È noto che con il contratto preliminare le parti si obbligano alla stipula di un successivo contratto cosiddetto definitivo di cui il primo deve già prevedere gli elementi essenziali.
In caso di inadempimento di una delle parti che si rifiuti di stipulare il definitivo, l’altra parte potrà, ai sensi dell’art. 2932 c.c., eventualmente rivolgersi al Tribunale per chiedere l’emanazione di una sentenza che produca gli stessi effetti del contratto non concluso.
Nell’ambito delle compravendite immobiliari, soprattuto nelle primissime fasi di una trattativa, si è però diffuso uno strumento giuridico di particolare interesse , definito “contratto preliminare di preliminare”, in forza del quale le parti assumono l’impegno di stipulare un successivo contratto preliminare.
Le parti, così agendo, fondamentalmente “bloccano” l’immobile, definendo un primo contenuto contrattuale e rinviando tuttavia la stipula del preliminare vero e proprio ad un momento successivo; ciò in quanto può esservi l’esigenza di acquisire ulteriori informazioni, ad esempio, sulla regolarità urbanistica dell’immobile.
Si parla, a tal proposito, di “tripartizione” delle fasi contrattuali, la prima delle quali è propedeutica al contratto preliminare, seguita da quest’ultimo e dal rogito notarile.
Il c.d. “preliminare del preliminare” è una figura non espressamente disciplinata nel nostro ordinamento, ma riconosciuta nella sua validità dalla più recente giurisprudenza la quale ha chiarito che la stipulazione di un simile negozio – ossia di un accordo in virtù del quale le parti si obblighino a concludere un successivo contratto che preveda anche solamente effetti obbligatori – è valido ed efficace, e dunque non è nullo per difetto di causa purché sia ravvisabile un interesse delle parti, meritevole di tutela, ad una formazione progressiva del contratto, fondata su una differenziazione dei contenuti negoziali, e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare (Ord. Cass. Civ. 07/05/2020, n. 8638; Cass. Civ. SS.UU. 06/03/2015, n. 4628)
Un meno recente orientamento stabiliva come tale figura contrattuale, prevedendo “un obbligo ad obbligarsi a contrarre”, dunque non meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico, fosse nulla per difetto di causa.
Solo con una evoluzione del pensiero giurisprudenziale, si è arrivati a ritenere che il giudice, chiamato a pronunciarsi sulla validità di un preliminare di preliminare, “riterrà produttivo di effetti l’accordo denominato preliminare, con il quale i contraenti si obbligano alla stipula di un altro contratto preliminare, soltanto quando emerga la configurabilità dell’interesse delle parti ad una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali”.
Tale formazione progressiva deve risiedere in una diversificazione dei contenuti negoziali tra le rispettive forme contrattuali e deve rendere pertanto identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale sorto dal primo preliminare.
In sintesi, in base ai principi appena affermati, per ritenersi valido un preliminare di preliminare è necessario che esso non costituisca una semplice duplicazione del preliminare vero e proprio, ma esprima una volontà negoziale, seria, che necessita di una maggiore puntualizzazione.
Trattandosi di un’anticipazione del preliminare vero e proprio, in caso d’inadempimento non potrà applicarsi il rimedio dell’esecuzione in forma specifica di cui all’art. 2932 c.c., ma quello della risoluzione del contratto con obbligo di risarcimento dei danni a carico della parte inadempiente.
La sua violazione, infatti, risultando contraria a buona fede, viene ritenuta idonea a fondare, per la mancata conclusione del contratto stipulando, una responsabilità contrattuale da inadempimento di una obbligazione specifica sorta nella fase precontrattuale, ai sensi dell’art. 1337 c.c.
Tale responsabilità, coprendo nei limiti del cd. interesse negativo tutte le conseguenze immediate e dirette della violazione del dovere di comportarsi secondo buona fede nella fase preparatoria del contratto, secondo i criteri stabiliti dagli articoli 1223 e 2056 c.c., riconosce il pregiudizio risarcibile al solo interesse negativo, costituito sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative ed in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di altre occasioni di stipulazione contrattuale, pregiudizio liquidabile anche in via equitativa, sulla base di criteri logici e non arbitrari (cfr. Cass. Civ. Sez. 3, n. 24265 del 3.12.2015).
Avv. Dario Coglitore