato, infatti, che il sacerdote che compie abusi sessuali su minori condivide questa sua deviazione con altri confratelli.

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.