L’intensa performance dell’artista belga Thibault Delferiere a conclusione dell’insolita collettiva IL CORPO OFFESO
di Salvo Ferlito*
Liberarsi simbolicamente (e forse anche concretamente) dei vincoli della disabilità, trasformandoli in un efficace strumento di espressione artistica. Si può proprio sintetizzare in questi termini la singolare performance del pittore (e per l’appunto performer) belga Thibault Delferiere, effettuata negli spazi dell’associazione culturale Le Mosche di via Mariano Stabile 92.
Disabilità motoria nella performance del pittore belga Thibault Delferiere,
Disabile motorio (perché affetto da una forma di spasticità), Delferiere ha saputo mettere in scena la propria condizione di artista sottoposto ad un menomante stato di minorità, senza però mai incorrere in ovvi e melodrammatici patetismi di maniera, ma piuttosto trasfigurando il limite della patologia – l’incerto e contratto incedere delle membra tipico di questo disturbo neurologico – in un fare artistico assai intenso e coinvolgente, contraddistinto da una gestualità al contempo liberatoria e pregna di contenuti estetici.
Condotto nello spazio scenico su una sedia, e vincolato ai braccioli da robusti cavi di rame come a configurare visualmente il proprio handicap, il pittore belga ha quindi posto in essere un progressivo e difficoltoso iter di svincolamento, utilizzando i legacci metallici quale congruo mezzo per dare la stura ad una fertile espressività artistica. In un ambiente totalmente oscurato, grazie a delle ombre proiettate su una tela da un unico fascio di luce puntato sui vincoli di rame, egli ha dunque messo in atto – con immaginifica inventiva – l’accurata sublimazione d’un oggettivo impedimento corporale, rendendone infine un “sedimento pittorico” attraverso un ben mirato procedimento di traduzione visuale. Stendendo infatti il colore sulle ombre (per lo più il nero, con qualche tocco di rosso a ravvivare), nonostante una gestualità inevitabilmente tremula, Thibault Delferiere ha saputo dare luogo a una pittura dai connotati minimalisticamente “ideografici” eppure in grado di restituire a pieno – per imagines – l’idea d’una compiuta emancipazione dai limiti e gravami d’una corporeità palesemente offesa. Corporeità offesa che costituisce una sorta di “rimosso collettivo” (maxime in un periodo come il nostro in cui il corpo è oggetto d’ogni forma di accanimento estetizzante) e che non a caso era il tema portante dell’insolita esposizione di cui questa performance è stata la degna conclusione.
Il pittore belga Thibault Delferiere nella collettiva – Il corpo offeso –
Una collettiva – Il corpo offeso – ideata col dichiarato intento di reagire a tutti quei tentativi (soprattutto mediatici) di imporre alcun modello normativo del corpo umano che sia finalizzato alla codificazione d’un obbligato canone di riferimento funzionale ad esigenze di condizionamento e controllo dei singoli e dei gruppi. Contro ogni paradigma corporeo improntato a criteri di desiderabilità sociale (non a caso dettati dagli strateghi del marketing e della comunicazione) e contro il consequenziale utilizzo “sedativo” della corporeità idealizzata (alimentato dalla sistematica pubblicizzazione delle pratiche di chirurgia estetica e dermocosmesi) si sono dunque schierati Delferiere e gli altri partecipanti a Il corpo offeso (Philippe Berson, Michele Ciacciofera, Gaetano Costa, Simona D’Amico, Olivier de Sagazan, Roberto Fontana, Kali Jones, Isa Kaos, Paolo Madonia, Simone Mannino, Nicola Pucci, Giulia Ravazzolo, Nino Russo, Tino Signorini), offrendo in tal modo, attraverso un’analisi impietosa della corporeità negletta e patologica, una ben più autentica visione degli assetti psiche-soma e delle dolenti declinazioni cui può essere soggetto l’Ego ad essi sottostante. Una programmatica espressione di rifiuto di tutti quei mistificanti tentativi di reificazione, manipolazione e mercificazione della corporeità – questa elaborata per via grafica, pittorica, scultorea e performativa –, in grado di attuare pienamente, senza edulcorazioni o infingimenti di sorta, quei processi di radicale disvelamento della fragilità umana che possano infine ricondurre la condizione esistenziale al suo crudo ed effettivo dato di realtà.
*critico d’arte