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Il bimbo morto

Guerra in Ucraina “Il bimbo morto” diventa una scultura di Francesco Guadagnuolo. L’opera è dedicata a tutti i bambini morti negli scontri bellici

di Redazione

Uno scoppio di mortaio, ha abbattuto una famiglia mentre si allontanavano precipitosamente dalla guerra presso Nova Kakhovka con la loro figlioletta di 6 anni e il neonato fratellino, nello svolgersi iniziale dello scontro in Ucraina. Il bimbo è morto assieme alla sorellina, alla loro mamma e il papà. Questo dramma familiare ha molto impressionato il noto pittore-scultore Francesco Guadagnuolo nella sua sensibilità di artista, ed ha voluto creare una scultura-installazione intitolata: “Il bimbo morto” dedicandola, come simbolo del primo giorno di bombardamento in terra Ucraina, a tutti i bambini morti in guerra.

Le principali vittime sono i più deboli

Kharkiv città dell’Ucraina è stata distrutta, lasciando per terra più di duemila morti, di cui cento sono bambini. La schizofrenia della guerra si abbatte sempre sui più piccoli. Sono già parecchi gli infanti vittime della guerra in Ucraina. Purtroppo il doloroso resoconto accresce ogni giorno. La condizione a Kiev e nelle altre città dell’Ucraina è spaventosa particolarmente per i più deboli. Sono migliaia, i bimbi da tutelare perché gli ordigni russi precipitano anche sui sanatori, asili, scuole e sugli istituti per orfani. A Leopoli cento innocenti orfanelli sono stati portati via dall’Istituto che li custodiva antecedentemente alle bombe, intanto un altro orfanatrofio vicino a Kiev, è stato distrutto e dei 50 bimbi che soggiornavano, non sappiamo più niente.

I simboli di una guerra inutile

Nell’opera scultorea-installazione “Il bimbo morto” di Guadagnuolo vediamo il viso angelico del bimbo, la testa declinata, braccia e mani ceduti lungo il piccolo bacino, immobile nel suo trapasso della morte. Il bimbo gronda di colore rosso del sangue versato, ormai esanime, si trasfigura in raccapricciante decesso appoggiato nel bianco glaciale del marmo in un solitario obitorio. Al centro, come dimenticati, i simboli della morte, due proiettili micidiali di kalashnikov usati nelle guerre moderne, stanno in piedi come vettori-sentinelle puntati verso una guerra inutile.

Il fallimento della politica

L’artista dice, non siamo davanti a una ripresa cinematografica per raccontare la scena di un film. Siamo ad una colossale sciagura umanitaria davanti alla quale noi tutti avvertiamo un senso di inettitudine e di colpevolezza. L’opera “Il bimbo morto” sta facendo il giro del web e sta scuotendo grande commozione negli Stati di diverse Nazioni e Guadagnuolo lo rappresenta nella morte più commovente, segno dell’insuccesso delle Nazioni che, ancora nel XXI secolo, c’è chi pensa a fare guerre che dopo aver causato migliaia di morti e distruzioni, tutt’intorno rimane il drammatico silenzio, ossia il nulla che esprime poveramente il fallimento della politica.

L’opera di Guadagnuolo è diventata da subito simbolo umanitario, in un mondo dove periscono innocenti per le atrocità subite. Ci fa intendere nel profondo, i sentimenti dei popoli che non capiscono il motivo per cui queste sciagure accadono. E che sono dovute a qualcuno che ha deciso così.

L’opera di Guadagnuolo è la personificazione del dolore

La scultura-installazione diviene personificazione del profondo dolore umano che purtroppo ritorna tragicamente ogni volta in qualunque dimostrazione di scontro bellico. Un innocente morto personifica la vita che gli viene impedita per mano dell’egocentrismo malvagio dell’uomo. L’opera “Il bimbo morto” rappresentata è un’immagine impietosa.

L’arte può raccontare il supplizio


Chi può raccontare il supplizio dei bambini? Chi può farlo in maniera indubitabile? Giusto l’arte ne ha facoltà. Dove non riesce ad arrivare la parola arriva l’immagine. E lo fa Francesco Guadagnuolo artista umanitario, Ambasciatore di Pace UPF, che lotta per i diritti umani e dell’infanzia per dirci mai più bambini morti nelle guerre. Per i bambini, la guerra è il finimondo. Lo è, perché li costringe a separarsi dalle loro case, dalle scuole ormai distrutte dove studiavano, come anche gli ospedali dove venivano curati. All’improvviso la maledetta guerra mette fine alle loro aspirazioni e al diritto di pensare a un loro futuro. Ma a tutto questo disfacimento non c’è giustificazione, rimane solo la miseria intellettiva di chi è contro l’umanità.​

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