Articolo a cura della FIL, Fondazione italiana linfomi.
La diagnosi di linfoma è una battuta di arresto a tutte le età, ma ha un peso ancora più grande se il paziente si trova in quella fase della vita nella quale normalmente si sperimenta, si cresce e si gettano le basi emotive, psicologiche e professionali della propria esistenza futura.
La definizione di adolescenti e giovani adulti in campo oncologico è tutt’oggi oggetto di discussione. Generalmente quando si parla di adolescenti ci si riferisce a ragazzi con un’età compresa tra 15 e 19 anni, invece, secondo il National Cancer Institute, i giovani adulti sarebbero i pazienti tra i 20 e 39 anni.
L’effetto della malattia sui giovani
Una delle principali sfide del trattamento dei linfomi nei così detti AYA, dall’inglese “Adolescent and Youg Adults” , è quella di preservare il più possibile i progetti e le aspirazioni di questi giovani pazienti. Vale a dire consentire a questi pazienti di raggiungere le tappe fondamentali del loro sviluppo, vivere le stesse esperienze dei loro coetanei, senza che la malattia ritardi di troppo il raggiungimento di tali obiettivi.
Ecco perché una diagnosi di linfoma in questa fascia d’età presenta delle peculiarità sotto tanti punti di vista.
Innanzitutto, in tutti i paesi del mondo si registra una bassa percentuale di partecipazione dei pazienti AYA nei trials clinici. Uno studio ha infatti dimostrato che negli Stati Uniti solo il 2% dei pazienti con età compresa tra 20 e 29 anni sono arruolati negli studi clinici, rispetto al 60% dei pazienti più giovani. Nel Regno Unito la percentuale più bassa di arruolamento nei trials clinici è stata registrata nei pazienti di età compresa tra 35 e 39 anni, con solo il 7.5% di partecipazione.
Diversi tipi di linfoma e diversi approcci terapeutici
Dal punto di vista clinico, invece, è evidente che tra i vari sottotipi di linfoma ce ne sono alcuni che presentano un’incidenza maggiore in questa categoria di pazienti, tra questi sicuramente il linfoma di Hodgkin, il Linfoma linfoblastico, il linfoma non Hodgkin a grandi cellule B e il linfoma di Burkitt. Ognuno di essi presenta caratteristiche differenti e protocolli di cura specifici.
Un aspetto non secondario del management dei pazienti giovani-adulti affetti da linfoma, riguarda il problema della qualità della vita durante e dopo le terapie.
La gestione terapeutica dei pazienti affetti da linfoma, infatti, ha come obiettivo la ricerca di un equilibrio tra il rischio di recidiva rispetto alle complicanze a breve e lungo termine associate ai trattamenti. Questo è ancora più rilevante nei giovani adulti, nei quali il rischio delle tossicità associate ai trattamenti, tra cui neoplasie secondarie, malattie cardiovascolari ed inferitilità, può causare morbilità e mortalità.
Oltre il linfoma, le sfide dei giovani pazienti
Per quanto attiene alle tossicità acute, nei giovani pazienti, alcuni trattamenti si associano frequentemente a vomito, nausea, problemi di sovra o sottopeso, alopecia ed emorragie con cadenza quasi cronica, con frequenti ripercussioni a livello psicologico.
Dal punto di vista psicologico e sociale, infatti, l’adolescenza ed i primi anni dell’età adulta sono caratterizzati da numerose sfide da un punto di vista fisico, emotivo, cognitivo e sociale. Una diagnosi ematologica, con i trattamenti e le sofferenze che ne derivano può rendere queste sfide ulteriormente difficili da superare.
Pertanto, per far fronte a tutte queste problematiche, si rende necessario un approccio multidisciplinare con l’ausilio di personale specializzato (consulto genetico, ginecologia dedicata alla preservazione della fertilità, cardiologia, endocrinologia, fisioterapia, psicologia), che mira a ridurre le complicanze cliniche a lungo termine e a migliorare la qualità della vita, tenendo conto del paziente nel suo complesso.
A cura della Dr.ssa Valentina Bozzoli
Medico Ematologo presso l’Ospedale Vito Fazi di Lecce
Comitato di Redazione FIL