I suoi lavori si trovano nelle dimore di aristocratici, di nobili armeni e persino in Vaticano. Luciano Cottone si rammarica solo di non aver conservato nemmeno una foto di quei disegni per ricamo fatti per realizzare i fazzoletti di Papa Benedetto XVI.
Il ricamo è un’arte che salva la vita e la famiglia Cottone la tramanda di generazione in generazione dal 1899, quando il nonno di Luciano aprì la sua prima bottega in via Maqueda al numero 125.
“A 8 anni ho iniziato guardando quello che faceva mio nonno in bottega – racconta-. Andavo a scuola e poi correvo da lui, lo aiutavo. Mi piaceva guardare come si faceva l’orlo a giorno. E sebbene ci fossero anche dei cugini, figli del fratello di mio padre., io sono l’unico ad avere continuato questa tradizione lavorativa familiare”.
Si tramanderà ai suoi figli?
“Mia figlia sta studiando in Accademia ma non sa se continuerà l’attività perché prima c’erano più richieste, prima le famiglie facevano la dote alla figlia che si doveva sposare e così si lavorava. Noi siciliani siamo bravi ad ammirare la cultura di altri paesi, le loro tradizioni, ma non sappiamo salvaguardare le nostre. Così accade che aspetti della nostra cultura non vengano tenuti nella giusta considerazione”.
Poche richieste
Non c’è più richiesta di oggetti ricamati?
“Oggi le cose ricamate e molto elaborate sono ritenute poco pratiche perché magari anche faticose da stirare. Si va tutti di corsa e il tempo per curare e stirare questi piccoli capolavori, che hanno bisogno di cura, non c’è. Sinceramente, non so se ci sarà un futuro dopo di me.
Capita di avere ancora qualche richiesta come la signora che deve realizzare questa coperta che sto disegnando. Io sto facendo il disegno sul lino e la signora poi, farà il ricamo a intaglio. In questo caso io faccio il disegno e loro lo ricamano per figli, nipoti, ecc. Poi ci sono casi in cui ci chiedono di realizzare tutto: dal disegno alla confezione”.
Fate solo ricami a mano?
“I ricami principalmente noi li facciamo a mano, solo qualche cosa si fa a macchina, davvero poche cose”.
Vi è mai capitata qualche richiesta strana?
“Sì. Una volta ci hanno chiesto un capo intimo da donna, tutto ricamato e molto elaborato, ma poi non è stato più realizzato. È capitato di fare, invece reggiseno e mutandine ricamati, ma in maniera più leggera. E un’altra volta, invece, ho disegnato le lettere che un principe armeno voleva farsi ricamare all’interno di un cappotto che gli stavano confezionando su misura. Ricordo che io e le disegnai e lui fece realizzare il ricamo con fili d’oro”.
Il ruolo delle confraternite
Oggi quali oggetti realizzate più di frequente?
“Paleotti d’altare (le tovagliette che coprono l’altare). Li realizziamo per le chiese. Spesso sono le confraternite che li commissionano per le chiese, soprattutto in occasione del venerdì santo. Le confraternite si fanno realizzare lo stendardo e il gonnellino ricamato del Cristo quando viene messo in croce. Ma ho fatto anche disegni e dipinti di stemmi gentilizi. Stemmi nobiliari dipinti o da ricamare. E poi spesso i migranti vengono in ferie e si fanno realizzare un disegno che poi portano via e fanno ricamare, per sé o da regalare a figli o nipoti”.
Cosa serve oggi all’artigianato?
“Prima di tutto la promozione sull’artigianato, che in alcuni casi viene considerato come fosse un cumulo di pezze vecchie. Far capire l’importanza di quest’arte manuale che talvolta viene quasi snobbata, che poi si tratta della nostra cultura perché tutto nasce col corredo. In Sicilia il corredo ha sempre avuto un’importanza che non aveva in altre parti d’Italia. La dote (cioè quei beni dati in dono alla figlia che andava in moglie, per portarli in dote, appunto, al futuro marito) aveva un’importanza enorme. Anche famiglie che non avevano grandi possibilità economiche, non rinunciavano a fare la dote alla figlia, si facevano fare i disegni e poi ricamavano loro.
