Comunicazione, socializzazione, autonomia, decisionalità: tutti sinonimi di una sana crescita psicologica e sociale e che interessano ogni soggetto in età evolutiva, ancor più se affetto da una qualche forma di disabilità.
In che modo la pedagogia e l’educazione, in quanto scienze al servizio della crescita, possono aiutare a sviluppare tali potenzialità intrinseche a ciascun essere umano che voglia definirsi pienamente realizzato?
Ne abbiamo parlato con Antonino Leonardi, pedagogista, al fine di comprendere appieno tecniche e metodologie di supporto al minore disabile nel contesto classe.
Quali tecniche utilizza preferibilmente il pedagogista a scuola per favorire la comunicazione del bambino disabile con i pari?
“Premetto intanto che la scuola deve considerarsi, oggi più che mai, un luogo di vita sano e funzionale per i ragazzi, ovvero luogo di cultura, di relazione e di trasmissione di valori – apre Leonardi – Le tecniche che il pedagogista utilizza per l’integrazione del minore con disabilità si possono riassumere nel Creare un clima positivo e favorevole, in grado di mettere fin da subito l’alunno nelle condizioni di potere soddisfare il suo bisogno di comunicare e sentire accolte le sue esigenze relative sia ai bisogni primari che a quelli di autorealizzazione e socializzazione”.
Favorire anche le tecniche espressive
“Ecco che, in collaborazione con l’insegnante, saranno favorite tecniche espressive, quali il disegno e la gestualità, e modalità di interazione gruppale – precisa Leonardi -, in cui il bambino disabile può esprimere le proprie opinioni ed emozioni, sostenuto dal contesto classe, in grado di fungere da supporto alle eventuali difficoltà comunicative legate alla specifica disabilità. In definitiva possiamo dire che gli strumenti che l’educatore utilizza nell’esercizio della sua attività nel contesto classe privilegiano la relazione empatica, l’osservazione partecipe, nonché la capacità di lavorare in gruppo con figure professionali diverse, la supervisione psicologica, e soprattutto l’utilizzo della famiglia come risorsa indispensabile del proprio lavoro”.
Quali sono gli ostacoli che la disabilità pone al bambino a livello sociale?
“La disabilità pone quotidiane sfide al minore, in termini di autonomia fisica e relazionale, di capacità comunicativa dei propri bisogni, legati anche a eventuali limiti funzionali del linguaggio, da cui l’importanza del supporto sociale, soprattutto in presenza di problematiche comportamentali, come l’aggressività e l’autolesionismo e cognitive, come le difficoltà attentive”.
Il ruolo della famiglia
Come i familiari possono aiutare i bambini disabili nel loro inserimento scolastico?
“Il genitore che vuole aiutare concretamente il minore disabile a inserirsi nel contesto classe collaborerà con i docenti, partecipando attivamente alle attività scolastiche proposte dai docenti stessi e dal pedagogista – conclude Leonardi – L’idea fondamentale è che l’educazione sia un’impresa comunitaria e il sistema educativo un sistema a Rete nel quale confluiscono più soggetti educanti, tutti corresponsabili nella creazione di spazi ducativi pedagogici per i ragazzi. In tale contesto un valido supporto è determinato dalla consulenza pedagogica, occasione di scambio con i genitori sui problemi educativi: in tale occasione i genitori verranno informati anche sulla Rete di servizi specifici per la disabilità e sul loro funzionamento sul territorio”.
Abilità di autonomia, comunicazione e socializzazione, condivise da tutta la Comunità educante, quindi, che hanno come finalità ultime l’empowerment del sistema, affinché la disabilità, da limitazione funzionale, non si trasformi in handicap, in cui lo stigma sociale funge da esacerbazione di un limite oggettivo imposto da una condizione psicofisica deficitaria.