Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Il boss mafioso Gaetano Scotto alla festa di Sant’Antonio

Presenza boss mafioso Gaetano Scotto ai festeggiamenti 2016 Sant'Antonio di Padova

di Redazione


In relazione alla circostanza – comunicata ai media dalla Dia – relativa alla presenza del boss Gaetano Scotto ai festeggiamenti di Sant’Antonio di Padova nel 2016, l’Arcidiocesi di Palermo fa una precisazione. Sottolinea che la presenza del boss sull’imbarcazione che trasportava la statua del Santo non è riconducibile in alcun modo alla Confraternita Sant’Antonio di Padova all’Arenella. Né, tanto meno alla parrocchia di Sant’Antonio di Padova.

Le posizioni della Confraternita


La Confraternita si è premurata di indicare al proprietario dell’imbarcazione il numero di coloro che potevano accompagnare la statua del Santo. Ciò in ottemperanza alle disposizioni della Capitaneria di Porto di Palermo e delle autorità marittime. Se qualcuno – e tra questi lo Scotto – ha deciso di salire a bordo fuori dalle procedure, ciò non è ascrivibile alla responsabilità degli organizzatori. Tanto meno della parrocchia del luogo.

Il parroco


Il parroco della chiesa di Sant’Antonio, don Francesco Di Pasquale e i responsabili della Confraternita stigmatizzano l’eventuale presenza di soggetti legati alla criminalità mafiosa. Soggetti che approfittano della presenza di centinaia di fedeli per mischiarsi alla folla. Per cui prendono le distanze da ogni possibile forma di strumentalizzazione di un evento religioso. Evento, che deve essere vissuto soltanto in ragione di fede e devozione autentiche.
La Chiesa di Palermo ribadisce ancora una volta l’assoluta inconciliabilità dell’agire malavitoso con l’appartenenza ad una confraternita. Così come chiaramente espresso nel Decreto del 25 gennaio 2019 emanato dall’Arcivescovo S.E. Mons. Corrado Lorefice; un Decreto che richiama anche la Lettera “Convertitevi!” dei Vescovi di Sicilia in occasione del venticinquesimo anniversario dell’accorato appello di S. Giovanni Paolo II, nella Valle dei Templi di Agrigento, il 9 Maggio 1993. Con quella Lettera i Presuli siciliani hanno riaffermato l’inconciliabilità di chi si affilia alle organizzazioni mafiose e continua a farsi il segno della croce. Nonché a frequentare la messa domenicale, oltre che le processioni patronali e le riunioni confraternali, senza però avvertire in tutto ciò alcuna contraddizione».

I vescovi non si rassegnano

«Non possiamo rassegnarci – continuano i Vescovi – a veder degenerare le varie forme di pietà popolare in espressioni di mero folklore. E che diventa manovrabile in varie direzioni, anche da parte delle famiglie mafiose di quartiere. In quest’ultimo caso soprattutto per fini di visibilità e di legittimazione sociale. Non possiamo tollerare che le festività di Cristo Gesù, di Maria Madre sua e dei suoi santi degenerino. Degeneri tutto in feste pseudo-religiose, in sagre profane, dove – nella cornice di subdole regie malavitose – all’autentico sentimento credente si sostituiscono l’interesse economico e l’ansia consumistica. E dove non si tributa più onore al Signore ma ai capi della mafia».

Progetti di utilità sociale


Si tratta di indicazioni che la Confraternita “Sant’Antonio di Padova all’Arenella” ha pienamente recepito. Ciò anche attraverso il costante rapporto con la parrocchia del quartiere. Quest’ultima, attualmente impegnata ad annunciare il messaggio di salvezza del Vangelo attraverso la promozione di progetti di utilità sociale. Tra questi, il progetto “In.Con.Tra” finanziato con i fondi dell’8 per Mille e il progetto “Tutti a bordo” realizzato in sinergia con l’amministrazione comunale; un impegno che nei mesi è costata alla parrocchia una quindicina di scritte offensive e intimidatorie sui muri delle strade che conducono al porticciolo dell’Arenella.“Segnali che denotano – ha sottolineato l’Arcivescovo – che c’è qualche forza a cui questo lavoro non piace. E la collaborazione tra parrocchia, Confraternita, Istituto Maria Ausiliatrice, Azione Cattolica e diverse altre realtà dà fastidio”
Che nessuno creda quindi di poter trasformare un evento di fede e di devozione in una sorta di “passerella” attraverso codici di comunicazione. Una comunicazione che nulla hanno a che fare con la religiosità popolare autentica e ispirata unicamente all’annuncio del Vangelo.

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