Adesso si stanno svendendo, è capitato di vedere pezzi di prestigio venduti nei mercatini, e molti li comprano gli stranieri”.
Prezioso come l’oro
Mentre chiacchieriamo, arriva in bottega la moglie di Luciano Cottone e ci regala un ricordo che rende la dimensione del valore che questi oggetti avevano una volta.
“Un tempo il corredo aveva una importanza enorme – dice-, tanto che pezzi pregiati si potevano anche portare al monte dei pegni. I pezzi del corredo avevano un valore quasi al pari dell’oro”.
È mai successo che qualcuno vi venisse a chiedere aiuto per vendere pezzi del proprio corredo?
“Sì. Vengono anche a chiederci aiuto in tal senso, perché magari le loro figlie non li vogliono più perché c’è la ricerca del minimalismo mentre magari fino a 15 anni fa c’era stato il ritorno all’antico, al Liberty”.
Ci vorrebbe una scuola di ricamo
Il ritorno a temi ispirati alla Sicilia, spinto dalle sfilate di Dolce e Gabbana, può avere un effetto traino?
“Mah…non credo perché per lo più, se parliamo delle borse, come la coffa siciliana, ad esempio, parliamo di oggetti considerati quasi dei souvenir ma non sono lavori d’arte, come questi…..”.
Ma non si potrebbe pensare a creare una scuola di ricamo?
“L’ho fatto per un anno in alcune scuole medie qui a Palermo, nel senso che si è fatto un laboratorio in scuole di quartieri a rischio, dove questi corsi avevano anche un ruolo sociale che funzionava, Perché ragazzini che a scuola non andavano tanto bene ma che avevano, ad esempio, una dote naturale per il disegno, allora lì si applicavano davvero tanto e mi venivano anche a cercare in bottega. E riuscivano bene”.
Cosa chiedere alle istituzioni?
“Di ridare giusto valore alla manualità dei nostri artigiani. È stato sottovalutato tutto ciò che sono le nostre tradizioni. Basta andare in giro, iniziare a guardare le chiese, dove c’è una grande espressione dell’arte degli artigiani, perché allora erano artigiani che lavoravano per le decorazioni…. ecco già basterebbe rendersi conto che si deve valorizzare l’artigianato che è espressione pura delle nostre tradizioni. Ormai veniamo ritenuti “anticaglie”.
Si può fare questo genere di disegni come i suoi solo con la tecnica?
“Per disegnare a mano libera, come i disegni che sto facendo adesso, ci vuole senza dubbio una predisposizione naturale. Io disegno già direttamente sulla tela. Ma ciò che porta via molto tempo, è produrre il giusto abbinamento tra disegno e punti di ricamo. Il disegno per un ricamo a intaglio, ad esempio, è completamente diverso da quello che si realizzerebbe per altre tecniche di ricamo.
Giusto equilibrio tra disegno e ricamo
Al momento in cui noi facciamo un disegno dobbiamo dare anche le indicazioni sui punti da utilizzare. Se io disegnatore non ho questo tipo di bagaglio di conoscenze, non potrò mai dare le corrette indicazioni alla ricamatrice che si troverà, quindi, in difficoltà. Io continuo a dare le indicazioni così come mi aveva insegnato mio nonno, che disegnava anche per i Florio”.
Oggi gli stranieri sembrano mostrare più curiosità e sensibilità verso quest’arte, spesso i turisti si fermano davanti alla vetrina di questa bottega a fianco dello storico mercato del Capo a Palermo, entrano, fanno domande e vanno via acquistando un piccolo capolavoro. Qualcuno fa correre lo sguardo in giro per gli scaffali colmi di disegni, sul tavolo da disegno su cui Luciano passa le giornate e poi commenta “peccato far morire un’attività come questa!”
“Il ricamo è un’arte ma è anche una terapia che può salvare la vita – racconta la signora Cottone -. Una volta una nostra cara cliente confidò a mio marito che una sua parente, con un principio di depressione, ebbe consigliato dal medico di iniziare a ricamare per tenere la mente occupata. Insomma….un vero salvavita!”